Trani, processi aggiustati indagato anche il pm Scimè

fonte: MASSIMILIANO SCAGLIARINI – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

L’ipotesi si basa sul racconto di una testimone, e su alcune macroscopiche irregolarità che le indagini hanno riscontrato nella gestione di un fascicolo relativo agli affari di Flavio D’Introno, l’imprenditore che con i suoi racconti ha portato all’arresto dei magistrati Antonio Savasta e Michele Nardi. Anche l’ex pm tranese Luigi Scimè, 54 anni, ora trasferito a Salerno, è indagato a Lecce con le accuse di concorso in corruzione, falso materiale, falso ideologico e abuso d’ufficio con Savasta, D’Introno e l’ispettore Di Chiaro. Accuse per le quali, tuttavia, la Procura di Lecce non ha ritenuto allo stato di chiedere misure cautelari.
La storia è ricostruita nell’informativa conclusiva depositata ad aprile 2017 dai Carabinieri. E parte dal racconto di una coraggiosa donna, Marianna Capogna, per anni compagna di un pregiudicato, Tommaso Nuzzi, a sua volta in rapporti di affari (illeciti) con D’Introno. La Capogna offre un racconto estremamente preciso delle vicende di D’Introno, per averle ascoltate – dice – dalla viva voce dell’imprenditore. Parla di azioni criminose commesse dall’ex compagno, e poi si avventura nel capitolo scottante dei magistrati. «Quando parlo di questioni più delicate – mette a verbale – mi riferisco a rapporti che ha D’Introno con tre giudici, uno di Roma e due di Trani. I giudici di Trani sono Savasta e Scimè mentre quello di Roma il giudice Nardi. Nuzzi, come ho già detto, non mi risulta che abbia accompagnato D’Introno da Nardi; so però che in più occasioni ha accompagnato D’Introno a Trani, quando D’Introno doveva incontrare Savasta o Scimè». Poi si passa, a parlare, appunto, di corruzione. «So che D’Introno dava soldi anche a Savasta e Scimè, ma non so se per lo stesso processo dell’usura o per altre questioni; di certo erano i due giudici a cui si rivolgeva D’Introno anche quando suoi amici avevano bisogno di favori in Tribunale. Dei rapporti tra D’Introno e questi due giudici l’ho saputo direttamente da D’Introno il quale diceva che anche questi due si stavano impegnando per aiutarlo per il suo processo di usura e che lo aiutavano anche per altre cose (come ho detto per i suoi amici anche pregiudicati) e che per questo lui (D’Introno, ndr) faceva anche regali e comunque dava soldi anche a loro».

GLI «AFFARI» DI NARDI
Dalle intercettazioni disposte dalla Procura di Lecce è emerso che l’ex gip Michele Nardi, oltre ad avere contatti con la massoneria (da qui il titolo dell’indagine: «Sub Rosa Dicta») si preoccupasse anche di altro. «Sono emersi – scrivono i carabinieri – dettagli riferibili al suo “interessamento” per l’assunzione di una sua presunta amante, tale D’Agostino Grazia, presso l’Ufficio affari legali del Comune di Bisceglie per il tramite del sindaco pro tempore, Francesco Carlo Spina, nonché in ordine al suo coinvolgimento in operazioni finanziarie con soggetti censurati». Per entrambi gli episodi, i militari hanno depositato una comunicazione di notizia di reato alla pm Roberta Licci titolare del fascicolo.
Sempre dalle intercettazioni, emerge che Nardi a novembre 2016 aveva contattato l’allora sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri, forse per chiedere un intervento in previsione di un parere negativo di valutazione professionale che il ministero stava per emettere nei suoi confronti. Ma ha anche un amico avvocato, Giuseppe Lella, che tra settembre e ottobre del 2016 aveva tentato di farlo nominare vice-capo di gabinetto nell’amministrazione comunale di Roma guidata da Virginia Raggi. Dall’ascolto di Nardi e di un suo amico, Vito Dettole, i militari hanno ricostruito anche una richiesta di favori che ha per sfondo l’Università di Bari. Queste vicende non hanno avuto, al momento, alcuna rilevanza in termine di ipotesi accusatoria.

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