La lunga storia del porto “insabbiato”- seconda parte

La lunga storia del porto “insabbiato”- Pubblicato su “l’AltraMolfetta” di Giugno 2022 – prima parte 

Seconda parte

Sullo sfondo rimangono le responsabilità politiche e amministrative, per cui spesso la gente comune si chiede: Ma il sindaco, e il responsabile del procedimento dei lavori sul porto, possono non sapere che nel cantiere avvengono delle violazioni degli accordi contrattuali, dal momento che tutte le certificazioni vengono trasmesse alla stazione appaltante?

E la domanda, allora come oggi, è di grande attualità, specialmente se all’orizzonte ci sono quasi 7 milioni di euro, che la Regione Puglia ha stanziato per un ulteriore dragaggio del bacino portuale dopo quello avvenuto tra settembre e ottobre del 2011. Allora ci furono grandi festeggiamenti per l’arrivo in porto della grande draga “Machiavelli”, non tanto grande quanto la “D’Artagnan” prevista nella gara d’appalto e mai arrivata a Molfetta.

Quindi, all’orizzonte, abbiamo l’attività di dragaggio che è annunciata da molto tempo, ma non si conosce ancora la data d’inizio dei lavori perché c’è da fare la preventiva bonifica bellica delle aree da dragare. Ma, ancora prima della bonifica e del dragaggio, c’è da costruire una nuova “vasca di colmata” per raccogliere il materiale estratto dal dragaggio. Di questo ci occuperemo di seguito, ora invece cerchiamo di capire come si è giunti alla necessità di un nuovo dragaggio.

Già in passato, tra il 2014 e il 2016, la Capitaneria di Porto di Molfetta aveva ricevuto diverse segnalazioni dai piloti a bordo delle navi che, nell’espletamento delle manovre in ingresso e uscita, riscontravano un progressivo insabbiamento dei fondali all’interno del bacino portuale, in particolare in prossimità delle banchine di ormeggio delle navi mercantili.

Solo dopo parecchi anni, tra il mese di dicembre 2019 e marzo 2020, la Soc. “NUOVA OCEANUS ORCA s.r.l.” di Trani su commissione della Regione Puglia eseguì i rilievi batimetrici necessari.

Successivamente, con nota prot. n.4437 in data 08.04.2021, la Capitaneria di porto di Molfetta evidenziava alla Regione Puglia e al Comune di Molfetta le criticità rilevate, richiedendo, contestualmente, al fine di non limitare l’operatività portuale, di valutare l’opportunità di effettuare degli interventi di dragaggio nelle aree di più basso fondale e, in generale, dell’intero bacino portuale interessato dal traffico mercantile.

Nel frattempo erano arrivati i dati dei rilievi batimetrici, ma la Capitaneria di Porto con nota prot. n.5159 in data 22.04.2021 informava la Regione Puglia e il Comune di Molfetta, che i dati comunicati risultavano notevolmente discordanti da quelli riportati sulla carta nautica ufficiale, e si richiedeva, conseguentemente, l’effettuazione di nuovi rilievi secondo il “Disciplinare tecnico per la standardizzazione dei rilevi idrografici” dell’Istituto Idrografico della Marina.

Il giorno 4 maggio 2021 con ordinanza n.18, la Capitaneria di Molfetta limita l’ingresso nel porto di Molfetta solo alle navi con pescaggio massimo di 5,7 metri e lunghezza massima di 120 metri fuori tutto. La decisione giunge al termine di una lunga verifica che ha permesso di constatare la riduzione dei fondali del bacino portuale all’ingresso del porto, all’interno del bacino di evoluzione, e lungo le banchine nn. 1, 2 e 3 del Molo Foraneo del porto di Molfetta destinate all’ormeggio delle unità mercantili.

La drastica decisione fu presa nelle more di ulteriori nuovi rilievi, condotti secondo il disciplinare tecnico, e degli interventi di dragaggio che la Regione, come si è detto, ha già finanziato, ma non possono cominciare per i notevoli ritardi accumulati nel cronoprogramma dei nuovi lavori portuali in corso. A questo punto della narrazione, avendo introdotto il tema del dragaggio, torniamo a parlare delle “colmate” che sono strettamente collegate ai dragaggi.

Infatti dal 2004 in poi sia i decreti di Compatibilità Ambientale e Paesaggistica che i pareri del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici hanno suggerito sempre di privilegiare il reimpiego dei materiali dragati e di ricercare, quando possibile, soluzioni che consentano l’utile riuso del materiale dragato per la formazione delle cosiddette “vasche di colmate”.

Ebbene la prima “colmata”, che ha prodotto grandi disastri ambientali e paesaggistici e che avrebbe dovuto ospitare il centro servizi del grande porto commerciale, è al momento utilizzata come deposito di centinaia di tetrapodi. Inoltre una buona parte della stessa colmata, dalla parte prospicente la Madonna dei Martiri, è stata sbancata e il materiale estratto è stato utilizzato per riempire e stabilizzare i cassoni cellulari in cemento che formano il banchinamento a giorno; mentre un’altra parte di materiale estratto è stato rigettato in mare così come evidenziato (imprudentemente?) da un video prodotto e divulgato dallo stesso sindaco T. Minervini in una pagina istituzionale.

