Quei mariuoli di troppo alla corte dell’ex sceriffo. Così il sistema Emiliano sta affondando la Puglia

La Tangentopoli barese riparte da dove tutto era cominciato: il contante. C’è la presunzione di innocenza ma per capire basta anche la statistica – fonte: Giuliano Foschini – bari.repubblica.it

Enzo Pisicchio aveva nascosto 65mila euro in contanti nelle buste dell’immondizia. Elio Sannicandro, ingegnere e manager tecnico di assoluta fiducia del Presidente, aveva invece poco meno di diecimila euro in banconote a casa. E per poco più di un anno, ha scoperto la Guardia di Finanza, non ha mai prelevato soldi dai suoi conti correnti. Mario Lerario, il super dirigente della Protezione civile, l’uomo dell’ospedale Covid, i contanti invece se li era fatti dare all’interno di un pacco di carne: «La manzetta», lasciando a una consonante tutto l’equivoco.

La nuova Tangentopoli pugliese riparte da dove tutto era cominciato: il caro e vecchio contante. Nel mondo dei bitcoin, delle transazioni digitali, la maniera più sicura per non lasciare traccia è la banconota. E la banconota è uno dei centri di quasi tutte le inchieste giudiziarie che hanno travolto il mondo di Michele Emiliano, il magistrato antimafia che ha cominciato la sua carriera politica da “Sceriffo” e ora si trova a doversi fare largo tra piccoli e grandi “mariuoli”, alcuni ancora innocenti certo (lo sono fino al terzo grado di giudizio, come lo stesso Emiliano ha ribadito ieri in veste di garantista), altri invece già con condanne pesanti e con comportamenti sinceramente inaccettabili, al di là di quello che poi deciderà la magistratura.

Ed è proprio qui che c’è il centro politico del “sistema Emiliano”: l’idea, in verità cara a molti pm, che potesse bastare la sua sola presenza (onestamente specchiata) a garantire la legalità e che, data la bontà dei fini, alla fine i mezzi non erano così importanti. «Se qualcuno sbaglia, poi paga», ha ripetuto ancora ieri il Governatore pugliese, non rendendosi conto che attorno a lui sono in tanti, tantissimi, a essere più volte inciampati. Possibile accorgersene sempre dopo? Per esempio: che ci fosse un’inchiesta su Alfonsino Pisicchio lo si sapeva da quattro anni almeno. Ne avevano parlato i giornali e tutto era partito da una dirigente regionale, Barbara Valenzano, vicina al governo regionale e che aveva anche avuto un ruolo politico nel movimento di Pisicchio (ma questa è un’altra storia).

Eppure Pisicchio aveva avuto il nuovo incarico all’Arti appena pochi mesi fa, proprio quando sembrava che stesse passando con il centrodestra.

E ancora: dell’inchiesta su Anita Maurodinoia e dei modi spregiudicati suoi e di suo marito, oggi agli arresti, Sandrino Cataldo, si sapeva da almeno tre anni. Perché allora nominarla assessore e candidarla al Parlamento, nelle liste del Partito democratico, in posizione eleggibile (è la prima dei non eletti)? E ancora: perché affidare al partito di Cataldo interi pezzi dell’amministrazione pubblica, come ipotizza un’altra inchiesta della procura di Bari sull’Adisu, l’Agenzia per il diritto allo studio universitario?

Che Mario Lerario, il dirigente della Protezione civile, gestisse la cosa pubblica con una leggerezza assai sospetta, lo aveva scritto questo giornale pubblicando atti inequivocabili: Lerario per questo ci ha querelato nelle stesse ore in cui Emiliano lo difendeva, sostenendo che per lui andava bene così. Chiaramente fino al giorno dello stupore: quando, cioè, il dirigente è stato preso con i soldi in tasca, anzi nella manzetta. A oggi per Lerario siamo già a due condanne a cinque anni e quattro mesi.

Repubblica aveva denunciato anche i modi di lavorare di Elio Sannicandro, ex assessore comunale di Emiliano e poi super dirigente nelle giunte regionali, con tanto di incarico per i Giochi del Mediterraneo: per Emiliano era tutto ok, poi è intervenuta la magistratura con un’interdizione e una richiesta di rinvio a giudizio per corruzione.

Perché è vero, c’è la presunzione di innocenza. E dunque non bisogna tirare le somme prima delle sentenze definitive. Ma per fare una valutazione politica del sistema Emiliano basta anche la statistica: si è detto di Maurodinoia, Cataldo, Pisicchio, Lerario, Sannicandro, ma sono decine i politici e dirigenti finiti in scandali giudiziari. Alcuni giorni fa è stato rimosso Alfredo Borzillo, commissario per i concorsi di bonifica: rinviato a giudizio per turbativa d’asta con l’accusa di aver fatto assumere il fidanzato dalla figlia in una ditta amica. Il capogruppo del Partito democratico, Filippo Caracciolo, ieri si è dimesso: «Per evitare altro fango», ha detto. È stato rinviato a giudizio per con le accuse di corruzione e turbativa d’asta.

Condannato definitivamente a nove mesi è invece il consigliere regionale, sempre del Pd, Michele Mazzarano per aver fatto assumere i due figli di un imprenditore in cambio di favori. Mentre a giudizio per corruzione c’è Totò Ruggeri, ora ex assessore, con l’accusa di corruzione. Nel 2019, al telefono con due consiglieri regionali, diceva: «Quella nomina è cosa tua». Ma lo sceriffo Emiliano, anche quella volta, non volle ascoltare.

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