La Bari sotterranea e quella sospesa. La città oscura dei cunicoli, delle gallerie e quella luminosa dei tetti. La prima è una città sotto la città nascosta e dimenticata da molti ma non da tutti. Non si tratta di itinerari archeologici tra i suggestivi tesori nascosti ma un reticolo di piccole gallerie senza uscita, di cantinette, di cunicoli a volte ciechi che collegano le abitazione della città vecchia, seguendo spesso i percorsi in superficie dei vicoli, degli slarghi.
L’altra, è sui tetti del borgo, nelle soffitte, sui terrazzini delle case più vecchie, abbandonate, a tre metri sopra il cielo, preziose vie di fuga. È in queste due dimensioni che si trovano le «cupe», i rifugi, i ricoveri, i nascondigli che i clan radicati nella parte più antica della città, utilizzano per custodire i propri tesori. In una di queste cupe, ricavata sul tetto di un immobile fatiscente ed in abbandono, il 9 ottobre del 2016 gli investigatori trovarono, nascosto sotto erbacce e piccole macerie, un borsello al cui interno erano custodite 42 dosi di eroina e 23 stecche di hashish.
La scoperta fu fatta durante una perquisizione in casa di Nicola Girone, 41 anni, meglio noto negli ambienti criminali con il soprannome di «Barabba» già arrestato e condannato nel maxi blitz «Agorà» a carico del clan Strisicuglio, quale esponente di spicco del gruppo Milloni che aveva il suo «mandamento» proprio in quella parte di Bari Vecchia, contesa al controllo dei Capriati. In casa di Girone le forze dell’ordine ci arrivarono inseguendo un piccolo spacciatore che si era rifugiato in Corte Alberolungo e che riuscì a seminarli saltando sui tetti e poi probabilmente nascondendosi nella città sotterranea. Girone quel giorno di quattro anni fa era in casa dove stava scontando gli arresti domiciliari per fatti di droga.
Nell’abitazione non venne trovato nulla ma gli investigatori sapevano che c’era una Bari «sottosopra», nei cunicoli e sui tetti. Per questo estesero la perquisizione fino a trovare, sul lastrico solare di un vecchio edificio cadente, di fronte alla abitazione di «Barabba» il borsello con la droga. Lo accusarono di essersene disfatto prima del loro arrivo. I sui difensori gli avvocati Massimo Roberto Chiusolo e Daniela Castelluzzo, nel processo che si è celebrato davanti al Gup del Tribunale di Bari, invece, hanno sostenuto l’innocenza del proprio assistito depositando una relazione tecnica da cui emerge come «il tetto su cui fu sequestrato lo stupefacente potesse essere raggiunto anche at- traverso altre vie».
L’accesso a quel tetto dove la droga venne trovata era possibile non solo «dalle finestre dell’abitazione del Girone» che non diventava così l’unico sospettato. Il giudice tenendo fondate le ragioni addotte dalla difesa dell’imputato, ha assolto Nicola «Barabba» dalla grave accusa per non avere commesso il fatto. Nicola Girone, due settimane orsono ha goduto dell’annullamento con rinvio da parte della Cassazione della sentenza di secondo grado che lo condannava al carcere nel processo scaturito dall’inchiesta «Agorà», procedimento che ha visto l’assoluzione del «padrino» del clan Domenico Strisciuglio, 49 anni, detto «Mimmo la Luna» in carcere da più di 20 anni. La Suprema Corte ha di fatto confermato il quadro già emerso nei primi due gradi di giudizio, ossia che a muovere le fila dell’organizzazione criminale più estesa, radicata, militarizzata e agguerrita di Bari e provincia, almeno nel periodo preso in considerazione (tra il 2011 e il 2015) sarebbero stato Sigismondo Strisciuglio, 47 anni, fratello di Mimmo anche lui detenuto da molto tempo.
Sarebbe lui già da tempo il «padrino» della famiglia regnate al Libertà, a Bari Vecchia, San Girolamo, Carbonara, Santo Spirito, San Pio e San Paolo. È diventata pertanto definitva la condanna a 20 anni di reclusione per «Gino la Luna» che vede allontanarsi il giorno della sua scarcerazione. Per Girone invece, unico caso, l’annullamento con rinvio ha determinato la necessità della celebrazione di un nuovo processo.