Marsala, sigilli all’impero dei Licata: sequestrati in tutto 127 milioni di euro per evasione fiscale

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di MARIA EMANUELA INGOGLIA – palermo.repubblica.it

“Scacco al re” dell’economia sommersa marsalese. L’imprenditore più noto di Marsala nei settori ristorazione e turistico-alberghiero, specializzato nelle truffe allo Stato, ha perso tutto. Michele Angelo Licata, 55 anni, aveva iniziato la sua attività dal nulla con un piccolo ristorante di famiglia, fino a diventare, con ristoranti e strutture ricettive di lusso, il re del turismo di Marsala, proprietario e gestore di strutture come il resort Delfino. Per lui e la sua famiglia stamani è scattato un maxi – sequestro per un valore complessivo di circa 127 milioni di euro. La guardia di finanza, su disposizione della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani e su richiesta dalla procura di Marsala, ha proceduto al sequestro di beni immobili, società e denaro intestate all’imprenditore, a sua moglie Maria Vita Abrignani, alle figlie Valentina, Clara Maria e Silvia, alla madre Maria Pia Li Mandri e al genero Roberto Cordaro.

Nelle prime ore di questa mattina le fiamme gialle hanno sequestrato quote sociali e compendi aziendali di società e ditte individuali che gestiscono fiorenti attività economiche e altre attività ricettive tra Marsala, Petrosino e Pantelleria, dove possedevano 5 “dammusi”. Nello specifico, sono state sequestrate 10 società, 3 ditte individuali e relative aziende (alberghi, lussuose sale ricevimento, resort con piscine e centro benessere, ristoranti, stabilimenti balneari e altre strutture ricettive di vaglia, alcune molto note e frequentate come Delfino, Delfino Ricevimenti, Roof Garden e Rubi, e ancora 75 fabbricati, 257 terreni, 23 autoveicoli, 71 conti correnti bancari sui quali erano depositati circa 6 milioni di euro, sei polizze vita del valore di 4,6 milioni di euro e partecipazioni societarie. “Si tratta – dicono gli inquirenti – della più imponente misura di prevenzione patrimoniale per “pericolosità fiscale” a livello nazionale non relativa a beni di mafia”.

Per il procuratore di Marsala Alberto Di Pisa quello di Michele Angelo Licata è un “curriculum criminale” che si protrae dal 1997. “Ciò che ha giustificato la misura – dice Di Pisa – è proprio la caratura criminale del Licata, imputato di reati come riciclaggio, evasione fiscale e di truffa in danno dello Stato. Il patrimonio è secondo noi di provenienza illecita e per questo è stato sequestrato e alla fine del giudizio andrà eventualmente confiscato”. “Visto da un elicottero – dice la guardia di finanza – quello che ha realizzato è un vero e proprio impero, oggi Licata, però, passa da mille a zero”.

Le indagini condotte dal nucleo di polizia tributaria di Trapani e dalla sezione di pg della guardia di finanza della procura di Marsala avrebbero consentito non solo di fare luce sulla “pericolosità fiscale” della famiglia Licata, ma anche di “ricostruire e mappare l’enorme patrimonio mobiliare e immobiliare riconducibile alla stessa, il cui possesso, per altro, non era assolutamente giustificabile con i redditi dichiarati dall’intero nucleo familiare”.

Un tenore di vita, il loro, e un patrimonio diametralmente opposto a quanto dichiarato. Le dichiarazioni dei redditi raggiungevano al massimo “cifre che si avvicinavano a quelle di un docente di scuola media superiore anche la media era tra 5 e 9 mila euro lordi dichiarati all’anno”, ha detto la pm Antonella Trainito che ha seguito le indagini. Il patrimonio dell’imprenditore secondo la Procura di Marsala sarebbe stato illecitamente accumulato negli ultimi vent’anni “grazie – dice il procuratore Di Pisa – a una colossale e continuata frode fiscale, a numerose truffe ai Fondi comunitari e alla violazione di numerose altre norme in tema di edilizia e sanità pubblica”.

Le imposte evase ammontano a circa 9 milioni di euro. La colossale truffa sarebbe stata realizzata mediante fatture false per operazioni inesistenti, emesse tra il 2005 e il 2013, da 13 fornitori compiacenti, per un valore di circa 25 milioni di euro. Una somma di denaro successivamente reinvestita nei confronti delle stesse società beneficiarie. Così, sempre secondo l’accusa, Michele Angelo Licata si è “prepotentemente imposto nel settore turistico-alberghiero, sbaragliando la leale concorrenza, “drogando” l’economia locale”. Un primo sequestro preventivo di beni l’imprenditore l’aveva subìto lo scorso aprile, seguito dal tentativo di svuotare i propri conti correnti con ingenti bonifici in favore di parenti fino a quel momento non coinvolti nelle indagini, che a Licata hanno fruttato l’accusa di riciclaggio e l’apertura di un procedimento penale. “Le aziende – afferma il procuratore Di Pisa – rimangono vitali e addirittura in certi casi hanno incrementato la produttività del trenta per cento. Gli amministratori hanno dovuto regolarizzare una grande quantità di dipendenti che lavorava in nero. Malgrado questo esborso, la produttività delle aziende è comunque migliorata. I Licata – conclude – non dovranno più mettere piede in azienda”.

“Mi complimento con la Procura della Repubblica di Marsala, con la Guardia di Finanza di Trapani e con il nucleo di Polizia Giudiziaria delle Fiamme Gialle presso la stessa Procura lilibetana – ha detto il sindaco Alberto Di Girolamo – per l’indagine che ha portato alla individuazione di una illegalità finanziaria di così grossa entità e al conseguente sequestro di beni, il più consistente finora in Italia per questa tipologia di reato, all’imprenditore Licata”.

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