Quando la mafia ti entra in casa. La lettera della vedova di Luigi Luciani, ucciso con il fratello nell’agosto 2017 in Puglia  

 

 

Caro direttore,

mi chiamo Arcangela e sono la moglie di Luigi e la cognata di Aurelio Luciani, i due fratelli agricoltori della provincia di Foggia, vittime innocenti di mafia nell’agguato del 9 agosto 2017 a San Marco in Lamis.
Cara classe dirigente, il 23 maggio ricorrerà il 29° anniversario della Strage di Capaci.
Come ogni anno, immagino, da parte vostra, le tante belle parole, i grandi propositi per ricordare e onorare il dottor Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
Sicuramente, molti di voi ricorderanno anche che il giudice Falcone è stato lasciato solo e abbandonato dai tanti che dovevano sostenerlo e proteggerlo.

A pensarci bene, in un modo o nell’altro, tutte le vittime innocenti delle mafie sono state lasciate sole.
Mio marito e mio cognato, due onesti cittadini, due uomini perbene, sono usciti di casa una mattina per recarsi al lavoro e non sono più ritornati. Fatalità, sfortuna?
La verità è che la mia terra, la Capitanata, che possiede un potenziale straordinario, è stata lasciata sola per 40 anni, alla mercé dei criminali.
All’improvviso, il 9 agosto 2017, a seguito della morte di altri due innocenti, tutti abbiamo scoperto l’esistenza della quarta mafia.
Scusatemi, se ho un vago sospetto che in questi anni da parte dei diversi governi che si sono succeduti è stato più semplice, forse, girare la testa dall’altra parte.

Dopo la morte dei miei cari, ho percepito intorno a me omertà, ma anche rabbia, frustrazione, indifferenza, rassegnazione. Più volte ho sentito la frase: “Tanto qui non cambierà mai niente, perché siamo soli“.
Sapete, di gente che dice “no” alla mafia ce n’è tanta, anche nella stessa politica, nelle diverse amministrazioni locali, ma è quella stessa gente che ha bisogno di sostegno e di protezione continua.
Nella mia terra, negli anni, sono stati chiusi i tribunali, sono stati chiusi i luoghi che creavano posti di lavoro, in primis gli ospedali; per non parlare dell’agricoltura e del turismo, attività trainanti di questo territorio, da sempre però, poco valorizzati e scarsamente sostenuti.
Come più volte ribadito dalle Istituzioni locali, gli uomini e le donne delle forze dell’ordine, che ogni giorno mettono a repentaglio la propria vita, spesso sono costretti a operare con pochi mezzi a disposizione e quasi sempre sotto organico. Il carcere, luogo che dovrebbe rieducare e riabilitare il detenuto, troppo spesso viene alla ribalta solo per carenza di personale, per il sovraffollamento, per situazioni insostenibili e al limite.

La mafia arriva dove c’è povertà culturale ed economica, dove non c’è lavoro, arriva là dove sa che lo Stato non c’è o si comporta semplicemente da “ospite. La mafia all’improvviso ti entra in casa, eppure è da anni che è presente nel tuo territorio e agisce indisturbata. La mafia ti uccide, crea panico, paura, terrore. Arrivi al punto di pensare che più niente abbia un senso, che la tua stessa vita non abbia più ragione di essere.
Cara classe dirigente, sono anni che sento parlare di riforme della giustizia, riorganizzazione delle carceri. Da anni sento dire, con toni entusiasti, che ci saranno nuovi posti di lavoro, che i giovani sono la priorità, nessuno sarà lasciato solo. Si promettono maggiori controlli sul territori e tanto altro.

Ovviamente bisogna attendere, dal vostro punto di vista, sempre “domani“. Mentre davanti a voi, sicuramente, ci sono tanti domani, per le persone che sono letteralmente sul lastrico, per coloro che sono entrati nel “vortice” dell’usura, del male affare, che non sanno come arrivare a fine mese, che non sanno cosa dar da mangiare ai propri figli, quel domani potrebbe non esserci. La mafia arriva e detta le sue leggi.
Penso che questo anno e mezzo di pandemia non abbia fatto nient’altro che accentuare e peggiorare i problemi di sempre.
Dinnanzi a tutti questi perenni ritardi, a queste mancanze e a questi fallimenti, ditemi, cara classe dirigente, il dottor Falcone che ha dato la propria vita concretamente per proteggere ed aiutare la gente onesta, la gente perbene, si sentirebbe lusingato? Basta davvero solo un post sui social per mettere a posto la coscienza?
Ed intanto, mentre la maggior parte di voi, probabilmente, starà pensando alle frasi più belle e ad effetto da postare in occasione del 23 maggio, a breve, io dovrò spiegare ad un bambino di quattro anni e mezzo perché non ha un padre e soprattutto perché e come è morto suo padre.
Brutale morte avvenuta nell’indifferenza di molti e nell’assenza di tanti altri.

fonte: Arcangela Petrucci – www.repubblica.it

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