Nuova udienza della Truck Center

Stamattina martedì 2 luglio 2013 si apre al Tribunale di Molfetta il processo contro la Nuova Solmine e Meleam Puglia sull’incidente che il tre marzo del 2008 causò la morte di cinque persone al Truck Center di Molfetta, all’interno di un tank container che stavano bonificando.

La drammatica vicenda del Truck Center di Molfetta è ancora aperta, nonostante due processi già svolti contro persone fisiche e aziende. Tra queste c’era pure l’Eni, che nel dicembre 2011 è stata assolta, insieme a sette dipendenti, nell’ambito del secondo filone del procedimento. Oggi si apre a Molfetta il terzo capitolo, che vede sul banco degli imputati le società Nuova Solmine e Meleam Puglia. La prima è l’impresa di Scarlino che era destinataria del carico di acido solforico, i cui residui nel tank container hanno sprigionato i vapori che hanno ucciso le cinque vittime. All’apertura del processo si svolgerà una manifestazione del Comitato 3 marzo, che segue la vicenda e che ritiene inadeguata l’assoluzione dell’Eni, perché il fatto non sussiste. “Si è soliti affermare che le sentenze vanno rispettate, ossia che vi si deve ottemperare, ma ciò, tuttavia, non significa che si debbano anche condividere. E quella in oggetto appare francamente offensiva, sia della logica e dell’intelligenza, sia della memoria delle vittime e della dignità dei cittadini nel cui nome è esercitata la funzione giudiziaria“, scrive il comitato in una nota.

Il caso Truck Center e l’assoluzione dell’Eni . L’analisi del Comitato 3 Marzo 

Il Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Trani, il 5 dicembre 2011, ha assolto l’Eni Spa e sette suoi dipendenti dall’accusa di omicidio colposo e lesioni colpose in relazione alla tragedia della Truck Center di Molfetta del 3 marzo 2008 “perché il fatto non sussiste”, con formula dubitativa, ossia ai sensi del 2° comma dell’art. 530 del Codice di procedura penale.
In altri termini, gli imputati sono stati assolti non perché ne sia stata ritenuta provata l’innocenza, ma per la mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova della loro colpevolezza. Il giudice ha, cioè, ritenuto che sussistesse un dubbio insuperabile sulla prova, tale da imporre di mandare assolti gli imputati persone fisiche e, conseguentemente, dichiarare l’insussistenza dell’illecito amministrativo dipendente da reato, addebitato alla società.
Il dubbio non ha riguardato il fatto che la ferro-cisterna contenesse acido solfidrico in quantità e concentrazione letali, che tale gas tossico abbia causato le morti e le lesioni del 3 marzo 2008, che ad immetterlo nella cisterna sia stata l’Eni, che le vittime fossero del tutto ignare del pericolo mortale che correvano introducendosi nella cisterna.
Fuori di dubbio è, altresì, che l’Eni fosse perfettamente consapevole della presenza del gas letale in quantità abnorme, a causa del malfunzionamento dei propri impianti.
Inoltre, è stato accertato che la stessa società, rilevato il problema, aveva deliberato di eliminarlo e di effettuare gli investimenti a tal fine, ma ne avesse rinviato l’esecuzione, evitando di sostenerne i relativi costi.
Altrettanto certamente consapevole della presenza abnorme di acido solfidrico nelle ferro-cisterne utilizzate per il trasporto di zolfo fuso era la Nuova Solmine Spa di Scarlino, destinataria del carico.
È stato pure accertato che, nel rapporto contrattuale di fornitura, le due società avevano omesso ogni riferimento alla presenza nelle cisterne di acido solfidrico, quale rifiuto tossico indesiderato derivante dalle operazioni di produzione e caricamento di zolfo fuso. Non, quindi, per caso o per errore, ma per preciso accordo tra le due parti contraenti, le ferro-cisterne non recavano le indicazioni della presenza dell’acido tossico e del pericolo mortale per inalazione del medesimo.
Pure fuor di dubbio è che l’acido solfidrico, in quanto rifiuto speciale, doveva essere smaltito in osservanza delle norme vigenti (D. L.vo 3.4.2006, n. 152) e comunque secondo procedure di tutela della vita e dell’integrità dei lavoratori e dei cittadini e della sicurezza ambientale, con conseguente sopportazione del relativo onere economico.
A tale proposito, due circostanze rimarcate nelle motivazioni di entrambe le prime sentenze relative al caso appaiono particolarmente significative nell’evidenziare la gravità delle responsabilità delle due imprese e dei loro soggetti agenti.
Da un lato, è emersa, sulla base delle deposizioni dei periti tecnici incaricati dal Tribunale, l’inesistenza di utili sistemi di captazione e rimozione dell’acido solfidrico dalle cisterne, per cui inevitabilmente il gas letale in gran parte restava all’interno delle stesse.
Per altro verso, gli stessi tecnici hanno sottolineato che anche nei limiti dei valori minimi, l’acido solfidrico che si libera dallo zolfo liquido quale reagente del medesimo può risultare mortale…
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