Esito Interrogazioni Bonifica

ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/15092

Dati di presentazione dell’atto

Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 592 del 24/02/2012

Firmatari

Primo firmatario: REALACCI ERMETE
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 24/02/2012

Destinatari

Ministero destinatario:

  • MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLA DIFESA
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE 24/02/2012

Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA DIFESA delegato in data 05/10/2012

Stato iter:

IN CORSO

Fasi iter:

SOLLECITO IL 04/06/2012
SOLLECITO IL 02/08/2012
MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 05/10/2012
SOLLECITO IL 06/11/2012

Atto CameraInterrogazione a risposta scritta 4-15092

presentata da

ERMETE REALACCI
venerdì 24 febbraio 2012, seduta n.592
REALACCI. –

Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa, al Ministro della salute.
 – Per sapere – premesso che:
dal dossier promosso da Legambiente «Armi chimiche: un’eredità pericolosa» risulta che oltre 30 mila ordigni sono stati inabissati nelle acque territoriali italiane in occasione dell’ultimo conflitto mondiale e della più recente guerra nell’ex-Jugoslavia;molte sono le zone in cui la presenza di ordigni chimici sono censite: nel sud del mare Adriatico, di cui 10 mila solo nel porto di Molfetta, di fronte a Torre Gavetone, a nord di Bari. A questi vanno ad aggiungersi oltre 13 mila proiettili e 438 barili contenenti iprite, un pericoloso liquido irritante e diversi ordigni chimici contenenti lewisite e fosgene, sostante tossiche e letali nel golfo di Napoli oltre ad altre 4300 bombe all’iprite e 84 tonnellate di testate all’arsenico nel mare antistante Pesaro;già nell’atto di sindacato ispettivo n. 4/07057 l’interrogante presentava poi la questione dell’inquinamento del lago Vico: «la provincia di Viterbo ha attivato nell’autunno del 2009, in collaborazione con ARPA Lazio, Istituto superiore di sanità e dipartimento DECOS dell’università degli studi della Tuscia un approfondimento sullo stato ambientale del lago di Vico; nell’ambito delle attività di monitoraggio di ARPA Lazio è stata effettuata l’analisi dei sedimenti lacustri da cui è emerso un grave superamento della soglia di contaminazione per i parametri di arsenico, nichel e cadmio: elementi chimici cancerogeni e particolarmente nocivi per la salute umana; un rapporto del Centro tecnico logistico interforze dell’Esercito italiano del 25 marzo 2010, protocollo n. 38, riporta i risultati di una indagine geofisica commissionata dal Ministero della difesa ed eseguita all’interno del sito militare situato sulle rive del lago, in località Renari, nel comune di Ronciglione (Viterbo); il suddetto centro chimico militare fu sede durante l’ultimo conflitto mondiale di «un impianto per la produzione e il deposito di ordigni a caricamento speciale», presumibilmente atto alla produzione di armi chimiche; nel corso della recente indagine dell’Esercito sono stati effettuati carotaggi e analisi chimiche su campioni di terreno prelevati in superficie e in profondità, evidenziando, così come nel lago, concentrazioni di arsenico superiori ai limiti di legge»;

il Ministro della difesa pro tempore, Ignazio La Russa, manifestava nella relativa risposta al sopraccitato atto l’interessamento del Ministero della difesa ad approfondire, di concerto con l’Ispra e l’Arpa Lazio, il tema e prendeva di fatto l’impegno di «provvedere (da parte della Difesa, ndr) sia alla rimozione delle masse ferrose interrate che alla successiva caratterizzazione e bonifica dell’area» -:

quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati predisporre un aggiornamento delle attività di bonifica per i siti individuati dal dicastero della difesa, indicandone stato dell’arte, e se la lista dei siti già nota sia definitiva; se inoltre non ritenga opportuno rimuovere il vincolo di area militare dai siti di bonifica, coinvolgendo nelle attività di bonifica che gli istituti specializzati del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del mare; se il Ministro della salute, di concerto con quello dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, non intenda condurre un’indagine epidemiologica per analizzare le conseguenze della contaminazione proveniente dagli ordigni chimici e valutare possibili impatti sull’ambiente e sulla fauna, a partire da quanto già fatto dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale nel basso adriatico. (4-15092)

ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/15245

Dati di presentazione dell’atto

Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 600 del 08/03/2012

Firmatari

Primo firmatario: DI STANISLAO AUGUSTO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 08/03/2012

Destinatari

Ministero destinatario:

  • MINISTERO DELLA DIFESA
  • MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA DIFESA delegato in data 08/03/2012

Stato iter:

CONCLUSO il 07/08/2012

Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 07/08/2012
DI PAOLA GIAMPAOLO MINISTRO DIFESA
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 07/08/2012
CONCLUSO IL 07/08/2012

Atto CameraInterrogazione a risposta scritta 4-15245

presentata da

AUGUSTO DI STANISLAO
giovedì 8 marzo 2012, seduta n.600
DI STANISLAO. –

Al Ministro della difesa, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri.

