Matteo d’Ingeo: «Con Natalicchio e Maralfa ho sbagliato. La muraglia? Ordinanza boomerang»

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Intervista rilasciata il 19 settembre scorso alla Redazione de L’altraMolfetta e curata da Cosimo de Gioia e Matteo G. Azzollini.

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Intervistiamo Matteo d’Ingeo, da trent’anni in prima linea nelle battaglie per la legalità e la prevenzione dei fenomeni criminali. Anche se alcune sue prese di posizione ci lasciano perplessi, esprimiamo la nostra incondizionata solidarietà per il suo impegno generoso, libero e disinteressato, nel contempo il giornale è a disposizione, come sempre, di chi ritenga di dover replicare.

Domanda: Lei è stato dalla prima ora sostenitore, sia pur nutrendo già all’inizio qualche diffidenza, dell’avventura amministrativa Natalicchio – Maralfa. Poi, accortosi da subito che qualcosa non andava, l’abbiamo vista allontanarsi bruscamente. Ci fa capire di più?

Risposta: Come ho sempre fatto in passato – e la mia storia è nota da Guglielmo Minervini in poi – ho sempre dato fiducia a chi mi chiedeva di offrire un contributo ad un progetto, l’ho fatto valutando essenzialmente il progetto. Al progetto Natalicchio, come ricordate, avevo aderito in prima battuta con l’assessore Maralfa, che conoscevo solo per la sua professione in ambito legale.

Un segnale incoraggiante lo avevo avuto inizialmente nelle riunioni alle quali ero invitato: lui era sempre circondato da giovani. Solo dopo, purtroppo, ho scoperto che molti di quei giovani facevano parte del suo studio e capii che la mia scelta era completamente sbagliata quando mi fu comunicato che “erroneamente” non erano riusciti a registrare il mio nome come indipendente della lista. Era un punto che avevo chiarito sin dall’inizio, ero indipendente così come mi sono sempre qualificato e ci tenevo che risultasse ufficialmente nelle liste dei candidati del Comune.

Ma non fu l’unico episodio ad infastidirmi; ci fu un altro episodio che mi allontanò ancora di più da Maralfa. Ne ho parlato pubblicamente l’anno scorso, in occasione della serata che dedichiamo ogni anno alla commemorazione del sindaco Carnicella. In quella occasione ho detto chiaramente, e lo ribadisco oggi, ciò che era accaduto l’ultima sera di campagna elettorale che si tenne il 24 maggio 2013 in piazza Paradiso. Prima di salire sul palco, vedo avvicinarsi persone che avverso nelle mie battaglie sulla legalità. Le vedo parlare con Maralfa che si intrattiene con loro; rimango sconcertato e quando lui ritorna gli dico: “Ti rendi conto che stasera sul palco devo parlare contro quelle persone affinché ritorni la legalità in piazza!”. Ma lui mi rispose seccamente gelandomi: “Matteo, in questo momento dobbiamo pensare ai voti”.

Il mio intervento sul palco fu molto duro e lo trovate sul nostro blog: fui chiaro contro quelle persone. Maralfa prende la parola dopo di me, si orienta con il corpo verso l’uditorio che aveva appena lasciato e fa un intervento contrario al mio. Naturalmente in quel momento mi arrivano i primi sms in cui la gente mi chiede: «Matteo, che cosa è successo?». Lì mi rendo conto di aver sbagliato ancora una volta.

Che cosa puoi fare la sera dell’ultimo giorno di campagna elettorale? Vado avanti ma poi tutto si chiude con il baratto del ballottaggio, quando Maralfa è andato da solo, senza di me né Sergio Magarelli (titolare di un’altra lista che lo appoggiava), a contrattare ciò che poi ha avuto senza fare l’apparentamento ufficiale che invece ha fatto Rifondazione Comunista.

Con quell’apparentamento sarebbe scattato l’altro seggio e quindi io sarei entrato in Consiglio comunale. Cominciò l’avventura. Avevamo già appoggiato Natalicchio nonostante le mie perplessità che avevo già espresso a marzo del 2013. Aveva senso un progetto di cambiamento e di rottura con il passato solo se si praticavano delle scelte nette: fuori dalle liste tutti coloro che avevano avuto responsabilità «con Azzollini», dicevano loro, noi dicevamo altro. Dovevamo andare indietro fino ad Annalisa Altomare ed oltre, quindi indietro di 30 anni.

