Giudice arrestato a Bari, le pressioni su De Benedictis perché non si trasferisse a Roma: “Voi ci servite a Bari. In Cassazione abbiamo altri”

Così le persone vicine all’ex gip cercavano di dissuaderlo dal trasferimento nella capitale. I particolari nelle carte dell’inchiesta della Procura di Lecce – di Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

« Tu e quell’altro servite a Bari, in Cassazione abbiamo altre persone… » : così gli amici dell’ex giudice Giuseppe De Benedictis, a inizio gennaio, commentavano la volontà del magistrato di chiedere il trasferimento a Roma. Cercavano di dissuaderlo dall’andare via, rimarcando il fatto che lui — insieme con un’altra persona — fosse «il referente di fiducia nel tribunale di Bari » , come ha scritto la gip leccese Giulia Proto nel decreto con cui a marzo ha autorizzato la proroga delle intercettazioni sul telefono del gip, dell’avvocato Giancarlo Chiariello e della sua collaboratrice Marianna Casadibari, del carabiniere Nicola Soriano e di uno in pensione, dell’avvocato foggiano Paolo D’Ambrosio e di due aziende agricole, una di Altamura e una della provincia di Foggia.

De Benedictis e Chiariello sono in carcere esattamente da un mese, con l’accusa di corruzione in atti giudiziari e, al momento, nessuno dei due sembra intenzionato a cambiare strategia difensiva, avviando una collaborazione con la Procura di Lecce. Che continua a lavorare a pieno ritmo con il supporto dei carabinieri del Nucleo investigativo di Bari, ai quali spetta il compito di approfondire una serie di possibili reati che sarebbero stati commessi, negli anni passati, da De Benedictis insieme con altri pubblici ufficiali, a partire da alcuni rappresentanti, in servizio e a riposo, dell’Arma dei carabinieri. Tra i presunti favori chiesti al giudice ci sarebbero quelli relativi alle informazioni riservate da ottenere in relazione a inchieste della Procura di Bari, ma anche di quella di Matera. De Benedictis ha prestato servizio nella città dei Sassi come componente della sezione penale, dove il Csm lo aveva destinato nel 2010, dopo il primo arresto per detenzione di armi illegali, in seguito al quale era stato condannato in appello e poi assolto in Cassazione. E a Matera è tornato più volte, quando era già sotto indagine da parte della Procura di Lecce, con i carabinieri che gli stavano appresso, filmando ogni suo movimento. In un’occasione, in particolare, era andato a perorare la causa di un imprenditore altamurano, arrestato dai pm materani nell’ambito di un’inchiesta sulle truffe all’Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo. A fare da tramite, ancora una volta, era stato il carabiniere in pensione, che— negli atti salentini viene dipinto come un collettore di richieste di aiuto da parte di persone facoltose, che girava a De Benedictis e alle quali chiedeva poi di fare al giudice regali di varia natura. Giudice e carabinieri il 16 febbraio sono stati seguiti mentre si recavano al tribunale di Matera, dove l’allora gip era andato prima al terzo piano a cercare un giudice penale: non trovandolo si era spostato da un altro collega, quindi si era intrattenuto con un terzo giudice nella pausa di un’udienza.

Quegli incontri, tuttavia, non avrebbero avuto l’effetto sperato, se è vero che alle domande dei suoi amici, per conto dell’imprenditorearrestato, De Benedicts rispondeva rammaricato: «Tutto negativo, sia a Potenza che a Matera», considerato che il Riesame aveva rigettato le istanze di scarcerazione. La questione non veniva chiusa, tuttavia, e a distanza di una quindicina di giorni il giudice tornava a impegnarsi per la questione, contattando un pubblico ministero di Matera e convocandolo nel suo ufficio a Bari. Anche questo incontro è stato monitorato dai carabinieri. Ma soltanto parzialmente, considerato che dopo un saluto veloce in ufficio i due magistrati si sono allontanati dalla stanza di De Benedictis lasciando i telefoni dentro. Le uniche parole captate sono state quelle del giudice molfettese che diceva. «È la stessa cosa di cui ti ho parlato tre-quattro mesi fa. Posso dire una ventina di giorni? Ti ringrazio».

Fra le altre vicende giudiziarie monitorate dal giudice arrestato ce n’è anche un’altra che riguarda un imprenditore altamurano del settore carburanti, con il quale gli investigatori hanno registrato una serie di incontri e anche la consegna di diversi regali ( soprattutto di tipo alimentare). Nel faccia a faccia tra De Benedictis e l’indagato — avvenuto a metà febbraio ad Altamura — i due discutevano dell’inchiesta per false fatturazioni, della quale si occupava come difensore l’avvocato Giancarlo Chiariello. A coordinare le indagini della guardia di finanza era il pm barese Lanfranco Marazia, che De Benedictis chiamava « il bitontino » e a proposito del quale diceva: « A saperlo prima si andava da lui a dirgli: ” Senti, non fare come a tua moglie, che qua non sta niente”… » . Il riferimento era a un’altra indagine, condotta dalla pm Silvia Curione (moglie di Marazia), che aveva coinvolto un ennesimo amico del giudice. E se nelle indagini i carabinieri di Bari hanno approfondito anche la questione della partecipazione di De Benedictis alla società Villa Anita ( che gestisce un centro diurno per anziani e disabili), dalla stessa struttura arrivano precisazioni in merito «all’assoluta estraneità alle vicende del giudice ». Nella compagine l’ex gip entrò ereditando le quote della moglie, Maria Antonietta Chirone La Notte, alla sua morte.

E da Villa Anita si esprime «piena fiducia nell’operato della magistratura » e si precisa che la società proseguirà il proprio impegno, «contrastando chiunque tenti di infangarne l’immagine».

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