Mafia: neri, rossi e boss. Chi comanda a Roma

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di LIRIO ABBATE e MARCO LILLO – espresso.repubblica.it

È l’inchiesta più clamorosa dell’ultima stagione, l’incredibile ragnatela di potere creata intorno al Campidoglio da Massimo Carminati. Adesso quella rete di malaffare viete setacciata da un saggio scritto da Lirio Abbate de “l’Espresso” e da Marco Lillo de “il Fatto”. “I Re di Roma” (Chiarelettere, 256 pagine): prende il titolo dall’inchiesta giornalistica del nostro settimanale che nel 2012 svelò la spartizione criminale delal metropoli capitolina, prima ancora che le indagini ne ricostruissero l’organizzazione. Ecco in anteprima il capitolo finale, sulla matrice politica di questo scandolo: a comandare era il terrorista mai pentito che dava ordini a uomini di destra e sinistra.

In libreria per Chiarelettere il nuovo libro inchiesta di Lirio Abbate e Marco Lillo: ”I Re di Roma. Destra e sinistra agli ordini di mafia capitale”. Una storia incredibile, che è poi diventata l’inchiesta di Pignatone e che propone al lettore una mappa inquietante e dettagliata di ”un sistema criminale senza precedenti, che ha dominato Roma con la complicità di politica e istituzioni. Un sistema che pesa sui cittadini con disservizi visibili ogni giorno”.Intervista di Silvia Garroni

E dunque “Mafia Capitale” è di destra o è di sinistra? Massimo Carminati è il capo dell’organizzazione ed è un ex Nar, non certo un ex Br. Poche storie: «mafia Capitale» è di destra. Gaber risponderebbe: eh no, sembra facile. Il Nero è socio dipendente di una coop rossa, la 29 giugno, dunque lo vedi che «mafia Capitale» è di sinistra? L’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, è indagato per associazione mafiosa con Buzzi e Carminati, dunque «mafia Capitale» torna a destra. Sì, ma Giuliano Poletti, da capo della Legacoop, andava a cena con uno dei capi di «mafia Capitale», Salvatore Buzzi, e dunque è di sinistra. Sì, ma a quella cena c’era pure il manager dell’Ama legato ad Alemanno, Franco Panzironi, dunque è di destra. E Ignazio Marino si faceva finanziare la campagna elettorale dalla coop rossa 29 giugno, quella che poi lucrava sugli immigrati, lo vedi che è di sinistra?

Peccato che la coop 29 giugno finanziava la fondazione di Gianni Alemanno, mica quella di Renzi, quindi è di destra. Dimentichi che il Rosso finanziava anche le cene elettorali dell’attuale premier, quindi è di sinistra. Sì ma Buzzi faceva il tifo per il centrodestra alle elezioni comunali del 2013 e poi, per cambiare il bilancio del Comune a favore della sua cooperativa, sono intervenuti Massimo Carminati e il segretario del sindaco Alemanno, mica Che Guevara. Quindi è di destra. Il bilancio del Comune con le correzioni a favore della coop amica di Carminati, però, poi lo approvavano anche i consiglieri del Pd, quindi «mafia Capitale» è di sinistra.

Alla fine forse è più corretto prendere atto che «mafia Capitale» è sia di destra che di sinistra, ma tradisce insieme i valori della destra e quelli della sinistra. Chi fa saltare le regole della concorrenza e del libero mercato, chi usufruisce di sconti e condoni per continuare a violare la legge, come hanno fatto Buzzi e Carminati, è la negazione dei valori della destra economica e sociale. All’opposto, chi usa persino il disagio degli immigrati, dei nomadi e dei senzatetto per gonfiare il proprio portafoglio compie il peggiore tradimento possibile ai valori della sinistra.

Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra? Se «mafia Capitale» fosse solo di destra o solo di sinistra, sarebbe più facile da combattere. Invece, gli affari rossi e quelli neri si mescolano e diventano verdi: il colore dei soldi.

Carminati è socio della coop di Buzzi che con una mano scrive discorsi di ringraziamento al ministro Poletti e al premier Renzi e con l’altra sostiene e finanzia le elezioni di Gianni Alemanno. L’ex collaboratore di Veltroni, Luca Odevaine, è lo sponsor delle cooperative care al Vaticano e a Giulio Andreotti. Dov’è la destra e dov’è la sinistra? Sono in parlamento e governano insieme da molti anni, prima con Mario Monti, poi con Enrico Letta e ora con Matteo Renzi. Non è un caso se l’opposizione si è rivelata inefficace sia nell’era Veltroni che nell’era Alemanno. Solo il lavoro del Ros dei carabinieri e dei magistrati della Procura di Roma ha scoperchiato il verminaio che oggi, a prescindere dalle possibili condanne, è già sotto gli occhi di tutti.

In tutte le indagini maggiori del 2014, dall’Expo al Mose fino a «mafia Capitale», sono emerse tre costanti: la presenza di finanziamenti non trasparenti alle fondazioni dei politici di destra e di sinistra; la nomina di manager incapaci e asserviti al potere politico a capo delle municipalizzate, delle società miste e dei consorzi pubblici che gestiscono le grandi opere; l’alleanza tra coop rosse e coop bianche per entrare negli appalti maggiori. Se il governo Renzi avesse voluto, avrebbe potuto approvare un decreto per intervenire su questi problemi composto di tre articoli: tutti i finanziamenti a una fondazione nella quale figuri un politico in qualsiasi veste, non solo quelli ai partiti, devono essere resi pubblici su internet; i manager delle municipalizzate, delle società miste e dei consorzi che devono gestire soldi pubblici sono scelti con concorso nazionale per titoli, primo dei quali la fedina penale intonsa; le cooperative che sono sorprese a truccare le gare o a corrompere pubblici ufficiali perdono ogni beneficio di legge dal punto di vista fiscale.

