La “giustizia svenduta” di Trani, travolse anche le indagini sull’omicidio di Anna Maria Bufi? – terza e ultima parte

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seconda parte QUI

A tal proposito nell’agosto del 2019, di preciso in data 25 agosto 2019, l’Avv. Maria Luisa Tatoli, del Foro di Bari, commentando sulla sua pagina facebook l’articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 24 Agosto 2019 “Trani, giustizia truccata: processo rapido, l’11 settembre udienza preliminare”, parla anche della “povera Annamaria Bufi”, e dice:

Ho letto l’intero articolo, e rimarco il fatto che il libro del giudice Del Castillo dal titolo “Frammenti di storie semplici” racconta fatti veri che non riguardano solo il giudice Nardi, Scimè, Savasta, Seccia, e l’avvocato Cuomo, ma tanti altri avvocati e giudici! Tra i tanti fatti veri raccontati dal giudice Del Castillo nel ridetto libro, ricordo la storia della povera Annamaria Bufi, quella del noto imprenditore molfettese fratello di un noto avvocato, quella del direttore di banca, quella del noto imprenditore edile tranese arrestato per evasione fiscale poi scarcerato! Gesù, Maria e Giuseppe, pensateci voi a fare venire a galla tutto il resto!”

Lei parla di toghe tranesi dalle cui mani sono passate le 20.000 pagine del fascicolo dell’omicidio di Anna Maria Bufi. Ne cita solo alcuni Nardi e Seccia, ma ci sono anche Messina, Bretone, Cardinali, e poi c’è un nome eccellente che negli ultimi giorni è entrato, dopo il suo arresto, nel libro nero della Procura di Trani. Si tratta dell’ex Procuratore Capo di Trani Carlo Maria Capristo. Quello stesso Capristo che, nel primo ricorso contro l’assoluzione di Bindi, presentato nella qualità di sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Bari (diventato poi capo della procura di Trani), parlava di: “impianto accusatorio solidissimo demolito da una sentenza con argomentazioni poco convincenti scritta da giudici che hanno agito con eccessiva disinvoltura dopo una lettura parcellizzata e non unitaria dell’imponente materiale a loro disposizione“; e anche di indagini “condotte in modo a dir poco superficiale, maldestro e talvolta compiacente“. Di cosiddetta “sciatteria investigativa” aveva già detto, nelle motivazioni della sentenza, la corte d’assise di Trani. Questi passaggi sono riportati in un articolo della redazione di Bari di Repubblica dell’11 Novembre 2011.

Allora anche il Procuratore Generale Francesco Mauro Iacoviello, della prima sezione penale della Cassazione, dichiarò: «Un processo come questo non può assolutamente morire qui; mi auguro e vi auguro di non trovarvi mai più in carriera di fronte ad un processo brutto come questo; mi sento indignato per come il tutto si è svolto. Anna Maria Bufi non ha mai, sino ad ora, avuto giustizia».

Per finire un ultimo tassello, a mio parere da riprendere, verificare e approfondire, è presente nell’intervista rilasciata alla Gazzetta del Mezzogiorno, nell’Ottobre del 2001, dal padre della vittima, Franco Bufi. Lui parlava di tre ville e l’intervistatrice riporta quanto segue:

Sarebbero tre le ville del mistero legate, in qualche modo, alla morte di Anna Maria Bufi, la ragazza ritrovata cadavere nella notte tra il 3 e il 4 febbraio del 1992. A raccontarlo è il padre della ragazza uccisa, Franco Bufi. Ipotesi inquietanti che potrebbero aprire nuovi scenari. Esistono tre ville – dice il padre – in tre posti diversi, tutte frequentate da mia figlia e dal suo amante, ora considerato il presunto assassino, negli anni della loro relazione. Il mio timore è che, forse, mia figlia possa essere stata uccisa lì. In una di quelle ville, nessuna delle quali è di proprietà del suo presunto assassino. Eppure tutte compatibili con il punto in cui Anna è stata ritrovata, tutte distanti circa quindici minuti dalla palestra in cui lavorava il presunto assassino di mia figlia”.

A questo punto, credo di aver dato il mio modesto contributo per la riapertura di un nuovo fascicolo sull’omicidio di Anna Maria Bufi e spero ci sia qualche investigatore coraggioso che si metta a lavorare sul caso e un integerrimo giudice, altrettanto coraggioso, al di sopra delle parti che rimetta in ordine le migliaia di carte processuali per ridare dignità a quel corpo martoriato di Anna Maria e il diritto di giustizia alla famiglia Bufi. E, inoltre, se questo avverrà potrebbe ridare fiducia a un’intera comunità nel credere che ci sia ancora una Giustizia pulita. Ma la Giustizia la facciamo tutti quanti assieme, pertanto invito la famiglia Bufi a diventare parte attiva nella richiesta di riapertura delle indagini stimolando l’avvocato di famiglia che al momento non sembra aver mostrato molto interesse per questi nuovi indizi.

di Matteo d’Ingeo

 

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