La risposta di Natalicchio fu: «No, mi fermo solo a Tommaso Minervini, perché non posso includere Guglielmo Minervini e quindi non posso accettare questa proposta». Noi saremmo stati propensi a collaborare se ci fosse stata un’apertura di questo tipo, diversamente non eravamo interessati. Invece, dopo, mi sono ritrovato in quella storia. Il giudizio post campagna elettorale lo conoscete perché in questi tre anni non ho lesinato comunicati che attaccavano chiaramente vari aspetti a partire da quelli più spiccioli in su. Mi hanno riferito che un assessore ebbe a dire: «Se noi cadiamo, la colpa è di Matteo d’Ingeo – invero non mi sento così potente – perché lui con le sue osservazioni sottili ci mette in difficoltà ed altri strumentalizzano il suo lavoro per fare a loro volta battaglie contro di noi». Noi siamo abituati da sempre a vedere altri che strumentalizzano il nostro lavoro,  non ci danno problemi.

Se qualcuno ci accusa di non essere coerenti dicendo: «Tu prima aderisci e poi sputi nel piatto in cui hai mangiato», devo chiarire che io non ho mai mangiato in nessun piatto da sempre.

Tenga conto che, come ha ricordato, Bepi Maralfa è un avvocato penalista. Certi soggetti si conoscono per forza di cose. Piuttosto dovrebbe ammettere di essere stato politicamente ingenuo, oppure di immaginare una realtà utopica…

Devo ribadire che quello che voi chiamate ingenuità è altro, perché io, posto davanti ad un progetto, do sempre fiducia; però dal giorno dopo, insorgendo incongruenze, cambio atteggiamento … non perché io non abbia avuto il contentino. Non è questo il punto. Con Guglielmo Minervini sarei potuto diventare assessore, ma non era questo necessariamente il mio obiettivo. Allora avrei potuto barattare quello che volevo; anzi fui chiamato e mi fu chiesto: «Che vuoi?». Dissi: «Voi non avete capito nulla di me, io sono stato il primo eletto, perché la gente mi ha votato per il progetto che abbiamo presentato, e quindi chiedevo coerenza ».

Così come mi comporto a scuola e nella vita, voglio rimanere coerente: ho chiesto alla gente di votare nel ’94 quel libretto verde e poi non posso sentirmi dire: «Sì, quello lo abbiamo scritto ma mica è importante che lo si debba rispettare», lì ho sbattuto la porta. Sempre con riferimento alla mia presunta ingenuità, mi sono accorto in itinere, e poi ne ho avuto la certezza durante l’ultima settimana, di ciò che stava accadendo nella campagna elettorale. Tenete conto che i miei 250 voti sono esclusivamente miei, perché io non sono andato in cordata con nessuna donna della lista di Linea Diritta. Me ne accorsi una sera quando in giro per la città, incontro altri candidati della nostra lista che mi dicono: «Che cosa stai combinando? Ovunque andiamo tu ci sei!». Semplicemente io ho impostato la mia vita su determinati valori e su questi argomenti la gente mi conosce, mi valuta e mi vota. Quando si ebbe sentore che io sarei stato il primo eletto, accadde quello che di solito si fa in campagna elettorale in modo sporco; me l’hanno riferito alcune persone: la parola d’ordine era :“Togliete d’Ingeo, e mettete l’altro candidato”». Questa la manovra è stata fatta contro di me

In seguito a questa contrapposizione con l’ex assessore Maralfa lei ha subito denunce?

