Omicidio Bufi, parlano i carabinieri assolti in Cassazione


conferenza stampa(4)di Lorenzo Pisani – www.molfettalive.it

Il prossimo 20 aprile la Corte di Cassazione potrebbe chiudere il processo sull’omicidio diAnnamaria Bufi, la ragazza molfettese trovata morta il 3 febbraio 1992 sul ciglio della statale 16bis. 

Si saprà se a commettere l’omicidio fu o no Marino Domenico Bindi, professore di educazione fisica che con la vittima aveva intrecciato una relazione extraconiugale. 

Diciannove anni dopo, una prima sentenza definitiva c’è già. La stessa Cassazione, il 19 gennaio di quest’anno ha assolto “perché il fatto non sussiste” Vito Lovino,Luigi PolicastriAntonio Rosato e Pietro Rajola Pescarini, all’epoca dei fatti carabinieri di stanza nella compagnia di Molfetta. 

I quattro militari furono accusati, in un processo parallelo, di una serie di ipotesi di favoreggiamentonei confronti dell’imputato Bindi e di falso riferito alla compilazione di un verbale di perquisizione. 

L’episodio principale ormai divenuto celebre nelle cronache – anche nazionali – ruota attorno a un paio di scarpe. Secondo le dichiarazioni rese agli inquirenti da alcuni carabinieri, furono ritrovate dai militari durante una perquisizione a casa dell’imputato, sporche di terriccio e – secondo un militare che però non prese parte alla perquisizione – con una macchia rossiccia in corrispondenza dell’alluce, valutata dai suoi colleghi come macchia di vernice. Il reperto, sempre secondo quest’ultimo carabiniere in servizio nella caserma di Molfetta, non fu sottoposto a perizia e fu riconsegnato a Bindi. 

L’accusa di falso si riferisce, invece, all’apposizione della firma di un altro carabiniere nel verbale di una perquisizione compiuta a Bisceglie, nella palestra del sospettato, Perquisizione a cui però il militare negò di aver mai partecipato, specificando di aver preso parte invece a quella in cui furono rinvenute le scarpe. Ma nel verbale riferito a quest’ultimo caso la firma del carabiniere non compare. 

Dopo le sentenze assolutorie di primo e secondo grado, i militari sono stati assolti anche dalla suprema corte. Un processo durato undici anni, che ha lasciato in loro profonda amarezza, come hanno dichiarato lunedì (assente solo Rajola Pescarini) in una conferenza stampa tenuta nello studio dell’avvocato Giacomo Ragno alla presenza della collega Rosita Petrelli.

«Queste sentenze – è scritto in una nota distribuita per l'occasione – non restituiscono l’onore, il decoro, la moralità, la professionalità a quattro militari, ma a tutti i carabinieri appartenenti alla compagnia di Molfetta ed alla intera Arma che ha, dapprima subito l’umiliazione delle intercettazioni telefoniche e poi imputata per lunghissimi anni di gravi reati». 

I due legali non escludono richieste di risarcimento danni per la “non ragionevole durata del processo”. Se ne saprà di più alla lettura delle motivazioni dell’ultima sentenza. 

«Sta di fatto – continua la nota – che si è cercato, attraverso questa indagine e questo processo, di risolvere problemi processuali sorti in quello madre di omicidio, in sostanza, si è voluta risolvere una indagine con un’altra indagine». 

«Un processo enorme», come ha affermato l’avv. Ragno. In cui «si sono citati una quantità di testimoni e prove non tutti necessari per l’accertamento della verità». 

Ha ribadito, l’avvocato molfettese, di aver cercato, anche in Cassazione, di far celebrare il processo quanto più celermente. Ed è tornato sull’episodio legato alle scarpe: «Il problema delle scarpe ritengo che non sia stato affrontato e non verrà affrontato dalla Cassazione». «La Cassazione – ha aggiunto la collega barese – si occupa di legittimità e quindi sulle scarpe si è ormai pronunciato il giudice primo e secondo grado; questo attiene all’attendibilità più o meno dei testimoni, ma è un giudizio che è stato suggellato da due sentenze che non possono essere più su questo argomento toccate». «Quello delle scarpe – ha proseguito – è un falso problema o un problema inesistente». 

Sulla «sciatteria investigativa», evidenziata nella sentenza di primo grado, l'avvocato Petrelli ha preferito glissare: «Quello è un altro processo nel quale noi non siamo interessati, non abbiamo possibilità di interloquire». «È fuori dalla nostra competenza» 

«Se si dovessero guardare con la lente d’ingrandimento – è la considerazione personale di Ragno – tutte le indagini a distanza di dieci anni, a distanza di vent’anni forse qualcuno riuscirebbe a trovare un po’ di sciatteria investigativa». 

Uno degli aspetti più contestati dall’accusa è quello legato a una conversazione intercettata, in cui si sarebbe fatto riferimento alla «buona fede» dei militari. 

«La maggior parte delle intercettazioni telefoniche – ha commentato Ragno – non hanno fatto altro che avvalorare la tesi difensiva dell’assoluta estraneità e innocenza sia di Rajola Pescarini che di Lovino». «Infatti – ha continuato – nelle sentenze di merito vengono, alcune intercettazioni, portate ad esempio specialmente nella sentenza di appello per escludere la responsabilità, cioè per evidenziare la buona fede degli interlocutori di quelle telefonate». «Io parlerei anche di mancanza assoluta di dolo», ha chiosato Petrelli. 

«Nel processo Bindi io non ho fatto un atto di indagine. Sono stato chiamato in causa per la questione delle scarpe a distanza di dieci anni». Questo il commento di Vito Lovino – all’epoca dei fatti comandante della stazione dei carabinieri – che, come ha precisato la legale di Bari «non ha mai partecipato alla perquisizione» al centro dell’accusa di falso legata alla compilazione del verbale. «Verbale che, ad onor del vero, non era nemmeno firmato», ha terminato Ragno.

Utilizzando il sito o eseguendo lo scroll della pagina accetti l'utilizzo dei cookie della piattaforma. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo. Altervista Advertising (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.) Altervista Advertising è un servizio di advertising fornito da Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Dati Personali raccolti: Cookie e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio. Luogo del trattamento: Italia – Privacy Policy: https://www.iubenda.com/privacy-policy/8258859 Altervista Platform (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.) Altervista Platform è una piattaforma fornita da Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. che consente al Titolare di sviluppare, far funzionare ed ospitare questa Applicazione. Dati Personali raccolti: Cookie e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio. Luogo del trattamento: Italia – Privacy Policy: https://www.iubenda.com/privacy-policy/8258716

Chiudi