Porti, l’unione fa la forza. Una grande piattaforma logistica tra Puglia e Basilicata

fonte: http://edicola.lagazzettadelmezzogiorno.it- di FEDERICO PIRRO

Si svolgerà domani 6 febbraio nella sede della Regione Puglia a partire dalle ore14.00 il primo incontro per la presentazione e l’avvio del confronto sulle linee generali del Progetto per l’a re a logistica integrata di Puglia e Basilicata, prevista dal Pon Infrastrutture e reti 2014-2020. L’incontro promosso dalle parti che sottoscrissero, alcuni mesi or sono, l’accordo di adesione per la redazione del progetto, presenterà un disegno programmatico che ha come linee guida:

a) lo sviluppo dei traffici nazionali e internazionali da e per i territori pugliesi e lucani da svilupparsi in logiche di intermodalità;

b) la creazione, il miglioramento e la valorizzazione di tutte le interconnessioni funzionali porti-strade-ferrovie-interporto-piattaforme logistiche, necessari per connettere le nostre aree ai corridoi europei TEN-T e fare soprattutto della Puglia un grande hub europeo proteso nel Mediterraneo.

LE AUTORITA’ PORTUALI – Com’è noto, i porti della nostra regione – qualcuno dei quali serve almeno per taluni traffici anche la vicina Basilicata – saranno gestiti da due Autorità di sistema portuale: la prima, sarà quella del Mare Adriatico meridionale chiamata ad amministrare gli scali di Manfredonia, Barletta, Bari, Monopoli e Brindisi e la seconda, invece, è quella (già istituita) che gestirà solo il grande porto di Taranto. Toccherà alla governance dell’Autorità barese operare un’armonizzazione di funzioni degli scali di sua competenza, data anche la dimensione e la specificità dei traffici che caratterizzano i due maggiori porti sull’Adriatico pugliese, ovvero quello di Bari, cui si affiancano quelli di Barletta e Monopoli, e quello di Brindisi che, avendo perso il suo Ente di gestione, confluirà con risorse finanziarie, banchine e relative movimentazioni, più ampie di quelle baresi, nella nuova Autorità di sistema con sede nel capoluogo re gionale.

PORTI, LO STATO DELL’ARTE – Il porto di Bari ha registrato, solo per il traffico merci, fra il 2013 e il 2015 i seguenti andamenti: 4,2 milioni di tonnellate (2013), 4,6 milioni (2014), 5 milioni nel 2015. E per i movimenti dei container: 31.436 unità (2013), 35.932 (2014), 60.009 (2015). Lo scalo di Barletta, nello stesso triennio, ha contabilizzato 1 milione di tonnellate (2013), 891mila (2014), 951mila (2015). Il porto di Monopoli infine – gestito insieme a quello barlettano dall’Authority barese – ha visto le seguenti movimentazioni: 254mila tonnellate (2013), 428mila (2014), 353mila (2015). Complessivamente, con i suoi tre porti, l’Au t o r i t à di Bari ha totalizzato nel triennio esaminato 5,45 milioni di tonnellate (2013), 5,51 milioni (2014), 6,30 milioni (2015). Manfredonia nel suo porto ha registrato le seguenti movimentazioni: 904mila tonnellate (2013), 579mila (2014), 510mila (2015). Un traffico in diminuzione, condizionato dal fermo ormai prolungatosi da due anni del grande stabilimento del gruppo Sangalli, che ha inciso sull’ar rivo delle materie prime ad esso destinate. Il porto di Brindisi, sempre con riferimento al traffico merci, ha consuntivato i seguenti dati: 10,4 milioni di tonnellate (2013), 10,8 milioni (2014), 11,7 milioni (2015): un traffico costituito in prevalenza, ma non esclusivamente, da carbone per l’imponente centrale dell’Enel a Cerano, da virgin nafta per il grande stabilimento della Versalis del gruppo Eni, e da Gpl per il sito della Ipem, fra i maggiori in Italia nella sua tipologia. Notevoli poi sono i traffici passeggeri e ro-ro degli scali di Bari e Brindisi per e da Montenegro, Albania e Grecia, così come quelli delle crociere, consolidati ormai da anni a Bari, ma non ancora a Brindisi. Tali traffici andranno inquadrati in una prospettiva comune a medio e lungo termine che ne incrementi in misura considerevole i flussi in arrivo e in partenza. In altri termini, a parere di chi scrive, sarebbe auspicabile e da perseguire con politiche idonee un aumento generale dei traffici per i due scali, lavorando così su numeri crescenti .

LA VISIONE ORGANICA – Per il traffico merci è del tutto evidente, alla luce dei dati prima riportati, che lo scalo brindisino ne ha totalizzato nel triennio esaminato un volume superiore a quello dei tre porti gestiti dall’Authority barese, ed anche a quello assommato delle due Authority di Bari e Manfredonia. Il porto di Brindisi, pertanto, per la sua storia, per le dimensioni dei suoi traffici e delle sue banchine – soprattutto di quella imponente di Costa Morena Est, ancora sottoutilizzata – dovrebbe essere valorizzato, pur avendo perso il suo Ente di gestione e in procinto di entrare in quello che continuerà ad amministrare (con un unico bilancio) lo scalo del capoluogo regionale, insieme a quelli di Barletta e Monopoli, cui si aggiungerà l’altro di Manfredonia . Ma anche quest’ultimo porto, che perde l’Authority, andrà ridefinito e valorizzato nella sua missione, nei suoi potenziali raccordi ferroviari e con le sue attrezzature da banchina al servizio di un territorio produttivo di grandi dimensioni che geograficamente abbraccia, insieme alla Capitanata, anche la Basilicata Nord Orientale e l’Irpinia.

