“Un altro orizzonte” o “un nuovo orizzonte” ? Lettera aperta al Maestro Hidetoshi Nagasawa

 

Illustrissimo Maestro Hidetoshi Nagasawa,

mi rivolgo direttamente a lei, come semplice cittadino, per comprendere alcuni recenti accadimenti. Premetto di apprezzare le sue opere e in particolare le ultime presentate nel Torrione Passari di Molfetta. Ed è proprio di una di queste ultime che vorrei parlarle.

In una recente intervista di Antonella Marino, si parlava delle sue opere come una sfida alle leggi della statica, che instaurano enigmatici equilibri nello spazio. Per realizzare quelle opere enormi travi in legno, e barre in ferro, sono state recuperate da cantieri vicini e forgiate in loco, per andare a comporre incastri “magici” che reinterpretano la struttura architettonica amplificandone le suggestioni del contesto ambientale. Poi lei aggiunge che sicuramente è stato fondamentale conoscere il posto e la storia del Torrione Passari, una struttura a cupola, che prima era una fortezza, uno spazio bello già di per sé. E proprio competere con la sua bellezza, è stata la vera sfida per lei. Insomma queste le premesse che hanno sostenuto la creazione dell’opera site-specific “Un altro orizzonte”.

  Prima installazione

Una lunga trave di legno orizzontale, unita ad un’altra trave verticale incuneata tra il pavimento e il soffitto, regge all’estremità due cubi di ferro 80x80cm. La pesante trave lunga 7 metri, è incastrata in un grande anello in ferro intorno alla trave verticale, e si sostiene mediante un gioco di spinte. L’opera dichiara subito un mondo strutturato da elementi interdipendenti, dove l’interdipendenza è consentita e garantita dal fatto che gli elementi sono privi di presenza autonoma, e scorrono tra polarità opposte e complementari”.

Nella stessa intervista dichiara, una sacrosanta verità, e cioè che lei lavora rapportandosi ai luoghi e in un luogo diverso sarebbe venuto fuori un’opera diversa; nel paesaggio locale ha percepito un’aura metafisica e in qualche modo ha cercato di trasmetterla. E poi spiega, in maniera analitica, la filosofia che regge la lettura de “Un altro orizzonte” (video -Prima installazione)

Dietro a questi incastri c’è un preciso calcolo matematico, unito però a delle sensazioni. La trave sospesa ad esempio è di sette metri, doveva essere proprio di quella misura, ma ricorda anche un braccio alzato. Dove s’incrociano la trave orizzontale e la trave verticale c’è un anello di ferro su cui si scaricano venti tonnellate di forza. Per ottenere un equilibrio bisogna calcolare il diametro di questa trave orizzontale, il peso del pavimento e del soffitto. Se i loro materiali fossero leggeri, la mia struttura non reggerebbe”.

Nel momento in cui le scrivo la sua mostra è stata chiusa e la sua opera, “Un altro orizzonte”, è stata smantellata creando un vuoto incolmabile in quella stanza del Torrione Passari. Un nostro dirigente comunale, ha deciso di far continuare a vivere la sua opera in una piazza cittadina inaugurata al pubblico il 12 aprile scorso. Ho osservato da vicino e da lontano la sua vecchia-nuova opera che ha lo stesso titolo e mi sono chiesto se fosse la stessa da lei creata tra le mura del T.Passari.

Troppi gli elementi stridenti. La sua prima installazione aveva senso perchè rapportata al luogo in cui era nata e lei ha spiegato il perché; la sua unicità e irripetibilità, nel tempo e nello spazio, rappresentava la grandezza stessa dell’opera. Pertanto rivederla in un altro spazio, perde la sua forza e la sua unicità. Sono cambiate le forme, le contrapposizioni di forze e gli equilibri meccanici. Non più i cunei (foto. 2-3) a vigilare sugli equilibri instabili, ma piastre di ferro saldate e bullonate; il grande anello in ferro intorno alla trave verticale (foto.4-5), che sosteneva mediante un gioco di spinte la trave orrizzontale è stato trafitto da due bulloni passanti (foto. 8);

2.                                                           3.   

4.     5. 

6.    7.  

 8.

e poi la trave verticale (foto. 6-7), più lunga che nel torrione, che si reggeva sotto la spinta del pavimento e del soffitto, è stata impalata nel terreno (speriamo non cementata); gli equilibri, non più gli stessi, sono creati e controllati dal vento di tramontana (foto. 9-10-11).

9.     10. 

11.

12.

Caro Maestro, la sua opera prima non esiste più e se è vero, come è vero, che lei lavora rapportandosi ai luoghi e in un luogo diverso sarebbe venuto fuori un’opera diversa, questa nuova installazione non può più chiamarsi “Un altro orizzonte” (foto.12), perché è un’opera diversa dalla prima, anche la data della targa andrebbe cambiata (Video – seconda installazione).

Pertanto le chiedo umilmente di farci sapere se lei ha condiviso questa operazione di trasformazione della sua opera d’arte-installazione, oppure altri l’hanno dissacrata usandola come mero oggetto di marketing politico-turistico. Spero di non averla offesa, Maestro, rivolgendomi a lei in modo diretto e se ho sbagliato nell’interpretare la sua arte, mi perdoni; in tal caso la prego di contribuire, nelle sue possibilità, all’educazione del popolo (ed io umilmente ne faccio parte) alla lettura, alla comprensione e al rispetto dell’opera d’arte.

Cordiali saluti, Matteo d’Ingeo

              Seconda installazione

 

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