Mai, lui ha minacciato pubblicamente di volerle fare ma non mi è stato notificato mai nulla. In questo momento gli unici procedimenti penali in atto sono le denunce-querele contro chi mi ha aggredito o minacciato. Il primo è stato condannato un mese fa per le minacce del dicembre 2014 da me subita nel panificio Europa. Poi c’è la denuncia contro chi mi ha aggredito nell’aprile scorso. Invece, per assurdo, c’è una querela contro di me da parte di una persona che si è sentita offesa, nel suo onore, perché si è sentita coinvolta avendo io denunciato Sindaco e Vicesindaco su un tema di legalità in cui sostenevo che a Molfetta, se non incominciamo a chiudere le storie sull’occupazione abusiva di suolo pubblico, si dà inizio a quella serie di atteggiamenti che conducono alla nascita di fenomeni mafiosi. Sono certo che questa persona sia stata mal consigliata..

Lei si reputa un Don Chisciotte con ancora qualche Sancho Panza accanto, oppure si ritiene un Don Chisciotte solo e tenuto in disparte?

Non mi sento assolutamente un Don Chisciotte. Io sono un cittadino. La Subcommissaria, che mi ha ricevuto in Prefettura qualche giorno fa, mi chiese: «Perché fa queste battaglie, ha famiglia?». Le risposi: «Io le faccio da trent’anni e forse non riesco nemmeno io a risponderle … perché. Evidentemente, poiché mi comporto così sia a scuola, sia nella mia vita sociale, questo mio agire lo sento legato ad un’idea alta di cittadinanza attiva, del rispetto delle regole e della giustizia» e quindi non ho bisogno di sentirmi Don Chisciotte o di guardarmi al mio fianco se ce l’ho o se ho perso il Sancho Panza di turno. So solo che il nostro coordinamento, un gruppo ristretto di 10-15 persone, è molto affiatato. Noi non abbiamo tessere. Credo di poter dire orgogliosamente che passeremo alla storia perché il Liberatorio in questa città è l’unico movimento civico che è nato nel 2006 e ancora oggi è in buona salute perché i movimenti civici a Molfetta nascono e muoiono prima e dopo le elezioni.

È curiosa quella domanda fatta da un funzionario dello Stato.

Sì, però lei subito dopo, comprendendo quello che le stavo dicendo, ha aggiunto:  «Non le ho fatto questa domanda per dissuaderla. A me capita raramente di trovarmi di fronte cittadini come lei, magari ce ne fossero tanti». Mi rammarica, tuttavia, che spesso siamo ignorati dalle istituzioni: noi vogliamo aiutare ma la nostra attività viene intesa come un fastidio.

Come valuta l’esperienza amministrativa Natalicchio e il politico Natalicchio?

L’esperienza è estremamente negativa per tutto ciò che in premessa vi ho detto. Non sono valutazioni politiche ma credo che abbiano la loro valenza nella considerazione di ciò che è accaduto. Molto pressapochismo, imperizia e autostima agli eccessi: tutti aggettivi che purtroppo sono negativi ma che io ho riscontrato quando abbiamo avuto, quelle poche volte, un colloquio. Io cercavo di far capire certi errori e la risposta era: «No, che stai dicendo? Noi abbiamo interpellato …». Si può interpellare anche il più prestigioso degli avvocati o consulenti, io invece dico qualcosa che si basa sulla conoscenza del territorio.

Ho sempre ritenuto, e questo per loro è stata una grave mancanza, che per governare una città può anche non servire una grande sapienza tecnica, perché la base è la conoscenza del territorio e la conoscenza delle storie.È quello che io facevo con Guglielmo Minervini quando si insediò nei primi tre mesi e poi fui allontanato perché a qualcuno davo fastidio. Io ero lì con lui. Per tutte le persone che si prenotavano per avere un incontro, informavo preventivamente Guglielmo Minervini su chi fossero ed eventualmente su chi c’era dietro di loro. Credo di essere una piccola memoria storica di questa città perché negli ultimi trent’anni non ho mai smesso di leggere l’albo pretorio, i procedimenti amministrativi e gli atti giudiziari che hanno riguardato le vicende di questa città.

Non teme per la sua incolumità?

Temo ogni giorno. L’ho detto anche alla Sub-commissaria, lo dico anche ai miei alunni perché loro seguono gli avvenimenti ed anche loro mi hanno detto: «Chi glielo fa fare, Professore?». Io ormai sono entrato in questa ottica che può sembrare a qualcuno una pazzia, una mancanza di rispetto della mia persona. Ho detto alla Sub-commissaria: «Io esco di casa alle 7:00 ma non so se rientro la sera». È brutto dirlo, mi è costato molto sul piano affettivo, perché è difficile stare accanto a me, io vado per conto mio.