In pochi giorni l’ampia maggioranza destra-sinistra che ha dominato la scena della politica italiana negli ultimi anni avrebbe potuto risolvere i tre problemi posti dall’indagine su «mafia Capitale». Non ci sarebbero stati più i finanziamenti «segreti» della coop rossa a Gianni Alemanno né le nomine di soggetti condannati per ricettazione come Riccardo Mancini a capo dell’Eur Spa. Le cooperative rosse sarebbero state più accorte ad assumere un tipo come Massimo Carminati. Invece il governo Renzi ha preferito proporre l’ennesimo pacchetto di grida manzoniane che aumentano le pene minime senza sfiorare i veri nodi delle fondazioni, delle municipalizzate e del sistema cooperativo.

Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra? All’indomani della scoperta di «mafia Capitale», l’animo dei politici è confuso, molto confuso. E non solo a livello locale. Il presidente del Consiglio Renzi difende il suo ministro Poletti, fotografato quando era responsabile delle coop, insieme a Buzzi, e dice: «È un galantuomo». E annuncia il commissariamento del Pd romano con Matteo Orfini. Il premier è «sconvolto, perché vedere una persona seria come il procuratore di Roma parlare di mafia mi colpisce molto. Vale per tutti il principio di presunzione di innocenza e il governo ha scelto Raffaele Cantone per l’anticorruzione. Certe vicende fanno rabbia, serve una riflessione profonda». E ancora: «Certo, l’epicentro è l’amministrazione di Alemanno, ma alcuni nel Pd romano non possono tirare un sospiro di sollievo». E così il presidente di Dem annuncia che il partito a Roma è «da rifondare e ricostruire su basi nuove». Ci sono un assessore e il presidente del consiglio comunale indagati e dimissionari e altri esponenti sotto inchiesta. E il sindaco Ignazio Marino parla di «pressioni» sulla sua amministrazione e assicura che «ha sbarrato le porte a chiunque volesse influenzarla in qualsiasi modo». E dell’ormai ex assessore alla Casa, Daniele Ozzimo, indagato e dimessosi, che nel rimpasto di giunta era in predicato per assumere le deleghe al sociale, dice: «L’ho conosciuto per la sua forza nell’imporre la legalità».

ALEMANNO: “PENSAVO 
CHE CARMINATI FOSSE MORTO”
Il ciclone giudiziario soffia anche su quello che è stato il partito di Silvio Berlusconi a Roma, il Pdl. A cominciare da Gianni Alemanno, ex sindaco, indagato per associazione mafiosa, che appena ricevuto l’avviso di garanzia si autosospende dagli incarichi in Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale e afferma su “Libero” e “la Repubblica”: «Un anno e mezzo fa, dopo il primo articolo de “l’Espresso” sui “quattro re di Roma”, tra cui Carminati, che io non ho mai conosciuto, anzi pensavo fosse morto oppure in pensione, sono cominciate le allusioni. Allora chiesi ai miei collaboratori: ma voi avete contatti, ci parlate? Fu un coro di no». La scena che descrive l’ex sindaco potrebbe essere quella di una commedia. Ma la storia è seria per poterci ridere sopra. E Alemanno ribadisce la propria innocenza: «Due cose non rifarei. La prima: trascurare la composizione della squadra. Ho sbagliato i collaboratori. Ma è capitato pure a Veltroni con Odevaine, che era il suo vicecapo di gabinetto e che io ho allontanato appena arrivato in Campidoglio. La seconda: non aver agito in totale discontinuità con il passato». «Salvatore Buzzi – aggiunge Alemanno – il patron della cooperativa 29 giugno, io l’ho trovato ed è cresciuto sotto le amministrazioni di sinistra. Non volevo fare la figura del sindaco di destra che caccia tutti quelli di sinistra».

Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra? Fra intercettazioni e sviluppi investigativi, nell’inchiesta finiscono nomi di politici, non solo quelli indagati ma anche altri che, pur non essendo stati colpiti da provvedimenti giudiziari, vengono trascinati in questa storia dai protagonisti dell’indagine. Nelle lunghe conversazioni spunta anche il nome di un altro politico di destra, l’ex ministro Ignazio La Russa. Di lui parlano Pozzessere e Carminati: «Ignazio doveva mette’ a pareggia’ all’interno… i conti di Ligresti… Ignazio faceva… fa il capo bene lui… me lo ricordo, da ragazzini era così, eh, io quando andavo a Milano… la federazione del Mis erano solo loro, lui, Romano, er padre… vanno ai congressi e gli rompono sempre il cazzo al padre, gli dicono che era mafioso perché era amico di Ligresti … è Ligresti che viene da me, no io che vado da lui».

E c’è anche Gianni Letta, l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Buzzi punta alla gestione del Cara di Castelnuovo e ottiene un incontro con Letta per tentare di sensibilizzare il prefetto di Roma. Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra?
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