Leonardo Loiacono, all’epoca dei fatti funzionario di Rfi (Rete ferroviaria italiana), è finito agli arresti domiciliari con le accuse di corruzione aggravata dall’aver agevolato un gruppo mafioso, al termine dell’inchiesta della Dda di Napoli che ieri ha portato all’esecuzione di 35 ordinanze di custodia cautelare. – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
Avrebbe chiuso un occhio sulle modalità con cui sono stati eseguiti lavori di ammodernamento della rete ferroviaria in alcune stazioni della Puglia – tra cui Bari (dalla stazione Centrale a Torre a Mare, Parco Nord e Santo Spirito), Taranto, Trani, Bisceglie, Molfetta, Barletta – per favorire una ditta vicina al clan dei Casalesi. Un ingegnere di Noicattaro, Leonardo Loiacono, all’epoca dei fatti funzionario di Rfi (Rete ferroviaria italiana), è finito agli arresti domiciliari con le accuse di corruzione aggravata dall’aver agevolato un gruppo mafioso, al termine di un’inchiesta della Dda di Napoli che ieri ha portato all’esecuzione di 35 ordinanze di custodia cautelare.
Loiacono deve rispondere di un solo capo di imputazione, relativo a una presunta somma di denaro ricevuta da due dipendenti della ditta Tec “per evitare ogni intoppo, rallentamento o difficoltà nell’esecuzione, nonché contestazioni in ordine alla tempistica, di alcuni lavori di adeguamento e manutenzione ferroviaria, che la Tec stava eseguendo all’interno di varie stazioni della Puglia”.
La società – hanno ricostruito gli investigatori – era formalmente intestata a Carmelo Caldieri e Luca Caporaso, ma di fatto riconducibile e Nicola e Vincenzo Schiavone. In Puglia si era aggiudicata diversi subappalti dalla Macfer, per interventi di manutenzione di alcune stazioni dei quali Loiacono era direttore dei lavori e con lui sarebbe stato instaurato un dialogo proficuo. A luglio 2018, però, c’erano stati dei cambiamenti al vertici degli uffici di Rfi, dei quali l’ingegnere e un referente della Tec discutevano in una telefonata intercettata. Il nuovo capo, in particolare, si era mostrato molto attento a come venivano effettuati i lavori nelle stazioni, e anche ai tempi di consegna, e questo avrebbe potuto comportare problemi alla ditta. Alla quale giungevano le rassicurazioni di Loiacono: “Stai tranquillo, finché ci sono io non succederà nulla”.
Sei giorni più tardi, gli investigatori hanno intercettato un’altra conversazione tra due referenti della Tec e un certo Loiacono (probabilmente Luciano, figlio dell’ingegnere anche lui indagato), nel quale i tre si davano un appuntamento. “Questo era da parte di Leo (Caldieri)”, dicevano i due campani al pugliese. “Grazie e arriverderci”, rispondeva lui, tanto che pochi istanti dopo i due che gli avevano consegnato la busta commentavano: “Si è preso i soldi e se ne va”. Per la Procura, in quel momento, sarebbe stato consegnato il prezzo della corruzione.