Gli strali dell’ANAC contro il diffuso malcostume delle proroghe reiterate ed ingiustificate

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Fonte: Avv. Massimiliano Alesio – www.dirittoegiustizia.it 

L’uso improprio delle proroghe può assumere profili di illegittimità e di danno erariale, allorquando le amministrazioni interessate non dimostrino di aver attivato tutti quegli strumenti organizzativi\amministrativi necessari ad evitare il generale e tassativo divieto di proroga dei contratti in corso e le correlate distorsioni del mercato”. E’ quanto perentoriamente affermato dall’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) nel recente comunicato, a firma esclusiva del presidente, del 4 novembre 2015.

La severa indagine dell’ANAC. L’Autorità Nazionale Anticorruzione, sul sito istituzionale, ha pubblicato in data 18 novembre il comunicato del Presidente Raffaele Cantone, avente ad oggetto l’utilizzo improprio delle proroghe/rinnovi di contratti pubblici. Nel documento, si evidenzia che l’ANAC ha concluso un’indagine sulle motivazioni dell’utilizzo di proroghe, sviluppata su di un campione significativo di ben trentanove stazioni appaltanti, che fanno parte di vari servizi sanitari regionali e relativa a contratti di lavanolo, pulizie e ristorazione. Il Presidente dell’Autorità ricorda che, in sede di Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006), la proroga è considerata un caso eccezionale, limitato ad una serie precisa di casi, che la possono giustificare. L’attenta analisi, posta in essere dall’ANAC, illustra, invece, una situazione del tutto diversa, in cui la proroga costituisce quasi una prassi naturale e costante, arrivando a snaturarne del tutto la natura e le funzioni. A indurre le stazioni appaltanti a farne uso, evidenzia l’Autorità, è prima di tutto la mancata programmazione nell’acquisto di beni e servizi, che dovrebbe garantire «il regolare e tempestivo avvicendamento degli affidatari». L’assenza di questa attività moltiplica le emergenze, in cui la girandola delle proroghe tecniche comincia a girare anche prima che abbia inizio il vero e proprio affidamento del servizio. Il risultato appare scontato: la proroga abbandona e tradisce la sua unica funzione di essere «uno strumento di transizione per qualche mese di ritardo determinato da fatti imprevedibili», e diventa «un ammortizzatore pluriennale di palesi inefficienze di programmazione». Un’analisi dura ed impietosa, che deve essere preceduta, al fine di comprenderne l’intima essenza, da talune essenziali precisazioni teoriche e normative.

