Avviso di conclusione delle indagini per 12 persone nell’ambito dell’inchiesta “Dirty Water”

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Due anni dopo l’operazione denominata “Dirty Water” condotta dal gruppo della Guardia di Finanza di Barletta e dalla Capitaneria di Porto di Bari, sotto il coordinamento della procura della Repubblica di Trani, ha portato al sequestro probatorio dei quattro impianti di depurazione delle acque reflue di Molfetta, Trani, Barletta e Andria.

L’attività investigativa, consentì allora, di accertare responsabilità, a vario titolo, in ragione delle cariche ricoperte nelle società incaricate della gestione degli impianti, nei confronti di 21 persone, alle quali furono notificati gli avvisi di garanzia in ordine allo sversamento incontrollato nelle acque superficiali marine contigue alla costa di fanghi di depurazione (rifiuti speciali) e di acque non depurate con valori chimici biologici superiori a quelli fissati dal decreto legislativo 152/2006, con deturpazione delle aree marine e dei tratti costieri, nonché la frode nell’esecuzione dei contratti per l’inadempimento degli obblighi contrattuali a carico delle società e dei loro rappresentanti legali, incaricate della conduzione, manutenzione, controllo e custodia degli impianti.

Fu accertato che, presso gli impianti, veniva effettuato senza autorizzazione, in maniera incontrollata, o comunque non impedito, il deposito temporaneo di fanghi (rifiuti speciali), in quanto le società incaricate della gestione degli impianti, non erano iscritte all’albo nazionale dei gestori ambientali dei rifiuti. L’illecita attività era finalizzata a conseguire un ingiusto profitto derivante dall’abbattimento dei costi di gestione con ulteriore danno derivante dalla non corretta stabilizzazione dei fanghi con l’avvio degli stessi al compostaggio anziché in agricoltura. Con questa finalità era del tutto assente l’attività di controllo da parte delle società incaricate, sulle opere di adeguamento degli impianti, che sono risultate essere state non collaudate ovvero effettuate in maniera non idonea in considerazione dello stato di degrado riscontrato in sede di accessi effettuati dalla Guardia di Finanza di Barletta e dalla Capitaneria di porto di Bari. In questo modo le società di gestione degli impianti non mettevano in condizioni il commissario delegato per l’emergenza rifiuti di esercitare la revoca del finanziamento e del contratto di affidamento delle conduzioni degli impianti, inducendo con tale condotta la presidenza del consiglio del ministri ad emettere atti di proroga dello stato emergenziale fino alla data del 3 dicembre del 2012 e quindi ad evitare che gli impianti fossero dichiarati fuori norma.

Gli impianti di Molfetta e Trani avevano come gestore e stazione appaltante il Comune che ha affidato i lavori a società terze. In particolare, la gestione dell’impianto di Molfetta era affidata alla società Eurodepurazione S.p.A. consorziata in Ati, mentre quella dell’impianto di Trani dopo una gestione a società privata è poi passata alla Pura depurazione s.r.l.

Il Pm, Antonio Savasta, per l’indagine sul depuratore di Molfetta ha notificato a 12 persone l’avviso di conclusione delle indagini con l’accusa di presunti reati ambientali a vario titolo, oltre a turbata libertà degli incanti, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul luogo di lavoro, interruzione di servizio di pubblica necessità, frode nelle pubbliche forniture, inadempimento di contratti di pubbliche forniture, danneggiamento, getto pericoloso di cose e deturpamento di bellezze naturali. 

Ora gli indagati hanno 20 giorni di tempo per fornire le proprie difese al Pm, per evitare una possibile richiesta di rinvio a giudizio. Le accuse della magistratura per il cattivo funzionamento del depuratore, i mancati controlli e i conseguenti interventi per rimediare ai danni, si riferiscono a inadempienze e illeciti nella conduzione e manutenzione dell’impianto di depurazione con i rischi per l’ambiente e la salute con conseguenza di acque non depurate e maleodoranti, reimpiego di fanghi direttamente su suoli agricoli, sversamento in mare di liquami con inquinamento della costa, in particolare della zona di Torre Calderina tra Molfetta e Bisceglie. Secondo il Pm le presunte omissioni avrebbero indotto in errore anche la presidenza del Consiglio dei ministri che, conoscendo la reale situazione, avrebbe potuto considerare l’impianto di Molfetta fuori norma con risvolti anche su contratti e finanziamenti.

Ad essere indagati sono: 

Vincenzo Balducci, già dirigente del settore lavori pubblici del Comune di Molfetta;

Rocco Altomare, già dirigente dell’Ufficio tecnico e territorio;

Domenico Amato, dipendente molfettese dell’Aqp (acquedotto pugliese), responsabile capo dell’impianto del depuratore;

Fulvio D’Attanasio, legale rappresentante della “Eurodepuratori” la società esecutrice dei lavori;

Gennaro Pisano, presidente del Cda della stessa società fino al 26 luglio 2010;

Maria Antonia Iannarelli, ex dirigente del servizio tutela acque della Regione Puglia e coordinatrice dell’ufficio del commissario per l’emergenza ambientale;

Paolo Perrone, presidente dell’Autorità idrica pugliese;

Vito Colucci, direttore generale e direttore tecnico ad interim dell’Autorità idrica;

Cecilia Passeri, funzionario tecnico dell’Autorità idrica e responsabile del passaggio di gestione del depuratore molfettese;

Massimo Baldini, dal 30 marzo 2014 amministratore unico della società barese “Pura depurazione”, che ha condotto l’impianto;

Giuseppe Valentini, direttore operativo reti distribuzione, fognatura, impianti dell’Aqp;

Elena Bergamasco, responsabile territoriale Aqp.

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