Perde la testa e spara in direzione degli ex colleghi con una pistola a salve, l’ex carabiniere Scardigno torna alla ribalta della cronaca

video di  Giuseppe Bevacqua – Voce di Popolo

Sono andato in tilt questa notte è vero, ma contro di me c’è un vero accanimento da più di 8 anni. Non mi toglierò la vita perché è un regalo di Dio, va vissuta, chi si suicida è solo un vigliacco, ma voglio che la mia storia venga a galla. La verità deve emergere a qualunque costo”.

Sale nuovamente alla ribalta delle cronache Salvatore Scardigno, ex Carabiniere di 52 anni, molto noto a Messina sia come carabiniere in servizio al nucleo radiomobile sia per le sue eclatanti proteste, che si è barricato dalle 5 di questa mattina nella sua abitazione di Molfetta , all’angolo tra via Raffaele Cormio e via Samarelli, dopo che nella notte i Carabinieri hanno cercato di rimuovere dalla strada la sua macchina, appena comprata, trovata senza assicurazione. L’uomo, dopo aver parlato al telefono con il sindaco Minervini, si sarebbe deciso a porre fine alla sua barricata.

“Ho perso la testa – racconta – Ho lanciato qualsiasi cosa dal balcone”. L’uomo, secondo quanto appreso, avrebbe anche sparato con una pistola a salve scacciacani e avrebbe lanciato anche un secchio di vernice sulla macchina dei militari intervenuti.

“Sono arrivato a Molfetta e mi hanno dato l’obbligo di dimora dalle 21 alle 7, ad ottobre mi hanno cacciato definitivamente dall’Arma, non dandomi più un euro e nemmeno mi hanno riconosciuto la buonuscita. Sono andato in Cattedrale, mi sono cosparso di benzina e il Sindaco Minervini, una grandissima persona, mi ha aiuto a inserirmi nella comunità trovandomi un lavoro in una struttura sociale. Sono seguito anche da un dottore, sono sempre stato tranquillo, avevo l’obbligo di firmare tre volti al giorno, per me è stato come ripartire”.

“Ho messo così 400 euro da parte, ho deciso di comprarmi una macchina nuova da un molfettese – conclude -. Ieri stesso mi sono recato in agenzia per l’assicurazione, mia madre mi avrebbe aiutato a pagarla, ma questa notte i Carabinieri sono venuti a controllare la mia macchina. È vergognoso, ci sono persone agli arresti domiciliari e vengono a controllare me, continuano ancora ad oggi questo accanimento che va avanti da 8 anni”.

UNA VITA SPERICOLATA E UNA CONDANNA A 4 ANNI E 6 MESI

L’8 marzo di quest’anno è arrivata la condanna, parecchio pesante, per l’ormai ex brigadiere dei carabinieri 53enne Salvatore Scardigno, che l’anno scorso finì in carcere con l’accusa di aver incendiato per vendetta un ciclomotore ad un suo superiore, che l’aveva inchiodato con l’accusa di concussione dopo un’indagine. Scardigno è stato condannato ad una pena di 4 anni e 6 mesi inflitta dal giudice monocratico Claudia Misale.

LA VICENDA

Il 20 maggio dello scorso anno viene messo in isolamento all’interno del carcere di Gazzi (ma due giorni dopo viene scarcerato e ottiene la detenzione domiciliare nell’abitazione in cui risiede il padre, a Molfetta, in provincia di Bari). Viene arrestato dai suoi ex colleghi carabinieri del Comando Provinciale di Messina, che eseguono un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Messina, su richiesta della Procura della Repubblica di Messina. Il 52enne Salvatore Scardigno (nella foto quando era in servizio al nucleo radiomobile a Messina), nato a Caracas in Venezuela, noto in città come ‘il brindisino’ è ritenuto responsabile del reato di incendio aggravato di 4 motocicli, un’autovettura e di ingenti danni ad uno stabile, commesso la notte del 22 agosto 2019, all’interno di un’autorimessa di pertinenza di una palazzina del complesso residenziale “Parnaso” sulla Panoramica dello Stretto. L’uomo, ex militare dei Carabinieri, congedato dall’Arma per gravi motivi disciplinari, era gravemente indiziato di avere commesso l’azione criminosa con il fine di danneggiare il ciclomotore di proprietà del tenente colonnello Ivan Boracchia, all’epoca a capo del Nucleo investigativo e residente nel complesso residenziale, il quale aveva condotto un’indagine nei suoi confronti, delegata dalla Procura della Repubblica di Barcellona. Ad incastrarlo sono state le immagini dell’impianto di videosorveglianza all’interno del Parnaso che sono state acquisite ed esaminate dai Ris, grazie alle quali è stato possibile individuare la ‘perfetta corrispondenza’ tra l’uomo che quella notte appiccò il fuoco e la fisionomia dell’ex brigadiere (ipotesi confermata anche dalla consulente della procura, la dott.ssa Chantal Milani) e poi gli abiti indossati la notte dell’attentato (una maglietta a maniche corte in particolare) che corrispondono a quelli che Scardigno aveva addosso pochi giorni dopo durante una delle sue solite proteste eclatanti. C’è addirittura un altro particolare che ha portato alla sua identificazione. Un tatuaggio sul braccio sinistro, che raffigura il simbolo del Nucleo radiomobile dei carabinieri di Messina, reparto dove Scardigno ha prestato servizio per anni.