Proroghe e rinnovi dei contratti pubblici. Innanzitutto, occorre principiare da un’importante differenziazione, non sempre colta nel suo vero significato. La proroga deve essere distinta, ontologicamente e concettualmente, dal rinnovo. La giurisprudenza, da tempo, è ben chiara sul punto: «Mentre la proroga del termine finale di un contratto sposta solo in avanti la scadenza conclusiva, posticipando il termine finale di efficacia del rapporto, il quale resta regolato dalla sua fonte originaria, il rinnovo del contratto comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale» (Tar Puglia, sez. Lecce II, n. 3239/2007). Quindi, la proroga, a differenza del rinnovo, consiste in un mero differimento temporale di una convenzione, accordo o contratto, fermo restando tutte le altre condizioni della medesima. Ancor più recentemente, è stato statuito che «la differenza tra rinnovo e proroga di contratto pubblico sta nel fatto che il primo comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali; la seconda ha invece come solo effetto il differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario» (Tar Sardegna, sez. I, n. 755/2014). I principi ora richiamati, in materia di proroga e rinnovo dei contratti pubblici, sono espressione di una giurisprudenza consolidata. Nonostante questo, non mancano, per le più disparate motivazioni (quella più ricorrente: l’esigenza di non interrompere servizi essenziali nelle more delle procedure di gara per l’affidamento del servizio) esempi di provvedimenti adottati in totale difformità, sia della normativa sia dei consolidati orientamenti del giudice amministrativo. Ora, per comprendere appieno la posizione della giurisprudenza, occorre analizzare l’art. 23, legge n. 62/2005 (legge comunitaria 2004), normativa che trae il suo fondamento dalla procedura di infrazione 2003/2110, ex art. 226 del Trattato CE, posta in essere nei confronti dell’Italia. Come si vede, le originarie censure di “incompatibilità comunitaria” hanno colto nel segno, inducendo il Legislatore nazionale, fortemente condizionato dalla procedura di infrazione in essere, ad agire con un intervento abrogativo. Il comma 1 dell’art. 23 dispone la soppressione del solo ultimo periodo dell’art. 6, comma 2, legge n. 537/1993, e successive modificazioni, cioè l’abrogazione dell’istituto del rinnovo espresso, ivi contemplato e disciplinato. Restano, invece, vigenti, il divieto di rinnovo tacito, in quanto normato dal primo periodo del citato comma 6, comma 2, fatto salvo, e la clausola di revisione periodica del prezzo, di cui al comma 4 dell’art. 6. Il comma 2 si occupa della proroga, disciplinandola in modo alquanto severo. Viene previsto, infatti, che «i contratti per acquisti e forniture di beni e servizi, già scaduti o che vengano a scadere nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere prorogati per il tempo necessario alla stipula dei nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica a condizione che la proroga non superi comunque i sei mesi e che il bando di gara venga pubblicato entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge». Quindi, la proroga, nell’intervento legislativo, viene intimamente collegata ad un dato momento storico: non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima. Ciò vuol dire che la proroga non ha, attualmente, un puntuale fondamento normativo generale, essendo oramai trascorsa la possibilità prevista dall’illustrato comma 2, dell’art. 23, legge n. 62/2005. L’unica proroga possibile è solo quella “tecnica”, cioè quella diretta a consentire la mera prosecuzione del rapporto contrattuale in corso, nelle more dell’espletamento della nuova procedura di gara. La giurisprudenza ammette tale proroga, affermando che: «Per effetto dell’applicazione dei principi comunitari che considerano la proroga o il rinnovo di un contratto quale contratto nuovo soggiacente a regole competitive, è vietata la proroga tacita e la proroga può essere concessa, esclusivamente con provvedimento espresso, al fine di evitare l’interruzione delle attività in atto, per il solo tempo necessario a consentire l’espletamento della procedura di evidenza pubblica» (Consiglio di Stato, sez. V, n. 2151/2011). Dunque, è legittima la proroga solo se connessa ad una nuova gara e, quindi, non può che essere posta in essere ed approvata quasi simultaneamente con l’avvio della gara medesima. Ciò, al chiaro fine di non dar luogo a facili abusi. Anche l’Autorità di Vigilanza si è espressa favorevolmente in materia, sostenendo che «è pacifico che, in tema di rinnovo o proroga dei contratti pubblici, non vi è alcuno spazio per l’autonomia contrattuale delle parti, ma vige il principio che, salvo espresse previsioni dettate dalla legge in conformità alla normativa comunitaria, l’amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora, abbia la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara. La proroga, nella sua accezione tecnica, ha carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro” (AVCP, deliberazione n. 33/2013). Invero, la proroga tecnica ha anche un, seppur limitato, fondamento normativo. Precisamente, il comma 10, lett. c), dell’art. 125 del Codice dei contratti pubblici, in tema di acquisizioni in economia, stabilisce che le medesime sono consentite anche in relazione a “prestazioni periodiche di servizi, forniture, a seguito della scadenza dei relativi contratti, nelle more dello svolgimento delle ordinarie procedure di scelta del contraente, nella misura strettamente».

