L’affondo del procuratore generale Maruccia: “Sono i politici a rivolgersi ai mafiosi e non viceversa”

fonte: Francesco Oliva – www.corrieresalentino.it

Un affondo amaro nel bel mezzo della sua “requisitoria” rivolto ai colletti bianchi della città di Lecce: “Sono i politici a rivolgersi ai mafiosi per avere il consenso elettorale, non viceversa”. Il cambio di passo della Procura viene certificato in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario direttamente dal procuratore generale della Corte d’Appello di Lecce, Antonio Maruccia. L’attenzione degli inquirenti è ormai rivolta a recidere i legami che, per anni, sono rimasti silenti tra la politica e la criminalità organizzata un tempo difficilmente esplorabili per esigenze investigative differenti. Ora, invece, si può.

L’attività investigativa ha depotenziato le organizzazioni criminali e gli inquirenti hanno tempo, risorse e disponibilità umane per esplorare il sottobosco di connivenze che si è annidato per tanto tempo nella “terra di mezzo”. E la più alta carica requirente non si è sottratta a evidenziarlo. I politici chiedono il voto. Si avvicinano ai mafiosi. Hanno bisogno di quel serbatoio per veicolare consenso e voti. E non viceversa come, invece, accadeva fino a qualche anno fa. Chiaro il riferimento all’inchiesta sull’assegnazione degli alloggi popolari a Lecce che ha investito politici e assegnatari illegittimi di una città. “Fa veramente male leggere di un appartamento confiscato alle mafie che si voleva assegnare illecitamente al familiare del capoclan, in corrispettivo dei favori ricevuti dai criminali”, commenta in aula il procuratore generale.

Una sconfitta per tutti. Per il sistema politico, una sberla al lavoro della polizia giudiziaria, della magistratura, uno schiaffo all’Agenzia per i beni confiscati che aveva assegnato quell’appartamento al Comune di Lecce, alla società civile sana, agli insegnati, ai sacerdoti e alle associazioni di volontariato. C’è amarezza ma anche voglia di riscatto nelle parole del Procuratore generale della Corte d’appello: “Sarà che avrò una sensibilità particolare per la pregressa esperienza di Commissario di governo ai beni confiscati” ha commentato in aula.

Da qui si riparte. Anzi si è già ripartito. Il nuovo corso, tracciato dal Procuratore Capo Leonardo Leone De Castris, è già iniziato. Inaugurato mesi prima con l’inchiesta “Antiracket” che ha scoperchiato i primi collegamenti tra politica e criminalità organizzata. Così come le indagini che hanno interessato i Comuni di Sogliano Cavour, Surbo e Parabita, sciolti per infiltrazioni mafiose. Un lavoro di squadra, sinergico, coordinato dall’aggiunto della Dda Guglielmo Cataldi. Tanto che nonostante il vuoto di organico di 4 magistrati su 20, l’ufficio è riuscito a ridurre le pendenze dei procedimenti di oltre 2mila e 400 fascicoli passando da 12mila e 680 a 10mila e 236. Una riduzione superiore al 20% dei procedimenti contro noti che premia l’impegno e la bontà delle scelte organizzative.

Ma non c’è solo il dato quantitativo. C’è l’impegno quotidiano su vari fronti rimarcati dal procuratore generale: le molteplici iniziative del pool delle fasce deboli; la costante attenzione all’ambiente con la tutela delle coste e del territorio; le confische rilevanti per qualità e valore; i controlli di legalità attivati per gli impianti Tap di San Foca. Ambiente, infiltrazioni, rispetto delle persona anche se la Procura leccese non ha mai accantonato la lotta contro la criminalità organizzata, fiore all’occhiello per anni di un ufficio che, coordinato dall’ex procuratore Capo Cataldo Motta, è stato assurto a modello per le Procure di tutta Italia. Operazioni, quelle citate, come “Oceano”, “Contatto“, “Federico II”, “Diarchia”, “Off Side” e l’ultima in ordine cronologico “Vele”.

Anche perché, come rimarcato da Maruccia, il core business delle organizzazione rimane sempre il traffico di droga seppur dotate di una struttura minore rispetto al passato. Il passato con uno sguardo al futuro. Depotenziata la forza armata dei clan, gli inquirenti confidano di ricostruire fatti di sangue con le nuove collaborazioni che continuano a caratterizzare la locale criminalità mafiosa (di recente sulla scena si sono affacciati due nuovi pentiti: il boss di Casarano Tommaso Montedoro e il capoclan di Sogliano Cavour Vincenzo Antonio Cianci). Nonostante arresti, sequestri, confische e condanne, gli incassi, però, sono sempre ingenti e, come confermato dallo stesso Maruccia, i rilevanti proventi sono utilizzati per interventi nell’economia legale con operazioni di riciclaggio e reimpiego come ha confermato la recente inchiesta “Labirinto”.

Gli elogi ai suoi colleghi sono stati dispensati anche per una’indagine che ha toccato direttamente il Palazzo di Giustizia con l’arresto del pubblico ministero Emilio Arnesano. A testimonianza di una magistratura irreprensibile anche quando si tratta di vagliare condotte opache di chi ha lavorato per anni in ufficio. “Sono stati gli accertamenti disposti dalla magistratura requirente di Lecce a dare corso alle indagini”, ha riferito Maruccia in aula. “E ora l’Autorità giudiziaria competente dovrà accertare il rilievo penale dei fatti e la responsabilità delle persone. La magistratura di Lecce ha però dimostrato di avere gli anticorpi per mantenere alta la tradizione di onestà, serietà, impegno e competenza che in questi decenni hanno sempre contraddistinto la sua azione meritandole la gratitudine, il rispetto e l’alta considerazione dei cittadini e dell’istituzioni locali e nazionali in virtù dei successi della sua azione contro la criminalità e per l’affermazione in tutte le sedi del principio di legalità”. Da qui si riparte per il nuovo anno giudiziario che sembra aver tracciato una nuova linea investigativa senza tralasciare la lotta contro i reati che, fino a qualche anno or sono, erano autentiche criticità e priorità.

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