“Vogliamo che lo Stato sequestri e confischi tutti i beni di provenienza illecita, da quelli dei mafiosi a quelli dei corrotti. Vogliamo che i beni confiscati siano rapidamente conferiti, attraverso lo Stato e i Comuni, alla collettività per creare lavoro, scuole, servizi, sicurezza e lotta al disagio”.
Con queste parole si apriva la petizione popolare che “Libera” (Assoc. di Don Ciotti) ha presentato nel 1995. L’intenzione era di chiedere la riforma di una legge ormai vecchia (legge n.646/1982) che regolava in maniera insoddisfacente proprio la confisca dei beni. A favore della petizione, si raccolsero un milione di firme, e rappresentò un momento importante di sensibilizzazione e riflessione sull’importanza del recupero e riutilizzo dei patrimoni accumulati illecitamente.
Da quella petizione nacque la legge 109/’96 per il “riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati ai mafiosi”.
I beni confiscati possono comprendere aziende, beni mobili (denaro, mezzi di trasporto, apparecchiature informatiche etc.); beni immobili (case, terreni, fondi). Per le aziende lo Stato ne dispone l’affitto, la vendita o la liquidazione e il ricavato si riversa nel Fondo Prefettizio; i beni mobili vengono trasformati in denaro contante e riversati nel Fondo Prefettizio; e i beni immobili vengono assegnati ai comuni o mantenuti al patrimonio dello Stato.
I beni immobili possono essere conservati al patrimonio dello Stato per specifiche finalità istituzionali (giustizia, ordine pubblico, protezione civile) oppure possono essere anche trasferiti al patrimonio del Comune nel quale si trovano, per finalità sia istituzionali che sociali.
Il Comune, acquisito il bene, ha un anno di tempo per decidere se amministrarlo direttamente oppure assegnarlo in concessione, a titolo gratuito, a: comunità, enti, organizzazioni di volontariato, cooperative sociali, comunità terapeutiche e centri di recupero per tossicodipendenti.
Se il bene è stato confiscato per reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, viene senz’altro trasferito al patrimonio del Comune e assegnato preferibilmente ad associazioni, comunità o enti per il recupero di tossicodipendenti.
La legge 109/’96 è ormai operativa da tempo in tutto il territorio nazionale ed anche in Puglia.
E a Molfetta esistono i beni confiscati alle famiglie criminali che negli anni ’90 trasformarono la città in un gran bazar della droga?
Che cosa hanno prodotto le costituzioni di parte civile da parte del comune nei processi contro le Holding della droga?
All’indomani della sentenza che condannò ben 111 persone con 1403 anni di carcere, nel giugno 1999,il P.M. Michele Emiliano (oggi Sindaco di Bari) dichiarò che ” i cittadini avevano avuto giustizia” e il Sindaco Guglielmo Minervini invece disse che ” la città non aveva ceduto alla paura” e che “i numerosi miliardi chiesti dalla parte civile come risarcimento sarebbero stati usati per progetti di carattere sociale”.
Anche il Sindaco Azzollini si è ultimamente vantato di essersi costituito parte civile insieme al Sindaco Annalisa Altomare durante i processi contro la criminalità locale.
Ma tutti questi miliardi che fine hanno fatto? E poi, ci sono stati dei beni confiscati ai signori della droga? Qualcuno li ha presi in consegna? Sarebbe bene ed utile che qualcuno cominciasse a dare risposte. Oltre la costituzione di parte civile dei processi “Primavera” e “Reset” ci sarebbe anche quella dell’omicidio Carnicella. La Comunità sborsa fior di quattrini per pagare illustri avvocati ma non riesce mai ad incamerare un buon risultato, o se c’è rimane un segreto di stato. Che ne direbbe il Sindaco-Senatore Azzollini o l’Assessora al Patrimonio Carmela Minuto? Solo loro oggi possono illuminarci su questi segreti.
Molfetta, 1.04.2007
Matteo d’Ingeo
vi conviene insistere su questo problema, penso proprio che ci sia qualcosa… l’ho sentito dire.
F.S.
Perchè la Finanza non controlla i patrimoni di qualche assessore e prestanomi di persone vicine? Non fate finta di non sapere… la politica è nelle mani di poche famiglie… su,su!! che le feste sono passate…