Un quadro fosco di prassi illegittime e foriere di danno erariale. Precisato il quadro normativo di riferimento, l’analisi dell’ANAC appare nella sua integrale chiarezza, anche in funzione di monito per le condotte future. I dati forniti dall’Autorità sono gravemente significativi: «Dall’indagine – riferita a 78 contratti più volte prorogati – è emersa una durata media di 36 mesi (da 9 a 72 mesi) e solo 35 contratti prevedevano opzioni, mediamente di circa 30 mesi (da 9 a 48) pari all’85% della durata media dei contratti originari, con opzioni di durata che oscilla dal 33% a 150% della durata contrattuale originaria». Una durata media di 36 mesi, cioè ben 3 anni di proroga! Ma, questa è solo la media, in quanto occorre tener conto pure delle patologie estreme: «in ben 18 casi è stata superata la percentuale del 300% (da un contratto di durata di 36 mesi prorogato per altri 112 mesi, pari al 311%, al caso estremo di un contratto di 12 mesi prorogato per ben 158 mesi pari a più di 13 volte la durata originaria)». Tutto ciò, ovviamente, non ha nulla a che fare con la proroga tecnica, ma costituisce solo ed esclusivamente “pura patologia”! Invero, come già anticipato, in relazione agli istituti della proroga e del rinnovo, l’Autorità è già intervenuta in precedenza. Con la deliberazione n. 34/2011, ha chiarito che la proroga è un istituto assolutamente eccezionale ed, in quanto tale, è possibile ricorrervi solo per cause determinate da fattori che, comunque, non devono coinvolgere la responsabilità dell’amministrazione aggiudicatrice. Tuttavia, l’Autorità ha rilevato residuali margini di applicabilità del rinnovo espresso a determinate condizioni e nel rispetto dei principi comunitari di trasparenza e par condicio alla base dell’evidenza pubblica. In particolare, l’ANAC ha evidenziato che l’articolo 57 comma 5 lett. b) del Codice ripristina, indirettamente, la possibilità di ricorrere al rinnovo dei contratti, ammettendo la ripetizione dei servizi analoghi, purché tale possibilità sia stata espressamente prevista e stimata nel bando e rientri in determinati limiti temporali. Ad ogni modo, condizione inderogabile per l’affidamento diretto dei servizi successivi è che il loro importo complessivo stimato sia stato computato per la determinazione del valore globale del contratto iniziale, ai fini delle soglie di cui all’art. 28 del Codice e degli altri istituti e adempimenti, che la normativa correla all’importo stimato dell’appalto. A ben vedere, ad avviso dell’Autorità, le evidenziate patologie costituiscono testimonianza di un chiaro, ma sinistro indizio, che può essere sintetizzato nella significativa espressione di: «proroga tecnica come ammortizzatore pluriennale di inefficienze». Disfunzioni, che potrebbero essere facilmente evitate se le stazioni appaltanti procedessero ad una corretta programmazione delle acquisizioni di beni e servizi e delle attività di gara, dirette ad assicurare il regolare e tempestivo avvicendamento degli affidatari. In buona sostanza, basterebbe applicare l’articolo 271, comma 1, del Regolamento esecutivo del Codice (d.p.r. n. 207/2010), il quale disciplina la programmazione dell’acquisto di beni e servizi. In questo modo, attraverso siffatte illegittime prassi, sottolinea l’ANAC, si stravolgono le regole della concorrenza, perché gli affidamenti finiscono per cristallizzarsi sulla ristretta cerchia di imprese già in contatto con la stazione appaltante, dando luogo a fenomeni di “monopolio di fatto”. Oltre i profili di illegittimità, si configura anche il pericolo di dar luogo ad un danno erariale, nei casi in cui le amministrazioni non dimostrino di aver attivato tutti gli strumenti organizzativi/amministrativi necessari a evitare il generale e tassativo divieto di proroga dei contratti in corso. Ciò, senza dimenticare, un altro decisivo aspetto: la lotta alla corruzione ed all’illegalità nella Pubblica amministrazione! Infatti, non dovrebbe esserci dubbio sul fatto che un utilizzo così distorto e patologico della proroga tecnica può costituire una chiaro campanello di allarme in termini di prevenzione della corruzione.

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