Scandalo dei depuratori e danni ambientali, sequestrati quattro impianti, 21 indagati

bari.repubblica.it

Fanghi di depurazione e sostanze chimiche sversati in mare, anche nelle zone costiere frequentate da bagnanti. I residui del trattamento che invece di essere smaltiti come rifiuti speciali, non venivano avviati al compostaggio per essere impiegati in agricoltura. Truffa sui finanziamenti pubblici statali per milioni di euro che sarebbero dovuti servire per miglioramenti, interventi, collaudi sulle strutture, stanziati in nome dell’emergenza ambientale e non utilizzati. E un quadro agghiacciante quello che ha portato al sequestro degli impianti di depurazione di Molfetta, Trani, Barletta e Andria: 21 le persone indagate, tra cui il dirigente del Servizio delle acque della Regione Puglia e l’amministratore unico di Aqp Ivo Monteforte.

E’ il bilancio dell’operazione battezzata “Dirty water” della guardia di finanza di Barletta e la Capitaneria di porto di Bari, eseguita sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Trani, nell’ambito della quale sono state anche accertate emissioni maleodoranti in atmosfera e constata la presenza di inquinamento da idrocarburi che dal ciclo di depurazione sono finiti in acqua. Sversamento incontrollato in mare lungo la costa di fanghi di depurazione e di acque non depurate con valori chimici biologici superiori a quelli fissati dalla legge, con deturpazione delle aree marine e dei tratti costieri. Queste le altre accuse. E oltre al danno ambientale, è venuta fuori anche la frode nell’esecuzione dei contratti, l’inadempimento degli obblighi contrattuali a carico delle società incaricate della conduzione, manutenzione, controllo e custodia degli impianti.

Le indagini dei finanzieri hanno consentito di accertare responsabilità di chi, all’interno delle società incaricate, gestistice gli impianti di depurazione di quel tratto di costa pugliese. In base ai risultati delle indagini la procura di Trani, il procuratore Carlo Maria Capristo e il sostituto procuratore Antonio Savasta, hanno disposto il sequestro probatorio provvisorio degli impianti di depurazione, in vista di accertamenti peritali “per accertare lo stato di funzionamento degli impianti e l’effettiva consistenza delle migliorie per le quali le società aggiudicatarie degli appalti, hanno richiesto ingenti cifre nonostante che il ciclo di depurazione dei reflui urbani risultasse inadeguato e fuori servizio”.

Le indagini hanno in fatti accertato – spiega la guardia di finanza di Bari – che negli impianti veniva effettuato senza autorizzazione, in maniera incontrollata, o comunque non impedito, il deposito temporaneo di fanghi, che rientrano nella categoria di rifiuti speciali, in quanto le società incaricate della gestione degli impianti, non erano iscritte all’albo nazionale dei gestori ambientali dei rifiuti. E l’illecita attività – sottolineano le fiamme gialle – era finalizzata a conseguire profitti dall’abbattimento dei costi di gestione, con un ulteriore danno derivante dalla non corretta stabilizzazione dei fanghi. Inoltre, era del tutto assente l’attività di controllo da parte delle società incaricate, sulle opere di adeguamento degli impianti, opere che non erano state collaudate o effettuate in maniera non idonea. I militari infatti, durante le ispezioni hanno riscontrato un evidente stato di degrado.

“In questo modo – sottolineano gli investigatori – le società di gestione degli impianti non mettevano in condizioni il commissario delegato per l’emergenza rifiuti di esercitare la revoca del finanziamento e del contratto di affidamento delle conduzioni degli impianti, inducendo con tale condotta la Presidenza del consiglio del ministri ad emettere atti di proroga dello stato emergenziale fino al 31 dicembre 2012 e quindi ad evitare che gli impianti fossero dichiarati fuori norma”.

Gli accertamenti saranno naturalmente anche volti a verificare lo stato di inquinamento dei reflui: gli scarichi, infatti, sono vicini a zone frequentate nel periodo estivo da bagnanti, a barletta e litoranea di ponente. E si vuole anche verificare se lo stato di inquinamento sia tale da comportare danni irreversibili all’habitat marino. Inoltre, i finanzieri hanno riscontrato “gravi atti fraudolenti“, in riferimento al depuratore di Molfetta: nonostante il pagamento di oltre 3,4 milioni di euro, a titolo di finanziamento per le opere di adeguamento elargito all’Ati dal Comune di Molfetta per conto del Commissario per l’emergenza ambientale in Puglia, l’impianto non è funzionante, non è collaudato. Non solo, “la società Eurodepuratori spa ha ricevuto canoni pari a 3 milioni 218 mila 267 euro anche nel periodo in cui era in liquidazione, determinando poi a carico del Comune ulteriori aggravi economici quantificati in 336 mila 644 euro per spese extracontratto derivanti dal ritardo nella consegna”, spiegano i finanzieri. “Risulta – spiegano dalle fiamme gialle – anche pagata la somma di 750mila euro, a titolo di transazione, senza alcun collaudo dei lavori e dopo che illegittimamente il Comune di Molfetta aveva mutato il contratto unilateralmente a favore dell’impresa prevedendo pagamenti dei lavori a misura anziché a corpo come originariamente previsto nel contratto di appalto per il quale vi era stata aggiudicazione”.

Per questo risultano anche contestate ad alcuni indagati, la frode in pubblica fornitura e la truffa ai danni dello Stato in finanziamenti pubblici. La gestione dei depuratori di Barletta e Andria – spiegano le fiamme gialle – appartiene all’acquedotto pugliese mentre la conduzione e l’appalto per le migliorie è di competenza della società Pura depurazione srl. Gli impianti di Molfetta e Trani hanno invece come gestore e stazione appaltante il Comune che ha affidato i lavori a società terze. In particolare, la gestione dell’impianto di Molfetta è affidata alla società Eurodepurazione spa, consorziata in Ati, mentre quella dell’impianto di Trani, dopo una gestione a società privata è poi passata alla Pura depurazione srl.

Nell’inchiesta – riferiscono i finanzieri – sono indagati anche il dirigente del servizio delle acque della regione puglia e, in via di identificazione, il rappresentante legale dell’Ato puglia, “i quali pur a conoscenza delle condizioni precarie e gravemente critiche degli impianti hanno omesso ogni forma di controllo né si sono avvalsi del potere di sollecitare la facoltà di revoca dei contratti di affidamento della conduzione degli impianti, inducendo la presidenza del consiglio dei ministri ad emettere reiteratamente decreti di proroga”.

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