“Ho pagato i giudici”. Il dossier di D’Introno e i soldi nello IOR

fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it  -14 maggio 2019

LECCE — Cinquecentomila euro all’ex pm di Trani Antonio Savasta, qualche decina di migliaia al collega Luigi Scimè e più di un milione all’ex gip Michele Nardi, che ne fece finire una parte su un conto aperto alla Ior, la banca del Vaticano. E poi i soldi per farlo scappare alle Seychelles ed evitare che raccontasse agli inquirenti cos’era il “sistema Trani“, i diamanti, i viaggi, un orologio rolex per Nardi: l’imprenditore di Corato Flavio D’Introno ha confermato nell’incidente probatorio davanti al gip di Lecce Giovanni Gallo l’esistenza di un gruppo di magistrati corrotti, che per anni a Trani avrebbero dirottato inchieste e processi in cambio di mazzette. D’Introno ha parlato al cospetto delle persone che ha accusato, consegnando un memoriale di 65 pagine in cui chiarisce alcuni episodi che la procura di Lecce vuole blindare per portare prove solide al processo. Nel quale D’Introno — che dei magistrati tranesi è stato il principale corruttore — chiederà il rito abbreviato, puntando allo sconto di pena in virtù della sua collaborazione. Proprio l’atteggiamento collaborativo, del resto, gli ha con-sentito di evitare la misura cautelare, disposta a gennaio (con l’accusa di corruzione in atti giudiziari) per Michele Nardi, Antonio Savasta e Vincenzo Di Chiaro. Tutti e tre finirono in carcere, Savasta poi ottenne i domiciliari grazie alla confessione. L’ex pm ha ammesso di avere ricevuto mazzette da D’Introno e dall’imprenditore Paolo Tarantini, che sarebbe stato “spolpato” dalla cricca, pagando circa 400mila euro. II magistrato di Barletta ha seguito passo passo le dichiarazioni del suo principale accusatore e lo stesso ha fatto Nardi, arrivato in tribunale con la polizia penitenziaria, visto che è ancora detenuto nel carcere di Matera. A bersagliare D’Introno con un fuoco di domande, la pm Roberta Licci, che sta coordinando l’indagine dei carabinieri insieme al procuratore Leonardo Leone de Castris. Nessuno vuole dire cose inesatte — ha spiegato l’avvocato dell’imprenditore, Vera Guelfi — si cerca di essere precisi nonostante alcuni ricordi siano lontani nel tempo. Non è lui che accusa, ha risposto alle domande e raccontato fatti“. Ha parlato del processo Fenerator, che gli è costato una condanna per usura, e di come Nardi gli avrebbe fatto credere di poterlo aiutare a evitare la pena. E anche di Gianluigi Patruno, il falso testimone che sarebbe stato assoldato per accusare i messi comunali di Corato che gli avevano consegnato delle cartelle esattoriali. La vicenda Patruno è quella che ha indotto i pm a trascinare nell’inchiesta l’avvocato Giacomo Ragno e il carabiniere Martino Marancia, che all’epoca dei fatti prestava servizio per I’allora procuratore di Trani, Carlo Maria Capristo. Ragno e Marancia — secondo l’ipotesi accusatoria, avvalorata sia dalle dichiarazioni di D’Introno che di Savasta — “avrebbero individuato Patruno come soggetto disponibile a rendere false dichiarazioni”. Patruno avrebbe poi ricattato Savasta, costringendolo a chiedere una mazzetta a Paolo Tarantini. Quest’ultimo ha già confermato di essere stato tenuto sotto pressione da Nardi e Savasta, consegnando loro rispettivamente 200mila e 65mila euro. “So che Tarantini ha pagato i magistrati — ha detto D’Introno — perché me lo ha raccontato lui”. All’agenzia viaggi di Tarantini, inoltre, Savasta si sarebbe rivolto per comprare il biglietto aereo per spedire D’Introno alle Seychelles, con l’obiettivo di bloccare la sua volontà di svelare le tangenti pagate a Trani. “Il biglietto poi non lo comprarono direttamente — ha dichiarato —ma mi diedero 1.800 euro necessari per acquistarlo“. La fuga alla fine sfumò e l’imprenditore scelse di parlare, “ma solo di recente ho raccontato tutto ai pm di Lecce, perché temevo che Nardi e Savasta sarebbero arrivati anche a loro“.

la Repubblica del 14 maggio 2019

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