foto di Felisiano Bruni (Rumore Collettivo)
di notriv-terradibari.blogspot.it
Martedì 22 settembre 2015 la Regione Puglia si è riunita in Consiglio in seduta monotematica sulle trivellazioni, così com’è era stato annunciato dal governatore Emiliano il 18 settembre durante la Conferenza delle Regioni del Sud presso la Fiera del Levante.
Il lago del Pertusillo è un bacino idrico-potabile che rifornisce anche l’Acquedotto Pugliese, alimentando la Puglia centro-meridionale (Taranto, Brindisi e Lecce) e settentrionale (le aree del barese) interconnettendosi, nel nodo idraulico Gioia – Bari, con le acque del Sele, che proviene dalla Campania.
La Regione Basilicata e l’ARPAB (Agenzia Regionale per l’Ambiente della Basilicata) da subito hanno minimizzato e rassicurato sull’appartenenza del Pertusillo alla categoria A2 (trattamento fisico e chimico: normale e disinfezione).
A rassicurare i pugliesi ci ha invece pensato Vito Palumbo, responsabile della comunicazione e delle relazioni esterne di AQP, affermando in un’intervista televisiva che il «potabilizzatore non preleva l’acqua in superficie o nel fondo, ma ad un livello intermedio dove l’acqua è migliore».
Alla luce di una nuova ondata di morìa di pesci verificatasi quest’estate, che qualcuno ha provato a spacciare come conseguenza del troppo caldo, e di nuove analisi che sono state effettuate e che rilevano la presenza di idrocarburi e di sostanze cancerogene negli stessi pesci [http://basilicata.basilicata24.it/cronaca/pesci-pertusillo-contaminati-16-idrocarburi-diversi-metalli-pesanti-microcisti-18487.php], crediamo che la Regione Puglia debba impegnarsi nel tutelare la salute dei propri cittadini.
Un’altra questione ci lega alla Basilicata ed è Tempa Rossa: un giacimento di idrocarburi situato nell’Alto Sauro, tra il parco regionale di Gallipoli Cognato e il Parco Nazionale del Pollino, un progetto che prevede lo stoccaggio a Taranto del petrolio lucano estratto dalle compagnie Total, Shell e Mitsui.
Nell’ottobre del 2001 viene costruito un oleodotto di 136 km che collega il Centro Oli di Viggiano con la Raffineria Eni a Taranto.
Un progetto che le compagnie petrolifere millantano essere a impatto zero, ma che invece andrebbe evidentemente ad incrinare ulteriormente gli equilibri alquanto fragili di entrambi i territori.
Durante la conferenza di servizi del 17 luglio 2014 con il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico, la Regione Puglia guidata da Nichi Vendola ufficializza il via libero al progetto, ignorando completamente sia il parere contrario espresso del Consiglio Comunale di Taranto sia il parere sfavorevole dell’ARPA.
«Gli impianti sorgeranno in un’area in cui la precedente caratterizzazione aveva evidenziato alcuni superamenti sia per il terreno che per la falda. […] L’esercizio di questi impianti comporterà un aumento delle emissioni diffuse pari a 10 tonnellate/anno che si aggiungeranno alle 85 tonnellate/anno (con un incremento del 12%). […] Vista la situazione di criticità ambientale di Taranto questa Agenzia ha evidenziato la perplessità di realizzare un simile impianto in quanto lo stoccaggio del greggio, che verrà mantenuto ad una temperatura di 40 gradi, comporterà la emissione di composti organici volatili, tra cui anche gli Ipa» [Parere dell’ARPA Puglia del 29 marzo 2011]
Il Comune di Taranto con una delibera del 5 novembre del 2014 ha provato ad opporsi al colosso del petrolio, escludendo dalla variante al piano regolatore del porto le due opere di Tempa Rossa – allungamento del pontile petroli e costruzione di due serbatoi di stoccaggio -, atto prontamente impugnato dall’Eni e accolto dal TAR di Lecce con sentenza del 17 giugno 2015.
È notizia di oggi che il progetto sembra aver subito un momentaneo arresto. La Total annuncia un taglio degli investimenti per il giacimento in Basilicata a causa del persistente andamento negativo della quotazione del petrolio.
Ricordiamo, infatti, che Il progetto Tempa Rossa, per il quale è stato approvato il 20 febbraio 2015 dal Ministero dell’Ambiente un apposito provvedimento per accelerarne i lavori, è stato dichiarato dal governo un’opera strategica a livello nazionale, tanto da far inserire nell’ultima legge di Stabilità del 2014 un emendamento che di fatto mette al riparo Tempa Rossa nella sua interezza: sbloccando “l’effettiva realizzazione dei progetti per la coltivazione di giacimenti di idrocarburi” e semplificando le procedure in merito alle infrastrutture necessarie allo sfruttamento del greggio.
Queste politiche, scellerate e miopi, porterebbero Taranto, città che ormai da decenni subisce i danni della devastazione ambientale prodotta dalle industrie, completamente al collasso; andrebbero ad incrementare un inquinamento, già presente allo stato attuale, delle falde acquifere e dei terreni lucani.
Taranto e la Basilicata sono il simbolo di un modello di sviluppo vecchio, privo di prospettive, che continua ad ingannare le popolazioni con il ricatto del lavoro.
I territori sono tra loro interconnessi, l’inquinamento ambientale e tutto ciò che questo comporta non conosce di certo confini.