Faccio mio il motto salveminiano: «Fa quel che devi, accada quel che può».

Dico le cose che ho sempre voluto fare e le faccio né aspetto che altri le facciano. Anche nel nostro gruppo qualche volta affido il compito di preparare qualcosa ma quando passano alcuni giorni senza esito, lo riprendo io in carico.

La strada pensile sulla muraglia del centro storico è stata oggetto di un’ordinanza del Commissario Straordinario contro l’uso improprio (sedute, bivacchi, consumo di cibi e bevande) a favore della tutela della proprietà privata e della privacy di coloro hanno l’affaccio su di essa. Il vostro Liberatorio Politico ha emesso un comunicato in cui evidenzia un uso improprio di segno opposto, quello dei privati che con delle piante hanno circoscritto i perimetri intorno alle proprie abitazioni comprimendo il diritto del pubblico a fruire della servitù pubblica di passaggio. Ce ne parli.

Quel comunicato è stato fatto a più mani. Non avete idea di quanti messaggi privati e e-mail di protesta sto ricevendo da alcuni residenti della Muraglia. Non ho il tempo per fare dibattiti sui social, preferisco uscire con dei comunicati. Pare che qualcuno sia andato a lamentarsi al Comune: «Con quell’ordinanza ci avete messo alla berlina, avete fatto in modo che sembra indirizzata esclusivamente alla muraglia!».

È chiaro: nell’ordinanza è stato citato anche il Calvario e la scalinata di via Ugo Bassi ma poi non gli è stato dedicato nemmeno un rigo. L’ordinanza appare come la risposta ad una pressante richiesta di alcuni “abitanti” della muraglia. Ho questo sospetto perché alcuni dimenticano che io ho vissuto quindici anni sulla muraglia. Nessuna ambiguità, come sempre. Quando arriverà il momento, usciremo con un nuovo comunicato su questa storia: abbiamo tutte le determine, le delibere, i documenti relativi ai contenziosi tra i proprietari dei locali sottostanti che hanno avuto infiltrazioni e sono stati risarciti con migliaia di euro ogni anno.

Vi è addirittura un proprietario di un’abitazione con affaccio sulla muraglia che ha disposto tante fioriere da restringere il passaggio pubblico a 80 centimetri. Di lì è difficile passare. Qualcuno tra coloro che hanno i locali sotto la muraglia, inizia a fare questa riflessione: «Allora se io ho l’infiltrazione, il risarcimento lo devo chiedere ai privati che occupano la muraglia, non più al Comune». Quando venne fuori questo problema, scrissi un rigo in attesa di fare un comunicato. La mattina che pubblicarono l’ordinanza dissi: «Questa ordinanza tornerà a boomerang contro chi l’ha chiesta», perché se si dice che sono vietati i bivacchi e la consumazione di bibite, allora voi “abitanti” della muraglia, non solo occupate abusivamente il suolo senza pagare un centesimo, ma avete i tavolini, le sedie, consumate i gelati, innaffiate le piante. C’è chi addirittura fa colazione la mattina sulla muraglia e mette le foto su Facebook.

Allora se i bivacchi dei turisti e dei cittadini che transitano, sono vietati, dovranno smantellare anche i “bivacchi abusivi” dei residenti. L’altra sera mi è piaciuto vedere una mamma e papà col bambino piccolo che avevano consumato la pizza sui gradini all’inizio della muraglia, avendo sullo sfondo la luna. Si vuol togliere la gioia a questa famiglia che in silenzio era andata via da corso Dante per mangiare la pizza in un luogo dove non c’era nessuno? Dopo ha raccolto il cartone e faccio notare che sulla muraglia non c’è un cestino. Anche se un cittadino, camminando, entra sulla muraglia con un gelato, poi deve tener in mano l’involucro finché non torna su corso Dante.

Qual è la sua opinione sul Commissario straordinario alla luce dei recenti atti quali la nuova zona ztl, l’avvocato unico, l’ordinanza sulla muraglia e la raccolta dei rifiuti porta a porta?