Della prima “colmata”, probabilmente, si parlerà ancora nel processo di appello sul nuovo porto commerciale di Molfetta per un ricorso presentato da una parte civile contro la sentenza di primo grado. Invece occupiamoci della seconda colmata di cui in città si parla poco o niente.

 

Non essendoci altre aree idonee all’interno del porto è stata individuata una zona sul lungomare Colonna dove sorgerà la “vasca di colmata” che conterrà tutto il materiale di escavo proveniente dal dragaggio portuale. Il corpo della colmata si spingerà in mare per oltre 40m. e, all’altezza dell’attuale rotonda di via Orsini si svilupperà per una lunghezza di circa 760 m. fino all’intersezione di via Don Cosmo Azzollini. Questa sorta di terrapieno che sorgerà lungo l’attuale lungomare avrà comunque bisogno di protezione da tutti i venti, in particolare da maestrale e tramontana, per cui sarà creata un’ulteriore protezione a mare con scogliere sommerse come quelle che difendono la città vecchia.

Ma c’è di più, la narrativa testuale del progetto individua via Don Cosmo Azzollini come limite di chiusura della colmata, invece i disegni e le tavole di progetto spingono il limite fino ai nuovi, e tanto discussi, palazzi di nuova costruzione a ridosso della piscina comunale (o di quello che resta). Se dovessero essere più attendibili le tavole di progetto vuol dire che scomparirà l’accesso e buona parte dell’unica spiaggia in città, per intenderci, quella sotto gli uffici dell’INPS. Un’opera di grande impatto ambientale e paesaggistico di cui non si è mai parlato, ma è bene farla conoscere ai cittadini ignari.

In questa lunga dissertazione sono stati trattati alcuni punti che meriterebbero altrettanti approfondimenti che non possono trovare spazio in questa sede, però è giusto e necessario concludere focalizzando l’attenzione su due aspetti che sono stati i temi portanti della narrazione.

Il primo è la data di conclusione dei lavori del nuovo porto di Molfetta, a parte quelli in corso di messa in sicurezza, probabilmente, se non ci saranno ulteriori intoppi giudiziari, o di altra natura, passeranno ancora 2 o 3 anni prima di vedere la prima nave entrare in porto e attraccare alle nuove banchine. Il secondo tema riguarda il lento e progressivo insabbiamento del bacino portuale che sta interessando anche Cala Sant’Andrea.

Da più parti è stato puntato il dito sul sequestro del cantiere della “grande opera”, nell’ottobre del 2013, e il conseguente stato di abbandono dell’opera, come causa del successivo degrado. Poi le forti mareggiate avrebbero disperso il materiale lapideo più leggero in lungo e in largo nel bacino portuale. Ma questa ipotesi cadrebbe se si spostasse l’attenzione sul materiale inidoneo usato per costruire sia il nucleo del prolungamento della diga, sia il piazzale di raccordo del molo di sopraflutto e di quest’ultimo?

Se già dal 2008, come accade oggi, decine e decine di camion hanno sversato in mare tonnellate di materiale lapideo misto a terriccio, rosso, bianco e grigio di dubbia provenienza, è chiaro che le mareggiate e le correnti abbiano favorito l’insabbiamento di vaste aree portuali fino a spingersi verso la città vecchia. Senza parlare dei danni ambientali arrecati in questi anni al “Posidonieto – San Vito Barletta”, che è tornato ad essere protagonista nelle relazioni del progetto di dragaggio; eppure durante il dibattimento del processo sul porto, i protagonisti imputati, i loro difensori e i tecnici di parte, avevano fatto sparire dal bacino portuale, sia il “Posidonieto” che gli ordigni bellici.

Proprio questi ultimi, gli ordigni bellici, che sono stati i protagonisti di tutta la narrazione giudiziaria del nuovo porto commerciale, potrebbero continuare ad esserlo e chi vincerà la campagna elettorale dovrà smetterla di progettare il futuro senza aver bonificato l’esistente.

di Matteo d’Ingeo 

Utilizzando il sito o eseguendo lo scroll della pagina accetti l'utilizzo dei cookie della piattaforma. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo. Altervista Advertising (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.) Altervista Advertising è un servizio di advertising fornito da Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Dati Personali raccolti: Cookie e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio. Luogo del trattamento: Italia – Privacy Policy: https://www.iubenda.com/privacy-policy/8258859 Altervista Platform (Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.) Altervista Platform è una piattaforma fornita da Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. che consente al Titolare di sviluppare, far funzionare ed ospitare questa Applicazione. Dati Personali raccolti: Cookie e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio. Luogo del trattamento: Italia – Privacy Policy: https://www.iubenda.com/privacy-policy/8258716

Chiudi