“La città secondo Matteo” – Intervista a Matteo d’Ingeo

page1image45336208di Sergio Magarelli – Direttore  “L’altra Molfetta”

È un libro aperto Matteo d’Ingeo. Anzi, ci verrebbe da dire un Vangelo aperto, considerata la sua omonimia con l’apostolo evangelista. E noi ci giochiamo con questa cosa qui, ci piace farlo. Solo che lui non narra attraverso le parabole, per cui non serve ricorrere ad alcuna esegesi per interpretare il suo pensiero. È sempre stato diretto, sincero, irreprensibile, a volte anche testardo, nel condurre le sue legittime battaglie a sostegno della legalità e della sicurezza in città.

È la prima volta che, dopo la clausura forzata dalla pandemia e dai suoi continui lockdown, apriamo la sede della redazione per ospitare i nostri interlocutori. E Matteo d’Ingeo, con grande generosità, ci ha concesso un’intervista durata circa tre ore. Abbiamo insieme sviscerato e analizzato un bel po’ di problematiche, ma che, ovviamente, per questioni di spazio ci limitiamo a sintetizzare. Sono spunti su argomenti che il lettore può approfondire ogni giorno visitando il blog del Liberatorio Politico.

Appaltopoli e mancate dimissioni del Sindaco. Secondo te, Matteo, che cosa spinge oggi Tommaso Minervini, Sindaco di Molfetta, a non percorrere la strada delle dimissioni? Considera che, abbiamo verificato, in tutti i Comuni da nord a sud dell’Italia in casi come il nostro, con sindaci e assessori indagati, agli arresti domiciliari o in carcere, ci sono state per oltre il novanta per cento le dimissioni del Primo Cittadino, perché c’è sempre una responsabilità politica anche se indiretta. Che cosa, invece, spinge il Sindaco a resistere?

A parte la responsabilità politica, io credo che lui non abbia capito fino in fondo il suo coinvolgimento penale all’interno delle indagini in corso.

Non l’ha ancora capito? Ma stai scherzando?
Non l’ha ancora capito perché continua a dichiarare che «io non so niente perché gli altri hanno fatto tutto, anzi, vogliamo che la Magistratura indaghi e vada fino in fondo». Già questa sua dichiarazione, che ha ripetuto più volte pubblicamente, la dice lunga sulla sua mancanza di consapevolezza delle sue affermazioni e di quelle che sono le sue responsabilità di Sindaco.

E quindi?

Quindi è il Sindaco quello che mette la “firma finale” a un procedimento. La delibera di Giunta dà l’indirizzo politico al Dirigente. Il Dirigente, anche se ha delle sue attività autonome di cui forse non deve dar conto, deve rispettare comunque l’indirizzo dell’Organo politico. Quindi è impossibile che un Sindaco non sappia se c’è una trattativa privata con una ditta, perché vuol dire che non segue abbastanza l’iter del procedimento amministrativo. Eppure sappiamo che lui ha avuto un maestro nella sua attività politica, Beniamino Finocchiaro, che rimaneva chiuso nella sua stanza a controllare una per una tutte le delibere, tutti gli atti amministrativi, fino ai bilanci, per capire se tutto procedeva bene.

E allora?

Allora vuol dire che non ha compreso bene gli insegnamenti del suo maestro e penso che questa sua posizione lo esponga seriamente. Lui ha delle responsabilità, ma non solo in quelle di cui si sta occupando la Magistratura, ma in tante altre. Credo che lui sia abbagliato ormai dalla sua purezza. In qualche articolo sul blog, negli ultimi mesi ho ricostruito la sua storia, perché la conosco bene, siamo stati eletti consiglieri comunali nel 1994 con l’allora Sindaco Guglielmo Minervini, e lui ha cominciato a battere i piedi sin dai primi giorni perché voleva il contentino. E purtroppo Guglielmo il contentino glielo diede, affidandogli la presidenza dell’ASM.

Da quel momento “nasce” politicamente Tommaso Minervini…

In pratica sì, da allora il dichiarato uomo di sinistra, di formazione socialista, secondo le circostanze politiche ha ritenuto di poter amministrare una città scegliendo di volta in volta, e senza scrupoli, il miglior offerente, che sia di sinistra o di destra non importa. La cosa più importante è la sua poltrona e il suo status.

Ma il fenomeno corruzione, o comunque relativo al filone “appaltopoli”, probabilmente in città proviene ancora da molto lontano…

