“Sono morti anche perché noi non siamo stati abbastanza vivi”

“Sono morti anche perché noi non siamo stati abbastanza vivi”. Con queste parole Giancarlo Caselli si chiedeva se alla fine anche noi non siamo responsabili dei troppi morti per mafia.
La notte tra il 18 ed il 19 marzo ladri troppo educati e poco ingordi sono entrati nella sede del mensile «Casablanca» e hanno rubato il computer centrale (compreso il mouse)… senza alcun segno di scasso.

Potevano prendere molto altro ed invece si sono limitati ad un solo computer: casualmente quello con tutti i dati. Ma chi sapeva che quella notte Riccardo Orioles non avrebbe dormito in sede? Chi sapeva che in quel computer c’erano tutti i dati del giornale? (benedette copie di backup).
Molto interessante come segnale…
Abbiamo aspettato qualche giorno per vedere quale reazione avrebbero avuto istituzioni e amanti della legalità: tanta solidarietà a parole, quasi a voler ripetere il rito meno macabro delle condoglianze e poter dire: “io c’ero”.
Con estrema durezza noi vogliamo essere VIVI e dire che la vera solidarietà istituzionale e politica dovrebbe indagare sul fatto che certi poteri negano al direttore di «Casablanca» persino l’apertura di un conto corrente postale (facendo costare la spedizione delle copie in abbonamento il doppio).
Graziella Proto e Riccardo Orioles erano nella redazione de «I Siciliani» di Pippo Fava. Da allora non hanno mai mollato: Graziella, il presidente della cooperativa editrice de «I Siciliani», per oltre 15 anni ha pagato le conseguenze di quella morte in termini non solo personali dei sentimenti, ma anche economici, visto che dopo la morte di Pippo Fava la grande solidarietà non è servita per pagare le bollette della luce e del telefono facendo sì che «I Siciliani» fallissero.

Quel 5 gennaio del 1984 Pippo è stato ucciso due volte: dalla mafia e dalla solidarietà perbenista che non ha impedito il fallimento della rivista.
Un anno fa, in occasione della candidatura di Rita Borsellino alla presidenza della regione, quei “giovani” de «I Siciliani» hanno sentito forte la necessità di tornare a crederci. Così hanno fondato «Casablanca», un giornale che la smette di lagnarsi e autocommiserarsi per il fatto che «La Sicilia» di Ciancio e i vari tabloid dei poteri non danno spazio alla libera informazione. Si sono rimboccati le maniche e sono ripartiti.
Visto che a volte siamo troppo storditi dalle sirene mediatiche ci siamo permessi, da umile e insignificante Associazione Antimafia, di fare un comunicato in cui avvertiamo che stanno “uccidendo” «Casablanca». Perché uccidere non significa solo eliminare fisicamente una persona, uccidere significa delegittimare, impedire l’apertura di un conto corrente postale, fare leggi ad hoc per permettere che un magistrato non si presenti ad un concorso, significa riabilitare i ladri del quartierino, significa ingenerare tanto e tale sdegno da far chiedere il prepensionamento di un magistrato che negli anni ha “solo” smascherato un’associazione “particolare” come la P2 o “solo” scoperto una vergogna italiana come tangentopoli.
“Sono morti anche perché noi non siamo stati abbastanza vivi”.
Vi chiediamo di essere VIVI e di permettere ad una voce libera della SICILIA di continuare a vivere. Abbonatevi a «Casablanca», leggete le altre storie, le verità scomode, senza riverenze ai poteri di qualsiasi colore. Partecipate anche voi alle storie di «Casablanca» e, per una volta, potremo dire di essere arrivati in tempo.

 

Associazione Antimafia “Rita Atria”

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Il testo è disponibile sul sito www.ritaatria.it

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