Si è visto anche che un paio di giorni prima dell’attentato l’ex carabiniere andò sul posto, per ben due volte (l’8 e il 17 agosto), per fare un ‘sopralluogo’ con uno scooter Honda SH, modello Foresight, addirittura suonando ad uno dei citofoni per entrare all’interno del complesso.

Le celle che agganciano il telefono cellulare, infine, avrebbero dimostrato la sua presenza nella zona dell’attentato prima e dopo l’attentato. 

IL MOVENTE

Dall’ordinanza si evince che l’ex vice brigadiere Salvatore Scardigno risulta coinvolto addirittura in 24 procedimenti penali incardinati in varie procure della Repubblica nonché la Procura Militare di Napoli. “Lo stesso – scrive il gip – proprio a seguito delle numerose vicissitudini penali e disciplinari che lo vedono coinvolto, ha intrapreso una serie di iniziative o manifestazioni di protesta inscenate dal 2017 ad oggi, finalizzate al reintegro in servizio”.

E allora perchè colpire il tenente colonnello Boracchia? Il gip scrive di come Scardigno avesse negli ultimi tempi cambiato atteggiamento nei confronti del superiore, “assumendo un atteggiamento più spavaldo”.

Questo perchè, a luglio del 2019, Scardigno riceve un avviso di conclusione indagini dalla Procura di Barcellona con l’accusa di concussione. Indagini avviate a Napoli ma delegate proprio al nucleo investigativo comandato da Boracchia. La notifica del provvedimento “avrebbe fatto emergere un forte livore ed acredine verso alcuni colleghi dell’arma”, in particolare gli ufficiali. Va aggiunto un’ulteriore circostanza emersa nel corso delle indagini, cioè quella riconducibile ad un episodio avvenuto il 21 marzo 2019 quando l’appuntato Antonio Sorrenti, della sezione radiomobile di Villa San Giovanni, subiva l”incendio della sua autovettura che aveva parcheggiato nei pressi della Caronte. Proprio Sorrenti è stato il principale accusatore di Scardigno in una vicenda che lo portò agli arresti domiciliari (leggi sotto).

LE ESIGENZE CAUTELARI

“Sussiste un grave e concreto pericolo di reiterazione della medesima attività criminosa per la ripetitività delle azioni commesse – scrive il gip Eugenio Fiorentino – spia dell’allarmante personalità dell’indagato e sintomatiche di un effettivo contegno persecutorio che rende elevato il rischio di reiterazione criminosa, essendosi rivelato il prevenuto del tutto incapace di porre un freno ai propri istinti criminali: a riguardo, in data 13 gennaio 2020, Scardigno si è reso responsabile dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni in danno di un altro ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, il comandante della compagnia di Messina Centro, il Capitano De Alescandris (tratto in arresto in flagranza e processato con rito direttissimo, è stato condannato a un anno di reclusione).

L’ARRESTO PER CONCUSSIONE

Il brigadiere dell’Arma Salvatore Scardigno venne arrestato nel marzo del 2018 mentre era in servizio a Vibo Valentia, su provvedimento del gip di Reggio Calabria con l’accusa di concussione. Scardigno, che venne posto agli arresti domiciliari, per molti anni è stato in servizio al nucleo radiomobile a Messina (noto in città come il ‘brindisino’). I fatti si riferiscono però ad un suo periodo di lavoro a Villa San Giovanni.

La vicenda è singolare e sarebbe avvenuta il 13 maggio del 2017. Secondo un’intercettazione agli atti dell’inchiesta avrebbe preteso un cane in “regalo” da un allevatore, il 42enne reggino Domenico Trivulzio, indagato nell’ambito della vicenda, in cambio di una mancata multa di 161 euro. Scardigno avrebbe evitato di sanzionarlo dopo averlo fermato mentre era in servizio, perché l’allevatore parlava al cellulare mentre guidava. Un appuntato che era assieme a lui in servizio di pattuglia presentò sulla vicenda una relazione di servizio ai suoi superiori, atto che venne inoltrato in Procura.

Scardigno si è reso protagonista, negli anni successivi, di clamorose proteste pubbliche. Nel marzo del 2019 salì sul campanile del Duomo, minacciando di buttarsi giù. Un paio di mesi dopo replicò salendo sul pulpito del Duomo di Messina cosparso di benzina e minacciando di darsi fuoco. Un’altra volta si incatenò davanti al Comando Provinciale dei carabinieri per protesta contro i suoi ex superiori.

fonte: www.stampalibera.it

Aggiornamento: Nel pomeriggio l’ex brigadiere Salvatore Scardigno si è arreso e tratto in arresto.  Dovrà rispondere di danneggiamento aggravato e resistenza a pubblico ufficiale.

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