Pizzo ‘preventivo’ per i lidi del Salento: “E da stasera lavoriamo tranquilli”

Pizzo 'preventivo' per i lidi del Salento: "E da stasera lavoriamo tranquilli"

Pagano il pizzo anche “preventivamente” alcuni operatori balneari salentini pur di riuscire a lavorare tranquilli. Contattano i referenti dei clan sul territorio e chiedono loro protezione: “E’ la cultura dell’omertà” dice preoccupato il procuratore capo della Dda di Lecce, Cataldo Motta. Nell’ordinanza le intercettazioni di un imprenditore che, dopo aver pagato, dice “da stasera possiamo stare tranquilli”.

L’allarme giunge all’esito dell’operazione “Tam tam”, condotta dalla Squadra Mobile e dal Commissariato di Taurisano, che ha fatto finire in carcere quindici persone, mentre altre venti risultano indagate. Associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e estorsione aggravata dal metodo mafioso, le accuse contestate a vario titolo dal procuratore aggiunto Antonio De Donno, che ha chiesto e ottenuto le misure cautelari dal gip Cinzia Vergine.

Due i gruppi individuati: da una parte quello di Tommaso Montedoro (operativo tra Taurisano, Ugento, Casarano), dall’altro quello dei fratelli Andrea e Antonio Leo (attivo tra Calimera, Vernole e Melendugno), legati tra loro da un patto scellerato basato sulla cessione di droga e sul pagamento del “punto” alle famiglie dei detenuti. Attività redditizie, così come quelle estorsive a danno degli imprenditori turistici, messe a segno da Cengs De Paola, che non avrebbe esitato a far valere la sua fama di personaggio pericoloso in quanto vicino al clan Giannelli-Scarlino. Non è un caso che nell’ordinanza di custodia cautelare il gip evidenzi proprio “la professionalità e capillarità del censimento delle vittime delle estorsioni” messo in atto da De Paola insieme ad alcuni sodali, che all’inizio di ogni stagione estiva facevano la mappa delle attività vecchie e nuove sulla costa.

Agli imprenditori il clan avrebbe imposto l’assunzione di persone gradite, pena furti e danneggiamenti. Qualcuno, conoscendo la situazione, non ha aspettato la richiesta di pizzo ma ha contattato direttamente De Paola, chiedendogli protezione tramite il suo servizio di guardiania illegale. I rapporti oscuri tra i sodali e gli imprenditori turistici sono emersi dalle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate dagli investigatori, ai quali nessuna denuncia di estorsione è arrivata negli anni. Tra gli è stato ascoltato un imprenditore che si era rivolto a De Paola affinché mandasse qualcuno a sorvegliare il suo stabilimento. E tale era la sicurezza garantita dalla presenza dei membri del clan che il gestore poteva raccontare al telefono di come non riponesse neanche più le attrezzature e l’arredamento durante la notte, lasciandoli incustoditi sulla spiaggia.

“Un brutto  segnale  –  ha commentato il procuratore Motta  –  perché dimostra che ci sono vittime che anziché denunciare chiedono addirittura protezione alla criminalità”. Segnale confermato dalle recenti dichiarazioni di un giovane indagato nell’ambito dell’inchiesta Augusta del 2011, Mauro Ingrosso, il quale nel corso di un processo d’appello ha svelato le modalità con cui i clan avevano messo le mani sugli stabilimenti balneari della costa adriatica, imponendo opprimenti servizi di guardiania e assunzione di persone amiche. E se pure i rappresentanti della categoria dei balneari, nelle scorse settimane, hanno categoricamente smentito che i titolari dei lidi siano tenuti sotto scacco dai gruppi criminali, l’inchiesta “Tam tam”, di nuovo, smentisce tali rassicurazioni.

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