Marcone, un mistero foggiano lungo 29 anni. I sospetti dell’epoca e le rivelazioni dei pentiti di oggi

Il 31 marzo 1995 l’omicidio del direttore dell’Ufficio del Registro. Riflettori mai spenti sugli interessi di mafia e mattone ma ancora nessun colpevole – fonte: Francesco Pesante – www.immediato.net

Ventinove anni dall’omicidio di Francesco Marcone e ancora nessun colpevole. Foggia non dimentica il direttore dell’Ufficio del Registro ucciso il 31 marzo 1995 nell’androne del palazzo dove abitava. Un fatto di cronaca avvolto nel mistero, ma mai archiviato nella mente della magistratura locale. Durante una cerimonia organizzata per ricordare Marcone, il procuratore Ludovico Vaccaro ha fatto sapere che il caso è sempre lì in un cassetto, pronto ad essere riaperto, magari anche con l’aiuto dei recenti pentiti di mafia.

L’omicidio e i sospetti dell’epoca

Marcone venne giustiziato con due revolverate alla nuca in un edificio di via Figliolia, traversa di corso Roma. La vittima parcheggiò la Panda, entrò nel palazzo stringendo in mano un paio di buste con all’interno alcune pratiche, ma dopo aver salito pochi gradini una persona nell’ombra lo uccise e si dileguò. Erano le 19:20 del 31 marzo 1995.

Poco dopo giunse la figlia Daniela, oggi rappresentante di Libera, l’associazione contro le mafie. “Quello è mio padre!”, urlò. La famiglia della vittima riferì agli inquirenti che Marcone, direttore dell’ufficio del Registro di Foggia, aveva presentato un esposto pochi giorni prima di morire. Scrisse: “L’ufficio non si avvale di figure intermediarie ma provvede alle comunicazioni ed alle notifiche direttamente ai soggetti interessati”. Fu un modo per avvertire notai, commercialisti e ragionieri di non dar retta a faccendieri pronti a spacciarsi come intermediari del Registro, promettendo favori per il disbrigo di pratiche.

Ad un paio di mesi dall’agguato, fu arrestato un funzionario del Ministero delle Finanze mentre vennero indagati a piede libero un costruttore foggiano e un imprenditore originario di una provincia campana. Il costruttore era accusato solo di abuso, mentre funzionario e imprenditore finirono tra i sospettati per la morte di Marcone. Le indagini ruotarono attorno ad una possibile maxi evasione fiscale legata alla compravendita di terreni su verde agricolo o privato, ma destinati a suoli edificatori. Pratiche che erano sulla scrivania di Marcone il quale avrebbe potuto disporre accertamenti che avrebbero costretto gli interessati a pagare l’imposta Invim (sul valore aggiunto degli immobili) e la somma sarebbe stata molto elevata, intorno al miliardo di vecchie lire. Il funzionario fu sospettato di aver favorito imprenditore e costruttore rivelando come muoversi per pagare meno tasse. Ma nel 1998 la vicenda cadde nel vuoto e il gip, su richiesta della stessa procura, archiviò le accuse di omicidio ritenute assai deboli.

Nuova svolta nel maggio del 2001, quando un ex impiegato dell’ufficio del Registro fu destinatario di un’informazione di garanzia, sospettato di aver custodito la pistola (mai ritrovata) utilizzata per uccidere Marcone e che in origine apparteneva ad una guardia giurata. Anche al vigilante giunse l’informazione di garanzia per le ipotesi di simulazione di reato, cessione di arma e favoreggiamento. Il 16 febbraio 2002, l’ex impiegato del Registro morì in un incidente stradale mentre il 24 luglio 2004 il gip archiviò le accuse. Vani i tentativi successivi, anche fino a pochi anni fa, di riaprire il caso Marcone, tutt’oggi uno dei grandi misteri di Foggia.

I pentiti

In attesa di conoscere le verità dei recenti collaboratori di giustizia, primi fra tutti i fratelli Ciro e Giuseppe Francavilla, un altro pentito, Patrizio Villani, ex killer della batteria Sinesi-Francavilla ha riferito agli inquirenti ciò che è di sua conoscenza su alcuni gravi fatti di Foggia. Ad esempio che nel 1992 fu Federico Trisciuoglio, boss morto nel 2022 dopo lunga malattia, l’esecutore materiale dell’omicidio dell’imprenditore Giovanni Panunzio e non Donato Delli Carri. Quest’ultimo, nipote del boss Roberto Sinesi, prese comunque parte all’agguato e fu l’unico ad essere arrestato e condannato per quella vicenda. I giudici gli inflissero 27 anni anche grazie alla testimonianza di Mario Nero.

Federico Trisciuoglio

Sempre la mafia foggiana sarebbe responsabile degli omicidi di Nicola Ciuffreda,imprenditore edile freddato con sette colpi d’arma da fuoco nel suo cantiere nel 1990 e di Francesco Marcone. Riguardo a Ciuffreda, Villani ha spiegato che l’autore dell’agguato sarebbe stato ancora una volta Trisciuoglio, ma secondo un altro collaboratore di giustizia, fu opera di Roberto Sinesi ed Angelo Gallucci, quest’ultimo deceduto nel 2005 per le ferite riportate in un attentato. Va detto, però, che Sinesi e Gallucci, inizialmente incriminati per l’assassinio di Ciuffreda, vennero assolti.

Riguardo a Marcone si trattò di una vera e propria esecuzione con chiare modalità mafiose. Secondo le ricostruzioni, del tutto parziali, sarebbe stata opera della mafia foggiana su ordine giunto dal mondo del mattone.

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