Al processo dinanzi al tribunale collegiale di Trani sull’allegra gestione delle «multe» e sul voto di scambio in previsione delle elezioni amministrative 2006, ieri è stata la volta dell’interrogatorio dei principali imputati.
Ma se il dirigente dell’ufficio commercio del Comune di Molfetta Vincenzo De Michele si è sottoposto alle domande ed ha prodotto una memoria difensiva per respingere le accuse, l’ex assessore all’annona Pino Amato si è avvalso della facoltà di non rispondere.
A quel punto il pubblico ministero Giuseppe Maralfa ha depositato agli atti del dibattimento una dichiarazione, ritenuta eloquente, che lo stesso Amato il 3 marzo 2007 allegò ad un’istanza di revoca della sua misura cautelare.
«Non ho mai negato di essermi interessato – scrisse Amato – perché ad alcuni cittadini indigenti fossero ridotte le multe loro praticate, ma altrettanto fermamente ribadisco d’aver fatto ciò in perfetta buona fede. La mia esperienza, la sostanziale incompetenza delle funzioni assessorili e l’ignoranza della specifica normativa, che sapevo soltanto vagamente prevedere la possibilità di riduzione delle contravvenzioni senza però conoscerne i meccanismi e la titolarità, sono state purtroppo ulteriormente fuorviate dal sistema. Oggi posso dire distorto ma all’epoca ritenevo fisiologico in cui la gestione era in tali sensi e nel quale io mi sono inserito, senza evidentemente avere l’esperienza ed i mezzi culturali per apprezzarne le anomalie. Se il mio comportamento, che tuttavia intendo ribadire giammai è mai stato teso a conseguire un utile sul piano personale ma ad aiutare anche in altre vicende ancorché con mezzi pedestri i cittadini bisognosi, può aver, mio malgrado, comportato una distorsione delle funzioni pubbliche da me esercitate, ne faccio ammenda impegnandomi per il futuro a non reiterare tali condotte. Per quanto riguarda poi le altre vicende in cui mi si accusa di aver strumentalizzato la mia funzione pubblica per ottenere il consenso elettorale, riservandomi di offrire, come del resto ho già fatto nel corso dei due interrogatori, un più analitico esame delle predette vicende, mi preme sottolineare il contesto ambientale ancor oggi presente, non solo a Molfetta ma in ogni realtà italiana, nel quale mi sono trovato ad operare e che non consentiva in alcun modo di apprezzare il disvalore di un’esasperata ricerca del consenso».
A vario titolo sul banco degli imputati siedono anche il maresciallo Pasquale Mezzina, l’esponente di Forza Italia, Girolamo Antonio Scardigno, nonchè Gaetano Brattoli e Vito Pazienza.Patteggiarono, invece, davanti al gup l’ex comandante facente funzioni della polizia municipale Vincenzo Zaza e l’agente Gianfranco Piccolantonio.