– Per sapere – premesso che:

Legambiente e il Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche, hanno recentemente presentato il dossier «Armi chimiche: un’eredità ancora pericolosa».

dal dossier è emerso che sono oltre 30 mila gli ordigni inabissati nel sud del mare Adriatico, di cui 10 mila solo nel porto di Molfetta e di fronte a Torre Gavetone, a nord di Bari; 13 mila i proiettili e 438 i barili contenenti sostanze tossiche inabissati nel golfo di Napoli; 4.300 le bombe all’iprite e 84 tonnellate di testate all’arsenico nel mare davanti a Pesaro. E poi laboratori e depositi di armi chimiche della Chemical City in provincia di Viterbo, l’industria bellica nella Valle del Sacco a Colleferro e migliaia di «bomblet» (derivati dall’apertura delle bombe a grappolo) sganciati dagli aerei Nato sui fondali marini del basso Adriatico durante la guerra del Kosovo. E poi il Porto di Monfalcone e la Sardegna;

per quanto riguarda la bonifica e la gestione dei siti contaminati, al Ministero della difesa spetta solo la competenza per le aree militari al momento della bonifica;

il colonnello Antonello Massaro, direttore dell’Nbc, centro che fruisce dal 2009 di un finanziamento annuo di 1.200.000 euro per la propria attività ha dichiarato che la Convenzione di Parigi prevede che ogni Stato si impegni a distruggere e smaltire le armi chimiche sul suo territorio e quelle abbandonate sul territorio di altri Paesi, ma qui entra in gioco un discorso di policy nazionale e «per il momento, la policy del Ministero degli affari esteri è che l’Italia gestisca da sé gli ordigni presenti sul suo territorio»;

la questione diventa ancor più problematica quando si parla di bonifica dei siti non militari, di cui non si conosce l’effettivo responsabile;

un’indagine condotta dall’Ispra sulle conseguenze ambientali dell’abbandono delle armi chimiche in mare, condotta nel golfo di Manfredonia, ha rilevato nei pesci alterazioni del dna e degli enzimi epatici, presenza di arsenico nei muscoli e nel fegato superiori alla norma, ulcere riconducibili al contatto con l’iprite, sui cui contenitori i pesci vivono e si fanno la tana -:

se e come il Governo stia affrontando la gestione e la bonifica dei siti contaminati dagli ordigni inabissati in aree militari;

se il Governo non ritenga di dover dare spiegazioni circa il caso del lago di Vico e della Chemical City, il centro di ricerca e produzione di armi chimiche voluto da Mussolini e attivo fin dagli anni Settanta che ha visto terminare nel 2000 le operazioni di bonifica dei serbatoi da parte del Ministero della difesa e che sebbene i militari hanno dichiarato che l’arsenico è un elemento di origine naturale non riconducibile né nell’iprite né nel fosforo e che quindi la fonte della contaminazione del lago va ricercata altrove, di fatto entro l’anno inizieranno i lavori di bonifica del lago, che erano già stati programmati in previsione della dismissione del sito considerato che il direttore dell’Nbc ha confermato già la presenza dei fondi necessari;

come il Ministro responsabile della gestione e della bonifica dei siti contaminati in aree non militari intenda provvedere nell’immediato al fine di arginare i gravissimi pericoli ambientali derivanti dagli ordigni che continuano a rilasciare i loro veleni. (4-15245)

