LA NUOVA MAFIA CHE ASSEDIA FOGGIA

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di GIUSEPPE CAPORALE – inchieste.repubblica.it

Un territorio sotto scacco

La provincia di Foggia è come Gomorra. Lo ricorda bene Roberto Saviano in un post pubblicato sul suo profilo Facebook, a proposito di uno dei tanti agguati sul territorio (il tentato omicidio di Mario Di Bari, un anno fa): “Il video di questa esecuzione mostra come Foggia abbia una realtà criminale del tutto ignorata eppure potente. Il territorio foggiano è infiltrato a ogni livello dall’organizzazione mafiosa ‘Società foggiana’ in grado di interloquire anche con ’ndrangheta e camorra. Foggia e tutto il Gargano vivono una pressione criminale spesso ignorata dai media nazionali. È proprio vero che se Bari ha la malavita, il potere mafioso pugliese è a Foggia e nel Gargano“. Saviano è tra i pochissimi a denunciarlo pubblicamente. Perché questa particolare e pericolosissima realtà è sottaciuta da tutti. Non la svelano i cittadini, non lo segnalano gli imprenditori. Le poche voci si colgono tra i corridoi del Tribunale: commenti sussurrati dalle forze dell’ordine davanti ad una strage che assomiglia ad un bollettino di guerra.

Si rubano più auto che nella sola Napoli. Si uccide con più arroganza e sfrontatezza che nel Casertano. Si spara per strada quasi ogni giorno tra Foggia, San Severo, Cerignola, Manfredonia e i paesini del Gargano (Apricena, San Nicandro, Rodi, Monte Sant’Angelo). Una situazione gravissima e allarmante. La gente e le stesse forze dell’ordine sembrano quasi assuefatte. Perché lo scontro appare quasi impari. Per i mezzi e le risorse messi in campo; per l’arroganza con cui i clan sfidano lo Stato, forti di un potere che non è mai stato scalfito. Anzi: negli anni si è rafforzato. Nell’aprile scorso un commando, armato di kalashnikov e di bombe a mano, ha tentato di assaltare un caveau di una società di raccolta e custodia del contante. Per realizzare il piano ha rubato camion e ruspe con i quali ha bloccato le vie principali di accesso alla città e l’ha tenuta in ostaggio per quatro ore. Ha incendiato i mezzi per frenare l’arrivo delle volanti accolte a colpi di Ak-47. Dopo un lungo e intenso conflitto a fuoco, il commando ha rinunciato al colpo e si è dato alla fuga.

E’ in queste zone che le telecamere di sorveglianza nei quartieri ce le mettono i boss, per controllare quando arriva la polizia. Ma non si tratta di ramificazioni della camorra, della ‘ndrangheta o di Cosa nostra. Non è il ritorno della Sacra corona unita. La mafia foggiana è autoctona. Non ha nulla a che fare con la malavita del Salento. E’ una realtà criminale che negli ultimi quindici anni ha fatto il salto di qualità, che non si limita più a rubare, ma tiene sotto scatto il territorio con le estorsioni, il monopolio degli appalti pubblici, il traffico di droga nei rioni dei palazzi popolari e perfino la raccolta dei pomodori, passando per il riciclaggio nei centri scommesse e nelle aziende del fotovoltaico.

“Non aspettiamo il morto eccellente”

Il documento che riportiamo in sintesi non ha bisogno di commenti. Basta leggerlo per capire cosa accade nel capoluogo pugliese. E’ la testimonianza diretta del nuovo Questore di Foggia, Piernicola Silvis: il racconto drammatico della battaglia che si combatte quotidianamente nella provincia. Un’audizione scioccante, dello scorso 28 giugno, davanti alla Commissione parlamentare per i reati contro gli amministratori pubblici, presieduta dalla senatrice Doris Lo Moro (Pd).

SILVIS. “Buongiorno signora Presidente, sono Piernicola Silvis e sono questore di Foggia. Vorrei tornare sul tema che stiamo affrontando, se me lo consente, perché io ho fatto il Questore anche in Sardegna, dove le minacce agli amministratori pubblici sono la quotidianità, come lo sono nella mia provincia; tuttavia cambia la forma mentis, perché tutto deve essere contestualizzato. In Sardegna c’è una forma mentis per la quale se, per fare un esempio, il sindaco Tonino ha negato una licenza all’amico Salvatore, è giusto che l’amico gli bruci la macchina: va avanti così da secoli”. “In questi territori”, prosegue il Questore, “c’è una considerazione diversa da fare. Ci sono delle spinte di tipo diverso, delinquenziale, volte a modificare gli assetti direzionali e politici di una determinata amministrazione. Non si può dire, quindi, che la Puglia, la Sardegna, la Calabria e la Campania sono uguali”.

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