Mi sono reso conto che lui, così come qualsiasi altra persona che arriva a Molfetta, si trova di fronte ad una situazione a dir poco ingovernabile, ereditando tante cose lanciate nel vuoto in attesa che caschino a terra, giusto per far credere alla gente che sono state fatte delle iniziative anche se mai portate a termine. L’Amministrazione che abbiamo avuto, può essere chiamata l’Amministrazione delle cose lasciate a metà.

Non sono riuscito a capire l’influenza che abbiano avuto alcune persone con cui ha collaborato o che ha conosciuto: per esempio per la ZTL, o per l’ordinanza sulla muraglia, che sarà stata sollecitata in modo pressante ogni mattina, o ancora per il prosieguo del porta a porta. Dunque non so in che misura sia stato indotto a prendere delle decisioni o in che misura siano solo frutto di una propria scelta. Posso solo mettermi nei suoi panni: io arrivo in un posto in cui non conosco nessuno, non so di chi mi devo fidare e quindi cerco di cogliere l’approccio anche con qualcuno che mi si presenta e dice: «Le faccio questa proposta» e la risposta è: «Vediamo».

Il caso che sta facendo più scalpore, riguarda l’affidamento legale del contenzioso comunale ad un avvocato unico; ho fatto una ricerca sui siti dei Comuni dove l’avvocato incaricato ha operato. Due di questi vedevano il dottor Passerotti commissario straordinario. Quindi, il fatto che nel bando ci fosse quella clausola di esperienza in specifici siti commissariati, fa nascere il dubbio che si sia trattato di una apposita scelta. Tuttavia occorre considerare che il Commissario, insediandosi, ha trovato a Molfetta una serie di incarichi super pagati, selezionati senza piattaforma amministrativa e persino, ricordo, consulenze al RUP del porto (che è già una funzione dirigenziale ben pagata a cui si assommava la richiesta di una costosa consulenza).

È chiaro che si è trovato di fronte ad una situazione disastrosa.Imponendosi l’esigenza di ridurre le spese per consulenze legali, avrà pensato ad una soluzione che garantisse la prestazione per un anno con un minimo dispendio. Mi spiego così il motivo per cui il Commissario avrà messo nel bando quella clausola di richiamo perché quell’avvocato è di sua fiducia. D’altra parte, come abbiamo visto per le municipalizzate, si può fare il bando, si possono raccogliere i curricula, ma decide sempre il Sindaco sulla base del rapporto fiduciario. In riferimento alla modalità di raccolta dei rifiuti porta a porta è innegabile, viste le proteste dei cittadini, che vada rivista.

Quale sarà l’argomento dell’incontro che avrà col Commissario?

Solleciterò l’attivazione del “Comitato comunale per la prevenzione dei fenomeni delinquenziali” e poi parlerò di una situazione iniziata già con l’Amministrazione Natalicchio.

In una pineta dell’ARCA, ex IACP, posta a ponente della città è nata un’edicola votiva dedicata ad una fantomatica “Madonna Regina delle Famiglie”. Vi è un paletto con una lapide e recentemente è stata allestita anche un’illuminazione con l’insegna “Ave Maria”. E’ prevista una recita del Rosario con fuochi pirotecnici a fine settembre. Poiché quella dello IACP è zona pubblica e non privata, già invitai la Subcommissaria ad interessarsi di questa mia segnalazione affinché si blocchino ulteriori iniziative. Un’altra cosa strana, che segnalai agli organi competenti, riguarda la ristrutturazione delle due palazzine 18 e 19 della Madonna dei Martiri, la prima ristrutturazione, quella di emergenza, fu data a trattativa privata con una modalità della quale parlandone con i Carabinieri, si dissero sorpresi: «Ma al Comune non sanno niente di questa cosa?».

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Un’altra cosa sospetta, che voi non avrete notato, riguarda una ristrutturazione privata fatta a Viale dei Crociati: in occasione della festa patronale è l’unico tratto di strada lasciato libero, dove non ci sono ambulanti a friggere cibi. Una concessione alquanto strana in favore di un privato.

