Tangenti al capo della Protezione civile: così il sistema Lerario era applicato anche agli appalti in Salento

Le indagini su numeorsi lavori affidati sempre alle stesse aziende. I finanzieri stanno verificando una serie di lavori – molto più piccoli rispetto all’ospedale in Fiera e al restauro del Kursaal Santalucia a Bari – effettuati a Lecce e in provincia – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

C’è il Palazzo dell’Agricoltura di Bari ma anche il Museo Castromediano di Lecce, il Convitto Palmieri (sempre nel capoluogo barocco) e l’ex Enaoli di Castellaneta Marina, l’eliporto a servizio della sede della Protezione civile di Modugno e i Centri per l’impiego della provincia di Bari. E, ancora, la sede della Protezione civile a Montalbano, il Centro di cinematografia di Lecce, persino i centri vaccinali, grandi e piccoli.

Sono numerosi, quanto inediti, gli affidamenti diretti fatti dalla Regione negli ultimi anni e sui quali si sta concentrando la guardia di finanza nell’ambito delle inchieste sul cosiddetto “sistema Lerario“. Non ci sono solo i maxi-appalti – come l’ospedale Covid alla Fiera del Levante e il teatro Kursaal – ma decine di piccoli lavori (molti dei quali in Salento), assegnati prima con il sistema della somma urgenza del Provveditorato economato e poi, durante la pandemia, grazie all’ombrello della Protezione civile.

È su quelli che si lavora, dopo le perquisizioni del 24 dicembre e del 9 febbraio, nell’ambito delle indagini coordinate dal procuratore Roberto Rossi e dall’aggiunto Alessio Coccioli, che il 23 hanno fatto finire in carcere l’ex dirigente della Protezione civile Mario Lerario (oggi ai domiciliari) e ai domiciliari gli imprenditori Donato Mottola e Luca Leccese. E si indaga anche su una serie di incarichi, affidati a margine di quegli appalti.

Come quello a un ingegnere leccese, che ha effettuato il collaudo delle apparecchiature elettromedicali dell’ospedale in Fiera (pagato 6.500 euro dalla Protezione civile) e contemporaneamente ha svolto prestazioni per la ditta che ha prodotto le attrezzature da collaudare, la Sis. Med di Lecce. Controllore e controllato, insomma, coincidevano, ha annotato la finanza in una delle informative depositate alla Procura, secondo cui tale coincidenza “pone in evidenza gravi criticità sull’operato dei pubblici ufficiali e palesa la sussistenza di un evidente conflitto di interesse con la ditta”.

I pubblici ufficiali altri non erano che Lerario e il suo braccio destro Antonio Mercurio, funzionario indagato nell’inchiesta sull’ospedale Covid. Entrambi – hanno fatto emergere le indagini – avevano rapporti anche di natura personale con alcuni imprenditori. Oltre a un pranzo con le famiglie a Fasano (a cui hanno partecipato Lerario, un altro dirigente regionale e gli imprenditori Nicola Tancredi e Sigismondo Zema), all’attenzione della Procura sono finiti anche gli incontri del capo della Protezione civile con Francesco Girardi in alcune stazioni di servizio della provincia o la cena di Girardi e Mercurio in una pizzeria insieme alle famiglie.

Sempre restando in tema di conflitto di interessi, gli investigatori hanno scoperto che Nicola Tancredi, che con la sua Tancredi Restauri si è accaparrato il 18% della ristrutturazione del Kursaal (per 750mila euro), ha effettuato i lavori di ristrutturazione di alcuni immobili acquistati da Lerario ad Acquaviva.

E se analizzando certi affidamenti, si era inizialmente notata la ricorrenza di aziende di Altamura, Acquaviva e Noci, spulciando centinaia di documenti i finanzieri si sono accorti che sia l’Economato che la Protezione civile hanno avuto cura di non deludere gli imprenditori salentini, il cui impiego è notevolmente aumentato negli ultimi anni. Dalla SisMed di Lecce, per esempio, sono stati comprati la tac mobile per l’ospedale Covid da 680mila euro, apparecchi per ecografie e ecotomografo con 54 carrelli per 250mila e poi ancora altri per 392mila, congelatori verticali da 2,7 milioni, pompe infusionali, elettrocardiografi e altre apparecchiature, letti di terapia intensiva da 613mila, poltrone medicali da 25mila. Per un totale di 4,4 milioni di euro, ovvero un quinto dell’intero appalto del presidio delle maxi-emergenze.

E, proprio in Salento, le indagini hanno portato a concentrarsi non solo su chi i lavori li ha fatti ma anche sui luoghi in cui sono stati effettuati. Perché a Lecce portano una serie di documenti relativi ad affidamenti alla Demetrio Zema, che a dicembre 2019 ha avuto 37mila euro per l’allestimento di una mostra archeologica nel museo Castromediano. Nello stesso posto la Leo impianti ha installato un sistema di videosorveglianza da 39mila euro nel febbraio 2018, grazie al metodo della somma urgenza.

Ma, alla luce del fatto che la legge indica come “lo stato di imminente pericolo e il pregiudizio per l’incolumità” possano indurre le amministrazioni a ricorrere agli affidamenti con somma urgenza, gli investigatori si chiedono se la motivazione addotta dai funzionari pubblici (“la struttura in cui sono presenti beni di notevole valore è priva di un sistema antintrusione”) sia sufficientemente solida, considerato che il Museo Castromediano sta lì da decenni e certamente si sarebbe potuta programmare per tempo una gara regolare anziché ricorrere alle scorciatoie. Stessa storia per la realizzazione degli impianti elettrici al Centro di cinematografia di Lecce (39.500 euro, sotto soglia di 500 euro dunque), la videosorveglianza al convitto Palmieri (93mila), l’aumento del numero delle telecamere al museo (altri 39,540 euro). Tutti lavori affidati direttamente a ditte note.

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