I soldi del Bari al Trani calcio, Giancaspro finisce a giudizio

Fra il 2016 ed il 2018 avrebbe finanziato il Trani con i soldi del Bari, utilizzando fonti riciclate. Così Mino Giancaspro, ex presidente della società calcistica biancorossa, all’epoca in serie B, ieri pomeriggio è stato rinviato a giudizio dal Gup di Trani, Ivan Barlafante, all’esito dell’udienza preliminare legata all’inchiesta «Chiavi della città». Il prossimo 27 ottobre, nella prima udienza del processo, dovrà rispondere, fra le altre accuse, di ricettazione, riciclaggio, autoriciclaggio e appropriazione indebita.

Il sostituto procuratore di Trani Francesco Aiello (subentrato alla collega Silvia Curione, nel frattempo trasferitasi a Bari), ipotizza che Giancaspro, in concorso con altri, abbia effettuato diversi apporti di denaro nelle casse del Trani, distraendo fondi da società a lui riconducibili, coltivando in realtà altri interessi sulla città per realizzarvi progetti imprenditoriali con la presunta compiacenza dell’amministrazione comunale, ventilati in alcune intercettazioni ma mai concretizzatisi.

Nel settembre 2016 il sindaco, Amedeo Bottaro, avrebbe chiesto a Giacaspro di intervenire finanziariamente in favore del Trani, per evitarne il tracollo sportivo e finanziario. Alla disponibilità di Giancaspro avrebbe fatto seguito una delibera di giunta per l’affidamento in concessione dello stadio comunale in favore del Trani, in mano a Giancaspro tramite prestanome, in cambio di appalti in città.

Peraltro, mentre le accuse sul fronte Bari si sono confermate (con il rinvio a giudizio anche dell’imprenditore Emanuele Mosconi, presunto sodale di Giancaspro), sul versante comunale il Gup ha dichiarato il non luogo a procedere, perché il fatto non sussiste, per l’ipotesi di concorso in abuso d’ufficio.

Escono così già di scena, in quanto caduta l’unica accusa a loro carico, l’allora dirigente comunale del Settore sport, Leonardo Cuocci Martorano, il funzionario di quell’ufficio, Pasquale Ferrante, e l’ex consigliere comunale Diego Di Tondo.

La stessa accusa riguardava anche Bottaro, nonché presidente e vice presidente del Trani, rispettivamente Michele Amato e Alberto Altieri, tutti prosciolti per quella sola ipotesi. I tre, però, restano imputati per i reati di concorso in peculato insieme con l’altro dirigente di quel Trani, Michele Bellomo. E Bottaro, insieme con il segretario generale dell’epoca, Carlo Casalino, anche per quello di falso.

Complessivamente, dunque, sette siederanno alla sbarra mentre tre già possono tirare un sospiro di sollievo.

fonte: Nico Aurora – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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