Certamente! L’Appaltopoli, o la corruzione di oggi, non è un fatto che nasce adesso a Molfetta. Intanto mi viene in mente un’altra grande indagine di corruzione risalente al periodo del primo mandato del Sindaco Tommaso Minervini. La sua Amministrazione fu coinvolta in un’indagine della Procura di Trani che portò alla condanna di figure apicali della Polizia Municipale. E quando all’interno di un’Amministrazione Comunale si permette al Vice Comandante della Polizia Municipale di creare situazioni di mercimonio sulle multe amministrative, chiedendo ai giudici il patteggiamento, vuol dire che i fatti sono avvenuti e il Sindaco Tommaso Minervini non poteva non sapere. E poi, frugando nella mia memoria storica, indietro di oltre 30 anni, posso dire che abbiamo avuto altre indagini: sui “bagnotti pubblici”, sulle panchine nella villa comunale, con persone che sono state in carcere. L’Osservatorio 7 Luglio fece nascere la grande inchiesta “Compri una, paghi due” sull’edilizia convenzionata, in cui sono stati condannati parecchi imprenditori; da allora la macchia nera cominciò ad espandersi e ad entrare nelle stanze del Palazzo, perché da allora secondo me l’imprenditoria dell’evasione fiscale e certa politica hanno cominciato ad andare a braccetto. Perciò parlo di responsabilità di Giunta, Sindaco, o di un assessore che non possono non sapere ciò che fa l’imprenditore, perché l’imprenditore deve agire sul modello di una convenzione che la Giunta elabora, delibera e gli affida. L’imprenditore deve rispettare la convenzione e quanto pattuito per l’acquisto di un appartamento di edilizia convenzionata o popolare. Il Comune dovrebbe fare dei controlli a campione per verificare se i procedimenti e le convenzioni sono rispettate. Allora questo non avveniva, e quello che sta accadendo oggi è figlia di quella “cattiva amministrazione”. Allora sono stati bravi a nascondere lo “scambio”. Io ti do la licenza, tu poi mi riservi qualche appartamento in qualche condominio. Oggi, se fossi un procuratore, comincerei a indagare su queste nuove licenze date da dieci anni o vent’anni a questa parte. Comincerei a fare una verifica in tutti i fabbricati costruiti se c’è qualche appartamento dato a un politico, dipendente comunale o a un suo diretto familiare.

Allora quello di Mariano Caputo è un “pranzo al sacco” a confronto…

Caputo non saprei neanche come definirlo. Si è messo nei guai per 3 mila o 4 mila euro. Quello che colpisce di più sono alcune intercettazioni lette sui giornali, in cui l’assessore Caputo è chiamato “Boss”. Evidentemente il giro di corruzione creato lo faceva sentire boss e altri lo riconoscevano tale. Questo mi preoccupa di più, poi non sappiano se l’indagine ci riserverà altre sorprese con episodi corruttivi più consistenti.

Intanto a settembre ci sarà sicuramente l’ennesimo rimpasto di Giunta, con due assessori dimissionari da rimpiazzare e così Minervini potrà andare avanti verso gli ultimi mesi del suo mandato. Secondo te, nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria, dove è venuto meno il ruolo del Consiglio comunale? Anzi, voglio essere più preciso, il ruolo delle forze di opposizione, da una parte e dall’altra?

Credo che Tommaso Minervini riesca ancora a rimanere al suo posto grazie all’inerzia delle opposizioni. Prima ancora dell’indagine “Appaltopoli” e degli arresti, in merito al primo grave “incidente di percorso”, le dimissioni dell’assessora Germano, le forze politiche d’opposizione presenti in Consiglio Comunale avrebbero dovuto chiedere al Prefetto l’accesso della Commissione d’indagine nella Casa Comunale, ai sensi dell’articolo 143 – Testo unico degli enti locali (TUEL, D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), per verificare se ci fossero stati, nei 9 mesi di attività amministrativa dell’assessora Germano, e dopo, eventuali forme di condizionamento tali da determinare un’alterazione dei procedimenti di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi, compromettendo il buon andamento o l’imparzialità dell’Amministrazione Comunale. Ebbene, l’opposizione non l’ha fatto allora, non l’ha fatto a novembre, non l’ha fatto quando la Germano è rientrata in maggioranza dalla finestra diventando, come prima non eletta, consigliera comunale e non l’ha fatto un mese fa quando si sono dimessi due assessori. Eppure oltre la vicenda della Germano ci sarebbero tantissime altre questioni amministrative su cui chiedere l’attenzione della Prefettura. Naturalmente quando parlo di opposizione mi rivolgo principalmente a quella più vicino alla mia formazione, e quindi a quella di sinistra.

Quella di sinistra che già si sta mobilitando per individuare il suo candidato Sindaco, e che pare non sia più Felice Spaccavento. Che idea ti eri fatto sulla sua probabile candidatura?

Una sinistra che non riconosco più, una sinistra amica e nemica e che non esito ad attaccare nei miei articoli perché ha perso di vista il proprio orizzonte ideologico. In tutti questi anni non sono riusciti a programmare una ricostruzione della sinistra con obiettivi a lunga scadenza in cui far crescere nuovi quadri dirigenziali e giovani preparati da mandare in Consiglio Comunale. Io, prima di diventare consigliere comunale, ho fatto la gavetta di due anni  con l’Osservatorio 7 Luglio sull’illegalità e prima ancora sono stato consigliere e vicepresidente della Circoscrizione Centro per cinque anni. E contemporaneamente ho seguito per tantissimi anni i Consigli Comunali. Ho imparato a conoscere i meccanismi della politica, a leggere i documenti amministrativi, a conoscere i problemi del territorio e a denunciarli. Oggi invece si manda in Consiglio Comunale cittadini inesperti, che hanno bisogno di fare gli interventi leggendo il compitino preparato a casa. Non sanno argomentare “fatti gravi” in Consiglio Comunale, non conoscono la città, non hanno memoria storica e non riescono a legare l’attualità al passato e a riconoscere i loschi individui della politica che la abitano. Su Felice Spaccavento non ho mai avuto dubbi, la politica ha bisogno di persone come lui, appassionate del proprio lavoro, serie, affidabili e pulite eticamente. Ma ho sempre pensato che le sue qualità potessero essere in contrasto con quella politica che lo aveva accolto e acclamato. Questo valeva per le Regionali, ma ancora di più valgono per le Comunali e per una candidatura a Sindaco. Non sono mai riuscito a immaginare Felice lontano dai suoi pazienti e dalla sua passione per il lavoro che non poteva condividere con quel tipo d’impegno politico. Poi non conosco i motivi della sua eventuale rinuncia e se è una rinuncia definitiva.

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