Mafia a Bari, «Cucumazzo voleva uccidere Vincenzo Anemolo». I verbali di interrogatorio

Avrebbero ucciso l’ex sodale Fabiano Andolfi, 33 anni, perché aveva deciso di affiliarsi ad un altro clan, pretendendo però di continuare a spacciare a Carrassi. Ma altri episodi di sangue avrebbero potuto consumarsi tra il 2017 e il 2018 nell’ambito delle fibrillazioni tra organizzazioni criminali. Qui di seguito lo stralcio delle dichiarazioni  di uno degli indagati, Domenico Milella, sentito nell’ambito delle indagini della Direzione distrettuale antimafia, sfociate negli 11 arresti di questa mattina.

MILELLA: «Perché questi casini li ho saputi dopo la morte di Fabiano, perché Fabiano quando è morto Filippo Capriati si iniziò un po’ a… voleva capire ancora noi eravamo complici noi il Gruppo Palermiti, parlo di me, noi, ma tutti, Eugenio, Gianni etc etc Diceva che Fabiano stava facendo a modo suo e Filippo Capriati voleva capire voleva un incontro con noi per capire se noi eravamo complici, se abbiamo dato la “spalla” a Cascella o a Vincenzo Anemolo; invece noi non sapevamo proprio niente di questi fatti qua, hanno agito Anemolo e Cascella per i fatti loro».

PUBBLICO MINISTERO:  E quindi? 

MILELLA : «E poi Filippo Capriati volle un incontro e ci incontrammo».

P M: Chi?

MILELLA : «Filippo Capriati, io e Palermiti Giovanni».

P M:  Dove vi siete incontrati?

MILELLA : «Praticamente ci trovammo giù alla casa di Filippo Capriati e disse “Io volevo capire perché fra noi c’è un’amicizia così così” E noi dicemmo la verità “Noi non sappiamo niente”. Allora lui disse “Vedi che io so che Vincenzo Anemolo e Cascella c’entrano in mezzo a questo fatto. “Noi non sappiamo niente”».

P M: Noi non sappiamo niente è quello che ha detto lei?

MILELLA: «Si, dell’omicidio e fino allora era vero che non sapevamo niente. Poi Gianni Palermiti andò a parlare con Franco Cascella che gli spiegò tutta la situazione. Certamente non gli disse: “Ho mandato io a uccidere …” però gli fece capire la situazione che c’entravano loro. Palermiti Giovanni venne a parlare con me e disse “Questo è un altro casino perché adesso Filippo Capriati penserà che noi siamo coinvolti, che sappiamo qualcosa di questo fatto e si inizierà un po’ a preoccupare, Filippo Capriati”. Io gli dissi: “Senti, digli la verità, digli che…” dice :” No, non possiamo dirgli la verità che è stato Cascella e Vincenzo Anemolo”. E io “Va bene e che cosa dobbiamo fare. Dobbiamo nascondere a questa persona che c’entrano loro in mezzo  a questo fatto?” Mi dissero “No, noi dobbiamo dire niente dobbiamo andare a negativo, perché Cascella ha detto che non bisogna dire niente, e dobbiamo andare a negativo che non siamo stati noi. E basta”».

Milella aggiunge poi di aver saputo dallo stesso Cascella delle confidenze fatte da «Mimmetto» (Domenico Giannini) ad Emanuele Petroni circa le modalità dell’omicidio e del timore nutrito quanto alle possibili conseguenze della scelta di collaborazione. Il colloquio avviene in carcere, «Mimmetto» è alla prima sezione, Milella alla quarta. 

MILELLA: «Cascella lavorava al barbiere del carcere. Si incontrarono e gli disse il fatto che aveva Petroni e gli disse “Ma tu hai detto qualcosa a Petroni?”».

PUBBLICO MINISTERO: Come facevano a sapere che Petroni aveva collaborato?

MILELLA: «Eh, si sapeva già dal secondo, terzo giorno si sapeva».

PUBBLICO MINISTERO: Quindi?

MILELLA : «Perché lui ha un suocero che è di Japigia ed è amico… diciamo un amico nostro, Augusto si chiama. Quando seppe questo fatto gli disse: “Tu gli hai detto qualcosa a Petroni di questo fatto, del fatto nostro?”».

Così Milella conferma che il tam tam del carcere era già in possesso di tutte le informazioni. Milella riferisce anche che i rapporti tra Cucumazzo e Vincenzo Anemolo si sarebbero incrinati, dopo l’omicidio, per via del fatto che, a fronte dell’esecuzione del mandato ad uccidere, Anemolo avrebbe fatto mancare a Cucumazzo i  mezzi di sostentamento che questi si sarebbe aspettato di ricevere sul presupposto di essersi reso disponibile a compiere una così efferata azione di fuoco. Questa lamentela sarebbe stata a base della tensione maturata tra i due, al punto da far progettare a Cucumazzo di uccidere il suo padrino. Ad evitare la degenerazione si sarebbe reso necessario l’intervento di Gianni Palermiti su richiesta di Franco Cascella, preoccupato che quella tensione potesse nuocergli («questi si stanno litigando succederà un casino e stanno parlando troppo di questo fatto qua»).Milella riferisce di essere stato convocato poi da Gianni Palermiti ed informato della necessità di rivolere la situazione L’incontro sarebbe avvenuto nell’abitazione di Filippo Cucumazzo e nell’occasione questi avrebbe rappresentato il suo proposito di uccidere Anemolo, chiedendo gli venissero procurate delle armi.  «Questo si frega i soldi… Vincenzo Anemolo si frega i soldi dai cantieri, incassa 7/8.000 euro al mese dai cantieri, da queste cose qua, e a me mi manda 2/3.000 euro. Io ho il frigorifero vuoto. Ho fatto una cosa per lui lo sanno tutti». Milella dice  a Cucumazzo: «Vabbè non parlare di queste cose». Ma Cucumazzo insiste: «No, io l’ammazzo, lo devo ammazzare».

Milella spiega la scintilla della faida mai esplosa: «Poi quelli volevano fargli l’agguato a lui, lui voleva fare l’agguato a loro. Insomma non si riuscivano più a gestire. Infatti fu preso con la pistola. Voleva le pistole, voleva le armi da noi per uccidere a Vincenzo Anemolo e noi dicemmo “Noi non possiamo darti ami, non ne abbiamo armi” dicemmo così “Non ne abbiamo perché già i casini nostri sono assai, mo ci mettiamo pure in mezzo ai casini”. Questo fu tutto».

fonte: CARMELA FORMICOLA – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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