Il giudice e le relazioni pericolose

Oggi in carcere gli interrogatori di De Benedictis e dell’avvocato Chiariello. La gip: ” Tanti collegamenti in contesti istituzionali e non” Ed è qui che si sta concentrando l’attività della Procura di Lecce A Bari un altro dossier per verificare l’ipotesi del riciclaggio di denaro – di Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Avevano «tanti collegamenti in contesti istituzionali e non istituzionali» il giudice molfettese Giuseppe De Benedictis e l’avvocato barese Giancarlo Chiariello, in carcere dal 24 aprile per corruzione in atti giudiziari. Nell’ordinanza della giudice salentina Giulia Proto c’è il riferimento a una serie di personaggi che ruotavano attorno al presunto corrotto e al corruttore, aiutandoli in modo diverso, forse commettendo a loro volta reati: dalla operatrice giudiziaria che fece assegnare al giudice il processo relativo al cugino di un appuntato che gli rivelava notizie riservate a una persona in servizio in un hotel, che lo avvisò di essere stato seguito dai carabinieri durante un incontro galante con una donna che gli aveva chiesto a propria volta un favore. E poi il collega magistrato che aveva velocizzato un procedimento per una docente amica, il medico legale che si è prestato a scrivere in una perizia quello che gli il gip gli aveva ordinato, l’ex poliziotto che riusciva ancora a interrogare le banche dati confermando l’esistenza di un’indagine a Lecce.

E, naturalmente, gli avvocati. Tanti. Più di quanti siano iscritti nel registro degli indagati e sui quali l’attenzione dei carabinieri del Nucleo investigativo di Bari è massima. Alcuni di loro hanno condiviso con il collega Chiariello la difesa di esponenti della criminalità organizzata, nella certezza che il penalista poteva ottenere un trattamento di favore per quei clienti poi effettivamente scarcerati da De Benedictis. Altri sono stati tirati in causa direttamente da quattro pentiti, che hanno fatto i nomi di almeno cinque noti avvocati baresi. Infine c’è da chiarire la posizione dei collaboratori di studio di Chiariello, considerato che al momento gli unici indagati sono il figlio Alberto e Marianna Casadibari ma che all’inchiesta per corruzione della Procura di Lecce si è incrociata quella per riciclaggio della Procura di Bari con una perquisizione nei due studi di Chiariello e l’avvio di un’attività che per forza di cose toccherà di rimando anche gli altri professionisti.

Il tutto mentre la magistratura prende le distanze dal giudice De Benedictis e dal sistema che gli viene imputato, con il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho (arrivato a Bari per il blitz che ha decapitato il clan Strisciuglio), che definisce « un magistrato che si è lasciato corrompere in varie occasioni » come «un vulnus nel sistema», precisando che « di fronte a un fatto così grave la risposta che è stata data dalla Dda, con i 99 arresti, è immediata». De Benedictis comparirà oggi davanti alla giudice che lo ha fatto arrestare e con tutta probabilità confesserà. Forse non solo ciò che gli è stato già contestato, considerato che durante la perquisizione in casa sua i carabinieri hanno trovato elementi per ipotizzare che gli episodi corruttivi riguardino anche altri procedimenti giudiziari e altri avvocati.

Il favore alla docente

Il ” sistema De Benedictis” delineato dai pm Roberta Licci e Alessandro Prontera (coordinati dal procuratore Leonardo Leone de Castris) si basava su un mondo di favori, fatti e ricevuti. Anche da colleghi in servizio in altri uffici giudiziari del capoluogo. Come quel giudice che avrebbe fatto ottenere la riabilitazione a una professoressa dell’Università degli studi di Bari che era stata condannata per calunnia. Era stata lei a chiedere la cortesia al giudice, affinché intercedesse per velocizzare la pratica, e lui si era subito messo in moto con l’aiuto del fido Nicola Soriano, il carabiniere della sezione di polizia giudiziaria che è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio. In cambio De Benedictis aveva chiesto alla donna di seguirlo nell’hotel Villa Romanazzi: « Così ti illustro la cosa bene bene». A seguirlo, però, erano stati anche i carabinieri, che lo avevano intercettato mentre chiedeva «una stanza per un’oretta », precisando che avrebbe pagato ma che nessuno avrebbe dovuto chiedergli i documenti. Dopo l’incontro il giudice era stato a sua volta contattato da una persona in servizio all’hotel, che gli chiedeva se avesse la scorta. Alla risposta negativa, l’informatore spiegava: « È venuto qualcuno dietro di voi, ho preso pure la targa».

