Giudice arrestato a Bari, al setaccio le relazioni pericolose con altri avvocati e colletti bianchi

Tra le conversazioni intercettate nell’inchiesta su De Benedictis dai carabinieri spuntano presunte pressioni su una collega: “Su quello devi aprire gli occhi” – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Non solo mafiosi ma anche colletti bianchi tra le persone a cui l’ex giudice di Bari Giuseppe De Benedictis avrebbe fatto favori. Continuano ad emergere particolari dall’inchiesta della Procura di Lecce che il 24 aprile ha portato in carcere il magistrato e l’avvocato barese Giancarlo Chiariello. A De Benedictis il 13 maggio è stata notificata anche una seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere per detenzione di un arsenale da guerra e agli arresti è finito anche il caporal maggiore dell’Esercito Antonio Serafino.

Entrambe le indagini, però, sono ben lontane dalla conclusione e lo dimostra anche il fatto che a marzo la Procura di Lecce ha chiesto e ottenuto dalla gip Giulia Proto la proroga di sei mesi per il filone relativo alla corruzione. Nell’ambito del quale sono in corso accertamenti su altri avvocati baresi, che con De Benedictis avevano rapporti privilegiati, alcuni di vera e propria frequentazione e anche di condivisione della stessa passione per le armi. Proprio uno di questi avvocati, nel maggio scorso, andò dal giudice a perorare la causa di una persona che aveva un importante incarico in un ente pubblico e che era stato coinvolto in un’inchiesta della Procura di Bari.

De Benedictis si sarebbe premurato di sollecitare la collega giudice che si stava occupando della vicenda affinché tenesse un atteggiamento conciliante con l’indagato. La conversazione fu interamente registrata dalla microspia collocata nell’ufficio del giudice, all’interno del Tribunale di Poggiofranco. «Sei passato da quella?» chiedeva il penalista; «Gliel’ho detto proprio questa mattina — rispondeva il giudice — ha detto che in effetti ci sono cose che non la convincono. “Io non venivo a parlare se era uno zozzoso, di questo voglio che ti convinci“, le ho detto. Io non è che ti sto chiedendo niente, voglio solo che apri gli occhi » . L’avvocato proseguiva poi, aggiungendo ulteriori dettagli sulla vicenda: « Lì sai chi li fatti i ciambotti? Il direttore generale…. » ; e il magistrato lo rassicurava: « L’ho vista bene, normalmente esce sempre le unghie, se non l’ha fatto…» .

Nei giorni successivi, i carabinieri del Nucleo investigativo di Bari registravano altre conversazioni ritenute interessanti e esplicative del fatto che De Benedictis si mettesse a disposizione di molte persone, che gli andavano a chiedere favori non solo relativi al suo lavoro ma anche alla capacità di relazionarsi con amici importanti. L’8 giugno 2020, per esempio, si presentava nella sua stanza un impiegato del Tribunale di Bari e gli diceva: « Se vedi a quello, lo sai come devi parlargli. Digli che io c’ho mia figlia, la piccolina, che ha trenta anni e la deve mettere all’Aeroporto ». Di fronte a tale sollecitazione, l’allora gip rassicurava: «Quello deve venire in questi giorni, mo’ me la vedo io non ti preoccupare» .

Tali episodi non sono stati contestati dalla Procura salentina nella richiesta di custodia cautelare — che è relativa soltanto alle scarcerazioni dei pregiudicati Antonio Ippedico, Danilo Pieto Della Malva e Robero Dello Russo e dell’avvocato Michele Pio Gianquitto — ma sono descritti nelle informative depositate nei mesi scorsi dai carabinieri e fanno parte degli accertamenti tuttora in itinere. L’indagine, del resto, non è limitata ai soli fatti per cui è stata disposta la misura cautelare né le intercettazioni sono relative solo agli ultimi mesi. Sia quelle telefoniche che quelle ambientali. Rispetto a queste ultime, nel dicembre scorso fu scoperta la microspia piazzata nell’ascensore del palazzo in cui abita l’avvocato Chiariello e dove De Benedictis — secondo l’ipotesi accusatoria — si sarebbe recato a prendere le mazzette. Alcuni condomini avevano visto un piccolo oggetto strano e segnalato alla Questura un allarme bomba. I poliziotti, dopo aver sequestrato il minuscolo oggetto, hanno capito di che si trattava e, dopo aver verificato l’appartenenza, lo hanno restituito ai carabinieri.

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