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Ammonta a 50 milioni di euro il maxi sequestro disposto dalla Corte d’Appello di Taranto nei confronti degli imputati del processo «stipendi d’oro» al Comune che nella sentenza di primo grado furono risconosciuti promotori dell’associazione a delinquere che avrebbe danneggiato l’ente locale. Il provvedimento emesso dai giudici di secondo grado arriva a quasi due mesi dalla sentenza d’appello che aveva dichiarato prescritti tutti i reati penali, ma che aveva riconosciuto l’esistenza di un’associazione che ora dovrà risarcire il Comune di Taranto.
Il sequestro conservativo, chiesto dall’avvocato del Comune di Taranto, Pasquale Annicchiarico, riguarda Luigi Lubelli, all’epoca dei fatti dirigente del settore Risorse Finanziare dell’ente, Nicola Blasi, Giuseppe Cuccaro, Vito Marsiglia, Orazio Massafra, Cataldo Ricchiuti, Carlo Patella, Franco Grassi, Luciano Mezzacapo e Luciana Panzetta. Nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale, Lorenzo Lerario, aveva chiesto la conferma delle 34 condanne inflitte agli imputati l’8 marzo del 2013, ma sottoponendo alla Corte d’Appello il compito di dichiarare la prescrizione per l’associazione a delinquere e di valutare caso per caso il peculato contestato ai singoli imputati.
La decisione della Corte, invece, è stata di parere differente rispetto a quella del primo grado: non peculato, ma una maxitruffa avvenuta tra il 2000 e il 2005 e quindi già prescritta. La sentenza di prescrizione aveva impedito che per i 34 imputati fosse espressa la conferma della colpevolezza o la completa estraneità rispetto alle accuse. Dal punto di vista civile, però, l’obbligo per i membri dell’associazione a delinquere di risarcire il Comune resta. E per i giudici d’Appello «sussiste la fondata ragione» che questi possano disperdere «i beni mobili» già sequestrati e che anche i beni immobili possano essere dagli imputati sottratti «alla garanzia dei crediti dell’ente comunale»: motivi che quindi hanno portato al decreto di sequestro.