Strage del Gargano, il dolore per i contadini uccisi: “Buoni come il grano che coltivavano”

fonte: http://bari.repubblica.it/cronaca – di TATIANA BELLIZZI

“Persone straordinarie. Oneste. Classici contadini che tornano a casa con la faccia abbronzata 365 giorni all’anno. Di quelli che si spaccano la schiena dall’alba al tramonto, da sole a sole”.Incredulità e sgomento. Questi i sentimenti che serpeggiano in quel dedalo di viuzze che compone San Marco in Lamis, a poche ore dall’agguato che è costato la vita a 4 persone. Ora è calato il silenzio nel paesino ai piedi del Gargano, quel silenzio che trascina con sé la morte. Luigi e Aurelio Luciani, 47 e 43 anni, sono stati uccisi solo perché si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Loro, Luigi e Aurelio, erano due testimoni scomodi.
 

“Ma cosa c’è di sbagliato nello svegliarsi all’alba tutte le mattine e nel recarsi nei campi?”, si chiede fuori casa Luciani una cugina delle due vittime. “Loro amavano incondizionatamente la famiglia e la terra. Quella che coltivavano da generazioni”, racconta la donna delle intonazioni di voce che si muovono tra l’incredulità e la rabbia. La famiglia Luciani è composta da quattro figli, tutti maschi, tutti agricoltori. Coltivano prevalentemente pomodori, grano e barbabietole per poi rivendere i propri prodotti alle industrie di trasformazione di Capitanata.
 
“Sa cosa si dice in paese? – incalza una parente delle due vittime – A San Marco in Lamis, così come in tutta la provincia di Foggia, le aziende fanno a gara per acquistare i prodotti della famiglia Luciani, per bontà e genuinità. Così come erano Aurelio e Luigi: due uomini buoni e di grandissimi valori”. Aurelio lascia due figli, uno di 13 anni e uno di 10 anni: pochi mesi fa avevano festeggiato la sua comunione. Sua moglie è incinta; tra quattro mesi darà alla luce una bambina che non conoscerà mai il padre.

Anche Luigi ha due figli: uno di 10 anni ed un neonato di soli dieci mesi. Mentre la moglie di Aurelio è una casalinga e dedica la sua giornata alla crescita dei figli, la moglie di Luigi, Anna, è una psicologa che insegna in una scuola elementare. In paese i quattro fratelli Luciani sono molto conosciuti. In particolar modo il più grande, Vincenzo, titolare di una farmacia agricola che si trova in pieno centro. “Non amano la vita mondana”, dicono in piazza, la gente non ha molta voglia di parlare. La paura si sente. Soprattutto Aurelio e Luigierano persone discrete con sporadiche apparizioni nella vita sociale del paese. Spesso li si vedeva mentre accompagnavano i figli al catechismo o alla messa della domenica mattina. Luigi e Aurelio adoravano solo stare in campagna. Il loro mondo finiva lì, tra i campi di pomodoro e le distese di grano”, dice ancora una parente.
 

“Tutte le mattine, alle cinque in punto, incontravo Aurelio e Luigi mentre si recavano nella loro azienda – racconta invece uno storico panettiere intimo amico della famiglia – Io ero pronto ad infornare il pane e loro ad “andare a zappare”. Ecco i “Cannarut” mi dicevo (Cannarut è il soprannome che usano in paese per indicare la famiglia Luciani ndr); un saluto. Una chiacchiera veloce e poi tutti a lavorare”, ricorda l’artigiano.
 
Ieri mattina è stato un continuo rincorrersi di notizie. Non si parlava d’altro che dei quattro morti ammazzati in prossimità della vecchia stazione ferroviaria, quello scalo oggi luogo di una strage ma che nel lontano 1990 venne utilizzato come set cinematografico da Sergio Rubini nell’omonimo film La stazione. “Ma mai avrei immaginato che tra le quattro vittime ci fossero anche i miei due carissimi amici Luigi e Aurelio. Poi spiace dirlo – aggiunge il panettiere ma siamo sul Gargano e pertanto siamo abituati a questi fatti di sangue. Si saranno uccisi tra di loro qui di non ci ho pensato più. Ma nella tarda mattinata è esplosa la bomba. Mi hanno informato che nella strage erano coinvolti due innocenti che si chiamavano Aurelio e Luigi. Mi è crollato il mondo addosso”.
 
I familiari più stretti si sono chiusi nel loro dolore. Porte e finestre di casa blindate. Non c’è traccia. Difficile riuscire ad incontrarli. E’ calata la paura. Il terrore che lungo la linea di fuoco del commando armato potesse trovarsi chiunque. E’ un tratto della strada provinciale 272 molto trafficata, utilizzata da pendolari e lavoratori che si recano nelle campagne.
 
Intanto il sindaco Michele Merla ha proclamato per domani la giornata di lutto cittadino. “Lavoratori instancabili – li definisce il primo cittadino – Persone di grande dignità umana e morale. Non trovo altre parole per definirli. Generazioni di agricoltori vivevano unicamente per la loro terra che coltivavano con passione e devozione”.

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