Il silenzio conformista e colpevole nella città dove le élite sono morte

6455055-kNiC-U4604080412540kZF-1224x916@CorriereMezzogiorno-Web-Mezzogiorno-593x443fonte: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it – di Angelo Rossano

Le élite di casa nostra sono evaporate. Non estinte, ma disimpegnate. Afone, incapaci di riprodursi e senza eredi. Definite come «gruppo ristretto di persone che si distinguono per cultura, prestigio, ricchezza», le élite hanno storicamente responsabilità nei confronti di quello che i sociologi definiscono l’intorno sociale. In Puglia a queste responsabilità stanno sfuggendo. Un po’ per conformismo o magari per opportunismo, per stanchezza forse. Il vuoto si avverte, un colpevole silenzio copre temi che in altri momenti avrebbero fatto discutere, avrebbero provocato polemiche, confronti e dibattiti. Interrogativi, almeno. Una quindicina di anni fa, a Bari, una élite culturale e sociale elaborò un progetto, quasi una visione.

Questa idea prese il nome di «Primavera pugliese». Determinò un cambio politico epocale ai vertici del Comune e della Regione Puglia. Nei fatti, l’anima di questa rivoluzione fu un’associazione che si chiamava Città plurale. Città plurale arrivò in Parlamento, ed è ancora in Parlamento con il sociologo Franco Cassano. Ma chi animò quella stagione, chi ne fu protagonista, oggi tace.
Due recenti inchieste giudiziarie (sì, sì, certo: tutto è ancora da dimostrare) ci parlano di compravendita di voti alle scorse elezioni regionali e di appalti sospetti alla Provincia. L’azione della Procura barese di fatto sbatte sul tavolo del dibattito pubblico il tema dell’igiene politica. Questione che interroga i nostri governanti sulla domanda: «ma con chi ti accompagni?». E a nessuno, da destra o da sinistra, tra le professioni o tra gli intellettuali, tra gli scrittori o i cineasti, viene da sollevare un dubbio, un tema, un atto d’accusa o, magari, un’arringa difensiva. Nulla. La bufera assunzioni che rischiava di far andare a gambe per aria la Fondazione Petruzzelli spinse alle dimissioni l’incolpevole presidente Gianrico Carofiglio. Il sindaco di Bari, Antonio Decaro, il giorno stesso annunciò: «Stasera nomino il nuovo presidente». Sono trascorsi mesi e un nome non è stato trovato e alla fine la rogna è toccata al primo cittadino. Un vuoto che potrebbe apparire come il segno della difficoltà di connessione tra questa politica e la società. Anche in questo caso, le élite sono state latitanti e silenti.
L’amministrazione regionale appare in affanno, lenta, accentrata. Come in preda a un «facciotuttismo» che ha convinto il presidente Emiliano di poter assumere anche la carica di assessore alla Sanità (e solo da poco non è più segretario del Pd regionale). All’assessora Loredana Capone, dopo le dimissioni dell’assessore Liviano, sono state affidate anche le deleghe della cultura e del turismo, che così si sommano alle altre (ora sono: sviluppo economico, competitività, attività economiche e consumatori, energia, reti e infrastrutture materiali per lo sviluppo, ricerca industriale, innovazione, industria turistica e culturale, gestione e valorizzazione dei beni culturali). Dopo anni senza assessore alla Cultura al Comune di Bari, Emiliano replica – nei fatti – l’esperienza alla Regione. Anche in questo caso, le élite tacciono. Almeno in pubblico. La città che negli anni si era distinta per capacità di offrire modelli e schemi politici, ma anche scientifici e culturali, da riproporre sullo scenario nazionale, non sembra abbia più molto da dire. I centri di trasmissione e di produzione del sapere appaiono decaduti, in crisi. Cosa dona oggi alla città l’università Aldo Moro? E cosa fu e cos’è oggi il liceo classico Orazio Flacco? In un’intervista alla Gazzetta, l’assessore comunale alla Cultura Silvio Maselli dice che ormai le uniche voci che si levano sono quelle del sindaco, della chiesa e dei vastasi. Solo la «palmectomia» operata in via Sparano è stata capace di animare un confronto. E almeno si è parlato di cose reali e vere come una pianta. Per il resto siamo afflitti da «renderingpatia», malattia che si manifesta con l’inarrestabile volontà di presentare rendering. Ne mostra i sintomi il sindaco di Bari, Antonio Decaro, spesso intento a illustrare costruzioni in 3D della città del futuro. Lui è il primo cittadino di «Rendering city», la più bella città del mondo.
Per ora è una città con intellettuali senza voce. Le élite culturali, economiche e sociali sono senza più voglia, senza più passione, senza eredi. Perfino i costruttori a Bari furono capaci di esprimere un intellettuale visionario come Gianfranco Dioguardi. Oggi, un vuoto politico e di idee che non può essere riempito da un post su facebook. Il nuovo non c’è e il vecchio non interroga più la politica, non la contamina. «Se puoi scappa, se non puoi taci», sembra essere il motto. E soprattutto, «non disturbare il manovratore».

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