RAPPORTI TRA AUTORITÀ – Una volta definito il nuovo assetto della portualità regionale sull’Adriatico, andrà, sempre nell’ambito dell’Area logistica integrata di Puglia e Basilicata, riconsiderato il rapporto fra quella portualità e l’imponente scalo di Taranto che – è bene ricordarlo per evidenziarne le persistenti potenzialità – nel 2006 si collocò al 2° posto fra quelli italiani alle spalle di Genova, superando anche Trieste per movimentazioni complessive, pari in quell’anno a 49,4 milioni di tonnellate. Nel triennio 2013-2015 i suoi traffici totali di merci – pesantemente segnati dalle vicende dell’Ilva e dalla forte contrazione dei flussi di materie prime e beni finiti che l’hanno riguardata, oltre che dalla dismissione della Tct con l’azzeramento del movimento container – hanno consuntivato i seguenti dati: 28,4 milioni di tonnellate (2013), 20,1 milioni (2014), 17,7 milioni (2015). Una discesa rilevante, com’è evidente, cui invece è corrisposto nei primi dieci mesi del 2016, un significativo ritorno a 20,8 milioni di tonnellate, con un aumento del 12,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e l’arrivo sulle sue banchine del Gruppo Grimaldi per il traffico Ro-Ro. Ora, è inutile nascondersi che il suo molo polisettoriale, i grandi lavori in corso nello scalo e la messa in esercizio delle opere che ne deriveranno, potrebbero evidenziarne profili di concorrenzialità per alcuni flussi di merci con i porti pugliesi sull’Adriatico. In questo caso bisognerà operare, soprattutto a livello della Regione, ma anche con la salda regia nazionale del Ministero dei Trasporti, perché si attenuino al massimo – nel quadro peraltro di investimenti inevitabilmente selettivi nelle nuove opere da realizzare e nei nuovi mezzi di banchina da porre in esercizio nei maggiori scali pugliesi – i rischi di dannose concorrenze fra sistemi portuali vicini, uno dei quali, come quello tarantino, già oggi è al servizio anche dell’area materana.

IL RUOLO DELLE IMPRESE – Alla luce di quanto sin qui evidenziato, sia pure con palese schematicità, è doveroso sottolineare che – al di là delle gestioni necessariamente collaborative delle rispettive governance delle due Autorità di sistema portuale di Bari e di Taranto – dovranno essere poi soprattutto gli imprenditori della Puglia e della Basilicata e le aziende esterne che vi sono localizzate ad incrementare nei nostri territori i loro flussi import-export di materie prime e beni finiti, utilizzando sempre di più i trasporti via mare e attirando il più possibile sulle nostre banchine nuovi traffici di grandi operatori esteri, stimolati ad apprezzare e utilizzare il sistema portuale pugliese per sbarcarvi e imbarcarvi in quantità crescenti prodotti, materie prime e semilavorati destinati anche ad altre regioni italiane e a Paesi europei. In altri termini, se non si riuscirà a «forzare» la crescita locale e non si renderanno più attrattive le nostre infrastrutture di movimentazione, raccordandone le varie modalità portuali, stradali e ferroviarie al corridoio europeo che interessa le due regioni confinanti, sarà incombente il rischio di un vistoso sottoutilizzo dell’armatura infrastrutturale esistente e di quella che pure si vorrebbe potenziare: senza nuovi traffici e politiche idonee ad attrarli, già oggi si potrebbe profilare un eccesso di capacità di banchina in alcuni grandi scali pugliesi. È bene esserne consapevoli . Insomma, al di là dell’impegno degli Enti portuali, delle due Regioni e del governo, sarà la volontà di crescita e la capacità operativa delle business community regionali a decidere se l’Area logistica integrata di Puglia e Basilica potrà contare anche su un sistema portuale funzionalmente «unitario» e con assetti realmente competitivi a livello europeo e mediterraneo, ma al servizio in primo luogo di sistemi produttivi apulo-lucani sempre più forti, tecnologicamente avanzati e in grado di integrarsi in misura crescente nei grandi mercati internazionali. Non dimentichiamoci infine che lo scorso anno il 1° porto italiano è diventato Trieste con poco più di 59 milioni di tonnellate movimentate, e che da quello scalo è stato attivato proprio nei giorni scorsi un treno per il trasporto intermodale fra Adriatico e Baltico. In questo scenario, pertanto, se non correremo in Puglia per migliorare l’ar matura infrastrutturale, collaborando con spirito unitario da Manfredonia a Taranto, i nostri porti saranno del tutto «saltati» ed esclusi progressivamente dalle grandi rotte che giungono dal Medio Oriente e tramite il Canale di Suez dall’Estremo Oriente

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