Giudice arrestato a Bari, l’inchiesta si allarga ancora: due penaliste pedinate con il gps sotto l’auto e 4 gli avvocati intercettati

I magistrati leccesi che indagano sulla presunta corruzione dell’ex gip Giuseppe De Benedictis stanno passando al setaccio tabulati telefonici e immagini riprese dalle telecamere nascoste davanti a un bar vicino alla sede della Procura di Poggiofranco fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

C’è un avvocato arrestato, nell’inchiesta della Procura di Lecce che il 24 aprile ha portato in carcere il giudice Giuseppe De Benedictis, ma ci sono anche altri avvocati, sui quali i magistrati salentini hanno svolto e stanno ancora svolgendo approfondimenti. Giancarlo Chiariello è stato il primo a finire sotto la lente, ma le indagini riguardano anche altri colleghi, sia del Foro di Bari che di Foggia.

Negli atti depositati dai pm di Lecce Roberta Licci e Alessandro Prontera, a supporto della richiesta di custodia cautelare per De Benedictis e Chiariello, ci sono i decreti con cui la gip Giulia Proto ha autorizzato le intercettazioni a carico di alcuni penalisti. I provvedimenti coprono l’arco di un anno, a partire dalla scorsa primavera, e sono stati richiesti man mano che sono emersi i presunti legami tra i professionisti e il giudice.

A dare il primo alert è stato il collaboratore di giustizia Domenico Milella (ex braccio destro del boss di Japigia Eugenio Palermiti), che ha fatto i nomi nell’interrogatorio del 12 febbraio 2020 davanti ai pm della Dda di Bari. Milella, alcune settimane fa, è stato interrogato dai magistrati di Lecce e ha ribadito punto per punto le sue segnalazioni.

 

Nessun tentennamento nel suo racconto, né circostanze riferite per sentito dire ma per conoscenza diretta, considerato che per oltre quindici anni è stato uno degli uomini di punta del clan.

Il pentito non ha mai ammesso di avere pagato in prima persona per essere scarcerato e tale affermazione risulta plausibile, considerato che i suoi arresti non sono stati così numerosi come quelli dei suoi sodali e anche che, dopo l’ultimo nell’autunno 2019, ha scelto la strada della collaborazione.

I verbali di Milella sono stati inviati nella loro versione integrale, oltre un anno fa alla Procura di Lecce, che ha avviato subito gli accertamenti sulle persone di cui si facevano i nomi. Oltre ai decreti di intercettazione, è stata chiesta e ottenuta l’autorizzazione ad acquisire i tabulati telefonici di almeno quattro avvocati fin dal settembre 2019.

Nel prosieguo delle indagini sono venute fuori anche le posizioni di due penaliste, sottoposte a intercettazioni e sulle cui automobili sono stati installati gps per effettuare quello che i carabinieri del Nucleo investigativo di Bari hanno definito ‘pedinamento telematico’.

L’obiettivo degli investigatori era capire come queste persone fossero legate tra loro, con l’avvocato Chiariello e con il gip De Benedictis. Del resto, tutti i professionisti attenzionati sono stati visti più volte entrare nell’ufficio del giudice nel palagiustizia di Poggiofranco, nel quale per oltre un anno sono state installate delle microspie. Grazie a quei dispositivi, i carabinieri hanno ricostruito che la prima tangente potrebbe essere stata pagata nel novembre 2020, per la scarcerazione dell’avvocato foggiano Michele Pio Gianquitto, assistito da Chiariello insieme a un collega.

Per verificare la ricorrenza dei nomi di alcuni penalisti nelle scarcerazioni sospette, inoltre, i pm di Lecce hanno analizzato una grande quantità di istanze di liberazione inoltrate dalla Dda di Bari, tutte con pareri negativi in quanto relative a personaggi ritenuti pericolosi e rispetto ai quali non erano venute meno le esigenze cautelari.

I primi a essere presi in considerazione sono stati gli esponenti del clan Parisi-Palermiti di Japigia, coinvolti nei blitz dell’autunno 2019 e in parte scarcerati da De Benedictis. Tra loro Filippo Mineccia, genero del boss Palermiti, che in una videochiamata fatta con il pregiudicato vietano Danilo Pietro Della Malva (oggi pentito) chiamava l’ex sodale Milella “il cornuto” e tuonava contro le rivelazioni che aveva fatto agli inquirenti.

Nell’ambito degli accertamenti effettuati su De Benedictis e Chiariello ci sono anche quelli svolti con le microcamere installate nei pressi di un bar vicino al Tribunale di Poggiofranco, davanti al quale il giudice era solito incontrare le persone con cui aveva da dire cose riservate, dopo aver lasciato il telefono in ufficio. Le telecamere hanno registrato gli incontri con Chiariello e con il figlio Alberto ma anche con altri esponenti del mondo forense, i cui assistiti sono stati poi scarcerati.

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