Non teme che qualche volta alcune di queste sue argomentazioni possano cadere nella semplice dietrologia? Per esempio l’ultimo caso riferito, non è configurabile come una concessione ad un “signorotto” locale. Quando abbiamo seguito da vicino le attività del Comitato Feste Patronali, abbiamo visto quella persona, alla quale lei si riferisce, pagare l’obolo per quei posteggi in quanto voleva preservare la recente ristrutturazione del suo immobile.

Capisco che raccontando così questi argomenti mi sottopongo alla critica di eccesso di puntigliosità, però c’è l’esigenza di approfondire i singoli casi come per esempio quelli di occupazione abusiva o i casi di gente nullatenente che organizza feste in piazza  con fuochi d’artificio senza chiedere permessi.

Come valuta i rapporti di questi tre anni tra ambienti che lambiscono la criminalità e la Pubblica Amministrazione?

In maniera assolutamente negativa e ambigua. Soprattutto in certe situazioni, ad esempio in relazione alle licenze. Prendiamo in esame la vicenda del mercato Minuto Pesce. L’assessore Maralfa intervenne su Facebook scrivendo: «Preso il criminale: un ubriacone». Bene. Stiamo ancora aspettando di conoscere il nome di questo ubriacone! Lì sono accadute delle cose molto strane: alcune licenze sono state date dopo il fattaccio degli atti vandalici. Il tutto è avvenuto come se ci fosse stata una minaccia del tipo: «Ora abbiamo fatto questo, o ci date le licenze oppure può accadere dell’altro». Ormai ragiono così.

Ma questa è un’affermazione senza prove. E’ pura dietrologia…

Sarà pure dietrologia, ma basata su un ragionamento per il quale ciò che è avvenuto non è un caso: sembra una coincidenza strana. Anche in passato sono avvenute cose simili: dopo alcuni incendi, sono stati assegnati i box del mercato diffuso. A questo proposito io dico che i box che sono stati bruciati, devono essere smantellati perché sono gli unici due assegnati senza bando.

Per me hanno peso le dichiarazioni raccolte dalla Commissione del Senato per l’aggressione dei pubblici amministratori, presieduta dalla Senatrice Lo Moro. Lì è riportata un’audizione fatta al Procuratore aggiunto Pasquale Drago, presso la Prefettura di Bari, in cui è stato affermato che a Molfetta le vecchie famiglie del malaffare si stanno riorganizzando.

Noi abbiamo un bilancio pessimo del Comune a causa della pulitura indiscriminata dei crediti inesigibili e poi abbiamo strutture come le piscine dalle quali non si è percepito un euro ed ora sono distrutte.

Sulla piscina da qualche mese alla vecchia amministrazione avevamo chiesto di istituire una commissione d’indagine sulle responsabilità dirigenziali, prima ancora che fosse distrutta. L’ATI vincitrice del bando aveva preso l’impegno di costruire la piscina scoperta. È possibile che nessun dirigente si sia ricordato di questo impegno preso e nemmeno iniziato dopo oltre tre anni? Ho scoperto negli uffici che la piscina non poteva mai essere costruita perché esiste un contenzioso sulla sovrapposizione di particelle tra il Park Club e quella zona e quindi solo chi sapeva che la piscina non si sarebbe potuta costruire poteva dire «la faccio» tanto non la si potrà mai fare. Allora noi abbiamo chiesto una commissione d’indagine sulla vicenda perché se c’è qualcosa che non va, deve venire fuori.

È una questione che va ben oltre la cattiva gestione. Venne a trovarmi un avvocato che a proposito della commissione d’indagine mi disse: «C’è poco da indagare». Io sono d’accordo con lui, però prima approfondiamo e poi valutiamo.

Che prospettive hanno la piscina e la Cittadella degli Artisti?

Spero che facciano al più presto il nuovo bando per la piscina e per la Cittadella. Sulla Cittadella noi eravamo sul punto di fare una proposta per evitare il disastro che sarebbe peggiore di quello delle piscine, perché lì ci sono strumenti tecnici sofisticati che costituiscono un notevole patrimonio per il quale c’è bisogno di molta attenzione. La proposta è di darla in gestione provvisoria ad un pool di associazioni teatrali e culturali che gestiscono già degli spazi. Non sto pensando esclusivamente al Teatrermitage di mio fratello, le cui attività non le seguo più dal 1995, penso anche al Carro dei Comici, al Malalingua, ed altre.