L’indagine scoperta

Saputo di essere seguito, De Benedictis ha subito sospettato di essere finito al centro di un’indagine, considerato anche che un paio di mesi prima Soriano gli aveva riferito che Chiariello era sotto inchiesta, dicendo « stanno appresso a noi » . Di fronte alla nuova scoperta, il carabiniere si era mosso di nuovo: « Ho attivato per vedere di chi è la macchina. Al Comando legione oggi mi faccio un giretto e provo a fare i conti». Contemporaneamente il giudice aveva attivato un’altra sua fonte: un avvocato che un tempo era un poliziotto in servizio a Bari. E proprio in questura, era andato a cercare la macchina: «Sono andato alla sezione Motorizzazione, ma non ci sta » . « Intorno al 15- 16 marzo De Benedictis è riuscito ad avere contezza dell’indagine a suo carico della Procura di Lecce » , scrive la gip Proto, facendo anche apprezzamenti sugli inquirenti salentini e rammaricandosi che l’inchiesta non fosse condotta nel capoluogo: « Certo, se fosse Bari a dirigere le indagini… » . Nonostante il timore, però, il giudice non ha desistito dal prendere le ultime mazzette. Anzi, con l’amico avvocato scherzava sul possibile arresto imminente: « La Pasqua la passerò a casa, in attesa dell’ordinanza di custodia cautelare». Parole profetiche, perché effettivamente il 9 aprile i carabinieri lo hanno sorpreso con una busta contenente 5mila 400 euro consegnata dall’avvocato Chiariello nell’ascensore della sua abitazione. In quella circostanza, De Benedictis ha prima provato a giustificarsi, spiegando che l’ultimo assistito da Chiarelli che aveva scarcerato — il foggiano Antonio Ippedico — aveva problemi di salute e poi è crollato.

Altri 4mila euro in contanti

Quattromila euro in contanti sono stati trovati, durante la perquisizione del 24 aprile in casa di De Benedictis, dai carabinieri che gli hanno notificato l’ordinanza cautelare che lo ha fatto finire nel carcere di Lecce. Il 9 aprile, dopo averlo sorpreso con una mazzetta nel suo ufficio, gli investigatori avevano perlustrato la casa a Molfetta, trovando 60mila euro in alcune cassette di sicurezza ricavate dietro le prese elettriche. Nello stesso nascondiglio sono state trovate le ulteriori banconote, probabilmente nascoste dopo la prima perquisizione. Una conferma per la tesi della gip, secondo cui l’arresto in carcere per De Benedictis è necessario perché « delinque fino all’ultimo momento. Anche mentre è in attesa della prevista misura cautelare » , il magistrato « non disdegna l’ennesima dazione corruttiva».

L’inchiesta di Bari

Buste sigillate con decine di banconote fino a 1,2 milioni di euro e appunti sui quali erano scritti nomi e cognomi: nell’abitazione dell’avvocato trentenne Alberto Chiariello ( figlio di Giancarlo, anch’egli indagato per corruzione in atti giudiziari) sono stati trovati elementi che potrebbero raccontare di mastodontiche operazioni di riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita. Per verificare tale ipotesi, la Procura della Repubblica di Bari ha avviato un’indagine per riciclaggio e autoriciclaggio e inviato i finanzieri del Nucleo di polizia economico- finanziaria a perquisire i due studi dei Chiariello in via Sparano e via Roberto da Bari. La perquisizione è stata coordinata dal procuratore Roberto Rossi in persona e finalizzata ad acquisire documentazione cartacea e informatica, per verificare l’eventuale provenienza illecita del denaro, « evasione fiscale o reinvestimento di somme della criminalità organizzata». Si cercano dunque documenti relativi alla individuazione della clientela, alle modalità di fatturazione, alla contabilità parallela a possibili rapporti illeciti con i clan. Commentando la vicenda di De Benedictis, Rossi ha detto che si tratta di «una misura cautelare rispetto alla quale proviamo grande dolore e pietà umana», ma ha ricordato che l’ufficio gip a cui apparteneva De Benedictis (che il 9 aprile ha presentato le dimissioni) è lo stesso che ha lavorato notte e giorno per consentire ieri i 99 arresti del clan Strisciuglio. « È un ufficio che fa sforzi enormi, non si tira mai indietro e continua a lavorare — ha proseguito il procuratore — La funzione giudiziaria, per quanto possa essere criticata, è necessaria. Se la eliminiamo, la indeboliamo. Non ci può essere libertà».

Gli interrogatori

Si terranno oggi all’interno del carcere di Lecce: in mattinata quello di De Benedictis, nel pomeriggio quello di Chiariello. Nonostante le restrizioni imposte dalle norme contro la diffusione del Covid, la giudice Proto ha insistito per effettuarli rigorosamente in presenza. Intanto per Chiariello è stato avviato il procedimento disciplinare, con la richiesta della documentazione alla Procura della Repubblica di Lecce da parte dell’Ordine degli avvocati di Bari. Ordine che ha presenziato, con l’avvocato Nicola Selvaggi ( consigliere che era stato delegato ad hoc dal presidente Giovanni Stefanì) alle perquisizioni nei due studi professionali. La sospensione di Chiariello è scontata, anche se deve essere formalizzata dal Collegio di disciplina, perché è stato raggiunto da una misura cautelare. Diverso il caso degli altri indagati: il figlio Alberto, la collaboratrice Marianna Casadibari, il penalista foggiano Paolo D’Ambrosio e il collega Pio Michele Gianquitto. Quest’ultimo era stato arrestato su ordinanza di De Benedictis e poi scarcerato su sollecitazione dell’avvocato Chiariello, si suppone dopo aver pagato una mazzetta da 5mila euro a titolo di acconto. Per lui Chiariello si rifiutò di presentare istanza al tribunale del riesame: « Ci esponiamo a un rischio inutile, seguiamo la strada del gip che è meglio».

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