fonte: CHIARA SPAGNOLO – bari.repubblica.it
Cinque minorenni utilizzati come spacciatori dal gruppo criminale legato ai clan baresi Capriati e Diomede, che non si faceva scrupolo a vendere droga neppure sui gradini di una scuola elementare di Modugno. E’ l’operazione che ha messo in salvo i ragazzini, quella portata a termine dai carabinieri della Compagnia di Modugno, che hanno fatto finire 26 persone in carcere e 6 ai domiciliari, con la regia della Direzione Distrettuale antimafia.
Nove minori ( di età compresa tra i due e gli undici anni) sono stati inoltre tolti ai genitori, perché sono stati arrestati sia il padre che la madre, e affidati ad altri familiari, in alcuni casi i nonni, in altri gli zii. L’inchiesta è nata dalla sparatoria verso la casa di un pregiudicato agli arresti domiciliari, avvenuta il 4 dicembre 2014. Dalle prime dichiarazioni della vittima designata sono partiti i riscontri, avvalorati da un’attività investigativa classica, da pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali, telecamere piazzate in diversi punti di Modugno.
La cittadina alle porte di Bari era diventata il fortino di un sodalizio che faceva riferimento contemporaneamente ai gruppi baresi Capriati e Diomede e da loro acquistava cocaina, hashish e marijuana, da rivendere al ritmo di cinquanta dosi al giorno. A capo dell’associazione a delinquere – come hanno spiegato il procuratore Giuseppe Volpe e l’aggiunto Francesco Giannella – Lorenzo Siciliani, gia arrestato nel giugno scorso nell’operazione Pandora, nonché Valentino Martino, Domenico Moretti e Giuseppe Pastore.
Un ruolo di primo piano nell’organizzazione era inoltre svolto da quattro donne, che si adoperavano per spacciare la droga ma anche per custodirla e per tenere i contatti con i detenuti, come ha chiarito il sostituto procuratore Renato Nitti, che ha coordinato le indagini. Si tratta di Grazia Bellomo (moglie di Massimo Ricupero), Katia Franco (moglie di Massimo Cirillo), Beatrice Fanelli (sposata con Valentino Martino) e Angela De Meo (moglie di Fabio Ferrarese).
Nelle quatto famiglie lo spaccio di stupefacenti era diventato un lavoro a tempo pieno, a cui entrambi i coniugi si dedicavano nonostante la presenza di bambini, in alcuni casi molto piccoli. Per questo motivo è stata applicata pedissequamente la norme che prevede l’affidamento ad altre persone e i ragazzini sono finiti tutti a casa di parenti. Dei cinque minori coinvolti nell’attività di spaccio, invece, quattro sono diventati nel frattempo maggiorenni e sono stati destinatari delle misure cautelari mentre la posizione di un minorenne e’ al vaglio della procura dei minori.