«Madoff» barese inchiesta su vendita di case fantasma

di Nicola Pepe 

www.lagazzettadelmezzogiorno.it

BARI – Troppi collegamenti, troppe coincidenze e anche qualche pezzo di carta compromettente. L’inchiesta sul «Madoff» di Bari, il 44enne ingegnere faccendiere (Francesco D. N. residente in un attico del Murat) indagato per truffa e falso per avere, secondo l’accusa, raccolto denaro da decine di persone investendolo in operazioni finanziarie in Borsa o in un fondo chiuso svizzero, si arricchisce di un nuovo filone. 

Come già annunciato nei giorni scorsi dalla Gazzetta, una delle attività finite sotto la lente di ingrandimento era la vendita fittizia di prestigiosi appartamenti in via Calefati: in pratica l’ingegnere si sarebbe reso responsabile di «promesse» di «acquisto di alcune unità immobiliari del complesso «I Giardini Murat», oggetto di una opera di riqualificazione – unitamente all’attiguo palazzo ex Carime – da parte della società Carlyle group. Un business, quello delle finte vendite, che vedrebbe iscritto nel registro degli indagati una seconda persona (forse di una società immobiliare che non è Carlyle) in più occasioni notato in compagnia dell’ingegnere. 

E’ questo il nuovo tassello che si aggiunge al complesso mosaico che sta ricostruendo la Guardia di finanza nell’ambito di una gigantesca frode su larga scala che vedrebbe coinvolti vip e gente comune ingannata dalla promessa di un investimento sicuro. Lo spunto con il nuovo filone investigativo sarebbe dato proprio da alcuni episodi legati alla truffa dei prodotti finanziari, partita proprio dopo la disavventura di un commesso al quale era stato promesso un appartamento in cambio di 15mila euro. Tale costo rappresentava il costo dell’atto, peccato che dopo il bonifico non avrebbe fatto seguito alcun trasferimento. 

Sotto i riflettori anche altre operazioni finanziarie comunque ricollegate alla presunta compravendita fittizia: e c’è chi avrebbe subito un danno non indifferente incantato dall’affare della sua vita e che alla fine si è rivelato un bidone. Nel mirino del «Madoff» di via Argiro sarebbero finiti comuni impiegati o operai, ma anche commercianti e professionisti tra cui due notai: con uno di questi – che avrebbe investito cifre consistenti – i movimenti sarebbero stati anche di 100mila euro in un periodo del 2009. E ancora: versamenti da e per clienti (anche una nota gioielleria del Brindisino), tutti in nome della normale corresponsione di interessi. Tuttavia, per la procura – che ha confermato la presentazione di diverse denunce (il pm inquirente è Emanuele De Maria) – l’ingegnere si sarebbe reso responsabile di attività fraudolenta. 

Tra i casi più significativi vi è quello di un commesso di un noto negozio di abbigliamento di via Putignani a cui il «Madoff» di casa nostra avrebbe sfilato poco più di 70mila euro, i risparmi di una vita di lavoro destinati ad acquistare l’appartamento alla figlia. Su «input» dell’ingegnere l’uomo sarebbe stato invogliato a non dare alcun acconto nell’immobile ma ad investire il denaro al fine di capitalizzare quella somma per poi ritrovarsi un gruzzolo nel giro di poco tempo. Anche in questo caso, dopo i primi versamenti, i pagamenti si sarebbero interrotti. Inutilmente il commesso ha cercato di recuperare il capitale (frutto di una regolare operazione da banca a banca): il denaro sarebbe stato inviato a un funzionario di un istituto di Bergamo che avrebbe a sua volta girato i soldi all’ingegnere. E alla richiesta di restituzione, la risposta sarebbe stata picche: «Questi soldi non sono miei». Ve l’immaginate uno che riceve un «regalo» sul conto e non si chiede il perché? Tuttavia se si è trattato di un postagiro (destinatario finale l’ingegnere) questo è già documentato ed è agli atti. E proprio i rapporti con le banche sarebbero finiti sotto la lente di ingrandimento dei militari della Fiamme gialle. Dopo l’input arrivato dal nucleo valutario di Roma, i finanzieri hanno ricostruito i voluminosi frutti di traffico di valuta attraverso i conti correnti dell’ingegnere non sempre accompanati dalla «dovuta» segnalazione. Tuttavia, l’acquisizione dei tabulati dei movimenti di denaro – fatti soprattutto attraverso l’internet banking – avrebbe portato all’interrogatorio di diverse persone chiamate a chiarire i rapporti con l’ingegnere e soprattutto la natura delle singole operazioni finanziarie. 

A partire da domani, l’attività dei militari della Guardia di finanza si dovrà concentrare sulla ricostruzione del complesso mosaico: l’indagine deve infatti fare i conti anche con persone che non hanno presentato denuncia per timore dell’apertura di indagini a loro carico sulla provenienza del denaro. 

Nel mirino degli inquirenti una terza persona, un architetto, Vito M. (coinvolto nello scandalo della formazione professionale) anche lui indagato per altre truffe con le stesse modalità dei facili interessi per gli investimenti nel fondo svizzero. Dal confronto delle denunce bisognerà accertare eventuali collegamenti: in tal caso, l’accusa potrebbe sfociare anche nell’associazione per delinquere.

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