In via Piazza un cassonetto incatenato all’anello della storia

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Via Amente nel centro storico si chiama così perchè nel ‘500 coloro che avevano commesso delle “pappamomgellate”… ehm…scusate…, che avevano commesso gravi nefandezze venivano fatti sedere, tra via Amente e via Piazza, con le mani legate ad un anello, ancora esistente.
Quel palazzo originariamente non aveva lo spigolo tagliato, ma alla fine del ‘400 lo tagliarono per creare questa situazione, in modo che ci fosse una pubblica ammenda (da cui il nome della strada via Amente) da parte di chi doveva pagare per qualche crimine.
Ci sono molte tracce negli scritti della storia di Molfetta che lo testimoniano, come la pag. 44 del libro  “MOLFETTA IERI E OGGI ” di G. Capursi, vol 1.
SeggioNobili
Quel palazzo era anticamente il “Seggio dei nobili” in epoche successive chiuso e sopraelevato, ed ora utilizzato al piano terra come attività commerciale dal fruttivendolo… Non a caso, proprio sulla colonna centrale è inserito lo stemma della città sovrastato dalla protettrice della città.

Questo monumento della storia cittadina, è vilipeso non solo dall’uso privatistico che ne fa il commerciante, soprattutto con l’apposizione di una tenda e di una tettoia fissa assolutamente inopportune e, molto probabilmente, prive di qualsiasi documento abilitativo, quanto soprattutto dalla presenza di reti pubbliche, gas, enel, telecom inserite nei modi più casuali e deturpanti senza che nessun ufficio comunale abbia mai espresso un indirizzo corretto di installazione delle reti in area storica.
E poi da anni oramai, quest’angolo così prezioso e testimone di un passato ricco di significato per la storia di Molfetta, e non nota ai più, è ridotto a ciò che si può vedere dal vivo quotidianamente transitando per via Piazza.
Il fruttivendolo da anni, usa l’anello per “mettere in sicurezza” il cassonetto, occultando per la maggior parte del giorno la visione del sedile della gogna.
Può un fruttivendolo lasciare 24h su 24 il proprio cassonetto dell’umido legato con la catena all’anello della storia? O dobbiamo lasciarci per qualche giorno qualcuno esposto al pubblico ludibrio, per recuperare la dignità e la civiltà della nostra storia? Cosa ne pensa l’assessore Mongelli? Forse dobbiamo pertanto riflettere sulla presenza di testimonianze storiche come bene collettivo, e attivare degli strumenti di valorizzazione e di tutela che non siano solo dei proclami, ma che siano fattivamente attuati nell’interesse collettivo.

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