Vi sono a Molfetta tre o quattro strutture che gestiscono degli spazi ed hanno esperienza nell’organizzare spettacoli teatrali e cinema.

Ma le spese di gestione, assicurazioni, guardiania, eccetera, chi le pagherebbe?

Secondo me il Comune deve assicurare un contributo minimo mentre le associazioni fanno la gestione corrente.

Dunque nella proposta ci sarebbe chi userà la struttura mentre altri, il Comune, pagherà il conto? È una proposta impraticabile sia per il numero elevato di associazioni teatrali, che confluirebbero nella struttura, sia per il relativo costo di manutenzione che non potrebbe essere supportato dal Comune.

No, non è questo il senso della proposta. È logico che in questo momento non può servire solo la guardiania notturna, perché certi materiali hanno bisogno di essere usati oppure si deteriorano o spariscono.

Non le sembra che quella struttura sia stata frutto di un parto discutibile vista la lontananza del parcheggio? È una struttura dalle grandi pretese e prospettive ma la gente, pensiamo al periodo invernale, è costretta a parcheggiare cento metri prima.

Noi, già in riferimento al bando, abbiamo avuto una posizione critica dall’inizio, sin dagli anni 2006-2007. Della logistica, poi, non ne parliamo. Lì a monte c’era una motivazione nella scelta logistica che serviva al recupero e alla prevenzione della criminalità, come supporto al quartiere Madonna dei Martiri, che ha tutta una sua problematica. Tuttavia dopo, questa motivazione non si è mai verificata, anzi, la struttura è stata sempre frequentata da un livello sociale medio-alto.

Quindi all’inizio eravamo anche propensi a quella scelta se la finalità fosse rimasta quella del recupero sociale, però nel tempo questa si è persa. Oggi noi siamo favorevoli al rilancio della struttura. Si faccia un nuovo bando e nelle more che questo avvenga, per evitare che vada in malora come la piscina, proponiamo di fare una gestione alla pari con il Comune e con chi è addetto ai lavori, per evitarne che nei mesi la struttura e le sue attrezzature vadano perse.

Che ne pensa, a proposito di bilancio, di un impianto sportivo comunale che viene concesso a privati alla cifra irrisoria di poco più 500 euro annui?

È una storia vecchia. Ricordate quanto pagavano negli anni ’90? Mille lire. Sin da quand’ero consigliere lavoravo anche su queste storie, per esempio per i locali di Molfetta vecchia dati agli artisti con un contributo veramente ridicolo. Dissi no, facciamo un bando e fissiamo la quota da pagare, che può essere sicuramente minore rispetto al mercato, però il Comune non deve perderci,.

Come mai lei ha sempre puntato il dito contro le impareggiabili attività concertistiche della Fondazione Valente e mai nei confronti della prevalente attività di suo fratello “Ti fiabo e ti racconto”?

Perché nel consiglio di amministrazione dell’ass. Tetrermitage, o delle altre associazioni locali, non c’è il Comune che è parte integrante come il CDA della Fondazione, ed io ho chiesto sempre le carte della rendicontazione dell’attività ma non mi sono state mai consegnate. Inoltre mi sembra che i generi concertistici proposti non siano del tutto aderenti al volere del fondatore, riportato nello statuto.

A noi pare che le sue osservazioni abbiano connotati di contrasto “ad personam”. Non è stato assolutamente stravolto il dettato statutario della Fondazione, in quanto molti concerti sono stati offerti gratuitamente anche a giovani e scolaresche. Inoltre la Fondazione ha sponsorizzato giovani talenti molfettesi.

Ribadisco che non mi interessano le rendicontazioni e i bilanci delle associazioni culturali molfettesi anche se prendono contributi pubblici. Occuparsi della Fondazione Valente è diverso perché io vorrei chiedere conto al Comune che fa parte del CDA.

 

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