Rivelò l’esistenza di un’indagine per falsa testimonianza in un processo civile – fonte: Massimiliano Scagliarini – www.lagazzettadelmezzogiorno.it
Nel 2011 avrebbe rivelato all’allora preside della facoltà di Economia, Vittorio Dell’Atti, e al padre Antonio, «la notizia coperta da segreto dell’esistenza di indagini preliminari pendenti presso la Procura di Bari nei confronti di Maria Antonietta Intonti per falsa testimonianza in un processo civile che vedeva Antonio Dell’Atti come controparte del denunciante». Adesso la Cassazione ha reso irrevocabile la condanna del 2019 per rivelazione di segreto d’ufficio a 4 mesi di reclusione (pena sospesa e non menzione) nei confronti di Gaetano De Bari, 69 anni, oggi come allora sostituto procuratore al Tribunale di Bari.
La Cassazione (Sesta sezione, relatore Calvanese) ha infatti dichiarato inammissibile (come chiesto dalla Procura generale) il ricorso di De Bari, che si è sempre difeso sostenendo di aver avuto un colloquio con i due docenti, di cui era amico, «soltanto per acquisire dati di conoscenza per valutare la sua astensione» dal procedimento penale aperto nei confronti della ricercatrice. La Procura di Lecce riteneva invece che De Bari in questo modo avesse voluto agevolare il figlio, dottore di ricerca in diritto commerciale, per farlo diventare ricercatore. Ma già in primo grado il Tribunale di Lecce ha escluso che la rivelazione sia avvenuta a fini di profitto, assolvendo infatti il pm «perché il fatto non sussiste» dall’accusa più grave, quella di tentata induzione indebita. Sentenza poi integralmente confermata, nel 2021, anche dalla Corte d’appello.
Resta dunque la rivelazione circa l’esistenza dell’indagine. Anche la Cassazione ha però ritenuto «priva di pregio» la difesa del magistrato, perché – è detto in sentenza – nella vicenda non esisteva «una situazione tutelata dall’ordinamento che poteva giustificare la rivelazione», e anche perché quando un atto è segreto per legge (come nel caso delle indagini preliminari), «il reato sussiste senza che possa sorgere questione circa l’esistenza o la potenzialità del pregiudizio richiesto».
Terminato il procedimento penale, la palla passa al Csm con il doppio binario previsto per i magistrati. Da un lato il procuratore generale della Cassazione (cui è stata trasmessa la sentenza) dovrà valutare l’esercizio dell’azione disciplinare, rimasta sospesa in questi anni. Dall’altro il Csm ha aperto il procedimento per l’incompatibilità ambientale, che in casi simili valuta il possibile nocumento per l’amministrazione della giustizia e che – normalmente – può portare al trasferimento in altra sede e al cambio di funzione da requirente a giudicante. Ma nel caso specifico la situazione potrebbe risolversi prima, attraverso la richiesta di pensionamento, dato che a ottobre il magistrato barese compirà 70 anni. [m.s.]