“Top Secret – Bari 2 Dicembre 1943”. La vera storia della Pearl Harbor del Mediterraneo – di Francesco Morra

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 di Salvatore Schirone – http://www.barinedita.it

Avvincente come un thriller investigativo, senza derogare all’accuratezza della documentazione storiografica, tiene con il fiato sospeso il lettore fino all’ultima pagina il Top Secret Bari 2 Dicembre 1943 dello storico canosino Francesco Morra, licenziato alla stampa lo scorso 29 ottobre. L’uscita del libro era stata annunciata nella nostra intervista all’autore dopo la trasmissione del documentario storico d’inchiesta trasmesso da Rai3 lo scorso 29 agosto.

Per la prima volta venivano rivelati gli inediti antefatti e le disastrose conseguenze imposte dal segreto militare sul bombardamento del porto di Bari, ad opera dell’aviazione tedesca, nella tragica sera del 2 dicembre 1943. Ed ora ecco 140 pagine che raccontano nei minimi particolari (fonti militari finalmente desecretate alla mano), quello che accadde veramente nei giorni immediatamente successivi al disastro.

Si apre con il “mistero del documento smarrito” il saggio di Morra. Roma 2010, via Lepanto, archivio dell’ufficio storico dello Stato maggiore dell’Esercito: nella busta relativa al “bombardamento di Bari”, pochissimi ed insignificanti documenti, tranne un foglietto su cui in corsivo a mano è scritto: “f.3117 Smre da conservare con particolare attenzione in cassaforte“. Certamente un documento importantissimo, ma dove cercarlo? Dobbiamo arrivare a pagina 68 per scoprire che il documento in questione altro non è che una lettera mandata al capo di Stato Maggiore del comando supremo, maresciallo Giovanni Messe, datato 13 dicembre 1943. La lettera informa della probabile presenza di “bombole contenenti iprite” esplose nel porto.

L’informazione non fu presa seriamente in considerazione, si minimizzò, pensando a qualche probabile “modesta fuga di gas”. Gli Alleati non informarono mai gli italiani dei reali pericoli della micidiale sostanza chimica, così come non informarono nemmeno i loro ospedali. Eppure, tra le navi colpite il 2 dicembre nel porto di Bari, c’era anche la “John Harvey”, imbarcazione statunitense carica di 2000 bombe all’iprite, che esplose violentemente liberando il suo contenuto mortale. Il raid aereo fece mille vittime, ma nei giorni seguenti se ne aggiunsero altre 250, decedute in preda a dolorose vesciche comparse proprio per il contatto con il gas.

Ma perchè allora tutto doveva rimanere top secret? La documentazione più rilevante Morra la ricava ovviamente dagli archivi americani e inglesi. Una decina di fascicoli e faldoni tra i quali spicca uno: “Bari Report”. Il fascicolo contiene i risultati dell’inchiesta compiuta dalla commissione segretissima istituita da Eisenhower il 2 gennaio 1944 e chiusa in soli due mesi. È grazie ad essa che Morra è riuscito a ricostruire dettagliatamente tutti i fatti.

Inquietante la rivelazione sui motivi del silenzio imposto sul porto di Bari. Il diritto internazionale proibiva l’uso della sostanza chimica, ma prevedeva anche la possibilità di vendicarsi con la micidiale arma in caso di utilizzo della stessa per primo da parte del nemico. In pratica, se i tedeschi avessero scoperto la presenza del gas mortale sulle navi americane, avrebbero potuto impiegarlo a loro volta nelle successive battaglie contro gli Alleati. Un’eventualità che americani e inglesi preferirono scongiurare, visto che stavano preparando lo sbarco in Normandia, l’evento che cambiò le sorti del conflitto a loro favore.

Nella carneficina barese peraltro era emerso un nuovo inaspettato utilizzo bellico dell’iprite: la combinazione del gas con il petrolio fuoriuscito dalle navi aveva creato sulla superficie del mare una pellicola tossica micidiale. Sarebbe stato un efficace strumento per proteggere la costa da eventuali sbarchi nemici. Se solo i tedeschi avessero conosciuto e attuato tale tecnica per difendere il loro confine, la storia avrebbe preso tutt’altra direzione.

Un racconto che procede fluido e spedito. Il lettore fa la stessa esperienza dell’autore quando, leggendo i messaggi radio scambiati dei ricognitori tedeschi e la propria base prima dell’attacco, dice: «Era quasi come vivere la storia in presa diretta».

Tantissime le informazioni raccolte, in una narrazione davvero completa che il documentario, per ragioni cinematografiche, non ha potuto esplicitare. Oltre alle motivazioni storiche del segreto bene riportate del filmato e chiarite nella nostra intervista, nel libro troviamo, ad esempio, la documentazione inedita del dramma dei marinari della nave Barletta che ebbe la sfortuna di trovarsi ormeggiata accanto alla John Harvey quando esplose con il suo carico di iprite alle 21.35. Dei 67 marinai dell’equipaggio ben 21 morirono tra atroci dolori per l’intossicazione del letale gas.
Interessanti anche le pagine che parlano delle bombe lanciate dalla Luffwaffe sul centro cittadino. Furono colpiti edifici in tutto il Murattiano: 189 furono le vittime, ben 113 in via Crisanzio. Molti baresi morirono annegati nei rifugi antiaerei sommersi dalle acque fuoriuscite dalle tubature saltate: le botole di alcuni rifugi restarono ostruite dal palazzi franati. Coraggiosi gli interventi dei vigili del fuoco, tra i quali si distinse Filippo Mola che mettendo a repentaglio la propria vita tirò fuori da un rifugio allagato tre concittadini.

Ma il saggio non si chiude sul passato. L’autore ricorda il faticoso lavoro di bonifica del porto durato fino al 1954 e la tenacia e l’impegno dei baresi nella ricostruzione. Un chiaro invito a guardare al futuro e alle potenzialità ancora inespresse dal nostro porto e del nostro mare.

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