Beni del valore di 10,8 milioni di euro, fra i quali prestigiosi immobili a Bari e disponibilità finanziarie, sono stati sottoposti a sequestro preventivo dalla Guardia di Finanza nei confronti dell’ex avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello per dichiarazione infedele dell’Iva e delle imposte sui redditi dovute all’Erario tra il 2014 e il 2019. Chiariello è imputato a Lecce con l’ex gip del Tribunale di Bari per diversi episodi di presunte corruzioni in atti giudiziari. Quando fu arrestato nell’ambito di quella indagine, circa un anno fa, in casa del figlio Alberto, coimputato a Lecce, furono trovati tre zaini contenenti 1,1 milioni di euro in contanti. La Procura di Bari aprì quindi un’altra indagine fiscale sul penalista. Durante una perquisizione nello studio legale è stata sequestrata documentazione relativa a 239 fascicoli processuali a fronte di compensi dichiarati al fisco per importi «largamente inferiori rispetto a quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia», ex clienti dell’avvocato.
Avrebbe intascato compensi per attività legale fino a 100mila euro per ogni cliente, dichiarando redditi annui tra i 26mila e i 60mila euro. E’ quanto ha accertato la Guardia di Finanza di Bari che oggi ha sequestro all’ex penalista barese Giancarlo Chiariello beni per 10,8 milioni di euro con l’accusa di evasione fiscale.
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia dopo l’arresto per corruzione in atti giudiziari e il rinvenimento a casa di suo figlio di zaini contenenti 1,1 milioni di euro in contanti, Giancarlo Chiariello aveva già «riconosciuto come proprie» le somme di denaro sequestrate, «indicandole – spiegano i finanzieri – come i risparmi di vent’anni derivanti dai pagamenti dei clienti per l’attività professionale prestata». I suoi ex clienti poi diventati collaboratori di giustizia hanno rivelato che al penalista pagavano 10mila euro di onorario per ciascuno procedimento, che potevano raggiungere i 100 mila euro per il patrocinio in Cassazione a fronte di un’accusa per omicidio. «Pagamenti effettuati tutti in contanti – hanno ricostruito i finanzieri – , in violazione della normativa antiriciclaggio e senza il rilascio di alcun documento fiscale». Le successive verifiche patrimoniali, coordinate dal procuratore di Bari Roberto Rossi con il sostituto Giuseppe Dentamaro, hanno documentato redditi dichiarati tra il 2016 e il 2019 tra i 26mila e i 60mila euro annui, a fronte di una «effettiva capacitaà; di spesa del nucleo familiare dell’indagato, risultata particolarmente elevata, come dimostrato dall’acquisto e dal possesso di auto di lusso, di gioielli e di consistenti disponibilità finanziarie derivanti da titoli di credito, obbligazioni, depositi e conti correnti».