E sceglie come location un locale con un passato controverso: il Reef, sul lungomare a sud di Bari, sequestrato nel 2001 nell’ambito della maxinchiesta Blue moon (che decapitò proprio il clan Parisi), poi confiscato, nel 2013 fu infine restituito all’imprenditore Donato D’Alonzo. L’appuntamento con Tommy Parisi è per il 5 settembre e prevede il firmacopie seguito da un minilive dell’ultimo album, Rischiare. Lo affiancherà Anthony (vero nome Antonio Ilardo), autore di Esageratamente, scelta nel 2008 tra le colonne sonore del film Gomorra.
L’album è nato a Napoli, città dove Parisi si è trasferito a giugno per “uscire da un contesto malavitoso” – ha detto il suo avvocato Nicola Lerario – e che a voluto ringraziare con una dedica: “Napoli la mia vita, il mio riscatto, la mia rinascita, la mia passione”. Le storie di Tommy Parisi, cresciuto al quartiere Japigia nel clan di suo padre, e del lounge bar Reef, si incrociano nuovamente allora. Sì perché il 34enne erede del boss, dopo avere evitato per molti anni il coinvolgimento nelle indagini sulle attività illecite del gruppo mafioso, nel marzo 2016 è invece finito in carcere assieme ad altre 29 persone nell’ambito dell’operazione ‘Do ut des’ della squadra mobile di Bari. Fu scarcerato dieci giorni dopo perché il gip non lo ritenne pericoloso, ma nel frattempo l’iter processuale è andato avanti.
Di lui, nello scorso aprile, hanno parlato due fratelli altamurani che hanno deciso di collaborare con la giustizia: Angelantonio e Pietro Antonio Nuzzi attribuiscono a Tommy Parisi un ruolo non proprio marginale negli affari di famiglia. Riferiscono di aver appreso, in buona parte in carcere, di alcuni retroscena sul business dei giochi online, e di movimenti gestiti da Tommy Parisi sul fronte del riciclaggio.
Ma non solo: offrono agli investigatori uno scenario sulle cause della frattura tra la frangia che fa capo a Eugenio Palermiti (in questo momento al comando nel quartiere Japigia) e quella che fa capo a Savinuccio. Raccontano, ancora, di aver visto in casa di affiliati, nella roccaforte di Japigia, fiumi di droga e soldi. La storia del Reef, invece, comincia con un’altra operazione contro il clan Parisi: ‘Blue moon’ si chiamava e nel 2001 portò in carcere 76 persone. Tra gli imputati di quel processo c’era anche Biagio Cassano, a lungo ritenuto il riciclatore del denaro del clan Parisi e parente di Donato D’Alonzo, proprietario del Reef.
Per questo, ritenendo che fosse stato acquistato con il denaro dei Parisi, il locale (che all’epoca si chiamava Caffé del mare) fu confiscato. Dopo una sentenza di primo e secondo grado per associazione mafiosa, una pronuncia contraria in Cassazione e infine, per Cassano l’assoluzione definitiva della Corte d’appello nel 2013, anche il lounge bar è tornato ‘libero’. Non è dimostrato che sia stato acquistato con i soldi dei Parisi.