Atto CameraRisposta scritta pubblicata martedì 7 agosto 2012
nell’allegato B della seduta n. 678
All’Interrogazione 4-15245 presentata da
AUGUSTO DI STANISLAO
Risposta. – La bonifica di ordigni esplosivi/residuati bellici è regolata dall’articolo 22 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, come modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera c del decreto legislativo 24 febbraio 2012, n. 20.
Per quanto riguarda la «bonifica sistematica» (ricerca e individuazione di ordigni esplosivi/residuati bellici interrati) la Difesa, attraverso la direzione generale dei lavori e del demanio:provvede all’organizzazione del servizio e alla formazione del personale specializzato;esercita le funzioni di vigilanza sull’attività di ricerca e scoprimento di ordigni che possono essere eseguite su iniziativa e a spese dei soggetti interessati, mediante ditte che impiegano personale specializzato, e, a tal fine, emana le prescrizioni tecniche e sorveglia l’esecuzione delle attività.
La Difesa, inoltre, su richiesta delle Prefetture, può fornire concorso per attività di ricerca con reparti specializzati.
In caso di rinvenimento di ordigni bellici, invece, rientrano nelle competenze della Difesa le operazioni di disinnesco/brillamento, dette anche di «bonifica occasionale», che sono condotte da personale militare specializzato che opera, anche in questi casi, in forma concorsuale, sotto il coordinamento delle Prefetture competenti.
In particolare, la Difesa provvede tramite il Centro tecnico logistico interforze (Ce.T.L.I.) alla distruzione degli ordigni a caricamento chimico eventualmente rinvenuti.
Più in generale il Ce.T.L.I. opera per dare attuazione agli accordi internazionali sottoscritti dall’Italia sulla distruzione delle armi chimiche; il centro può contare fino al 2023 su un finanziamento annuale di circa 1,5 milioni di euro (legge n. 99 del 23 luglio 2009) e, in relazione alle sue potenzialità tecniche, è in grado di distruggere circa 1.500 ordigni l’anno.
Passando ora alla situazione del lago di Vico e della «Chemical City», tengo a sottolineare che la Difesa si era attivata fin dal 1994 avviando un’indagine di superficie, in linea con le norme vigenti in materia ambientale, ben in anticipo rispetto alle sollecitazioni delle amministrazioni locali.
Alla fine del 2010 l’Agenzia regionale per la Protezione dell’ambiente (ARPA) del Lazio si è aggiudicata il contratto per la redazione e l’esecuzione operativa del piano di caratterizzazione del sito dell’ex magazzino materiali per la difesa nucleare, batteriologica, chimica di Ronciglione.
Il piano approntato dall’ARPA è stato approvato il 19 ottobre 2011, in sede di conferenza dei servizi, con l’intervento di rappresentanti della regione Lazio, della provincia e della prefettura di Viterbo, dei comuni di Ronciglione e di Caprarola, nonché dell’ARPA del Lazio. A seguire sono già state avviate sia le attività della prima fase, che quelle tecnico-amministrative connesse con la seconda fase dell’intervento.
È il caso di precisare, tuttavia, che il superamento del valore soglia per l’arsenico, di poche parti per milione, riscontrato presso l’ex sito militare non può giustificare l’alta concentrazione rinvenuta nel sedime a centro lago, dove sono state rinvenute anche alte concentrazioni di nickel e cadmio che, sicuramente, non hanno alcuna relazione con le attività militari. Pertanto, la fonte di contaminazione deve essere ricercata altrove.
Per quanto concerne le aree marittime, si sottolinea che la Difesa ha sempre avuto riguardo per la salvaguardia del relativo ecosistema, anche con riferimento alla bonifica dall’eventuale presenza di ordigni.
Si tratta di un’attività che ha impegnato le Forze armate fin dal primo dopoguerra e che, tra il 1945 e il 1950, ha portato al recupero e alla neutralizzazione di 9.345 tra «fusti e bombe ad aggressivi chimici», come riportato dalla documentazione concernente l’«Attività di dragaggio e sminamento eseguita dalla Marina Militare».
Oggi la Forza armata continua a svolgere attività concorsuale per la bonifica del porto di Molfetta nell’ambito dell’«Accordo di programma per la caratterizzazione e la bonifica da ordigni bellici… del Basso Adriatico» (sottoscritto tra Ministero dell’ambiente, regione Puglia, comune di Molfetta ed altri enti interessati e in base al quale sono stati stanziati i fondi necessari), al quale fanno riferimento il «Protocollo d’intesa» del settembre 2008 e la «Convenzione di permuta» del settembre 2009 che regolano i rapporti fra le parti.
Alla data del 18 giugno 2012, l’attività in mare ha consentito di individuare 898 posizioni di ordigni di cui 540 bonificati, pari ad una percentuale dell’ordine del 60 per cento.
Per completezza di risposta si aggiunge che il competente Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, interessato al riguardo, ha trasmesso una nota dell’Istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (ISPRA) nella quale si chiarisce che la bonifica delle cosiddette «aree di affondamento» di ordigni costituisce una problematica di difficile soluzione per motivi di carattere sia tecnico che economico, in quanto:l’affondamento di residuati bellici, dopo il secondo conflitto mondiale – così come in altre parti del mondo – è spesso avvenuto, per minimizzare i costi, in fondali non ufficialmente segnalati e non in quelli prescritti;l’attività della pesca a strascico, protrattasi nei decenni, ha determinato una consistente estensione delle aree «a rischio», poiché, a seguito di eventi di raccolta accidentale, i residuati bellici sono stati successivamente riaffondati in aree prima sgombre;i residuati bellici a caricamento chimico si trovano in uno stato di conservazione pessimo, a seguito della prolungata azione della corrosione marina; ciò determina ulteriori difficoltà di rimozione ed elevati rischi per gli operatori, oltre a richiedere l’impiego di mezzi tecnologicamente avanzati, con conseguente aumento dei costi.
L’ISPRA conclude specificando che, fra le iniziative volte a minimizzare il rischio per gli ambienti marini e per chi opera in mare, potrebbe essere presa in considerazione la costituzione di un gruppo di esperti ad hoc, con il compito di stabilire priorità e modalità di intervento (prospezione, indagini ambientali e bonifica necessarie) per affrontare la complessa problematica.
In conclusione, nel ribadire che la ricerca e la neutralizzazione su terra e in mare di ordigni esplosivi rientrano nelle attività di tipo concorsuale – cioè quelle che esulano dai compiti prioritari delle Forze armate e sono condotte su richiesta delle autorità competenti (sui quali ricadono gli oneri di spesa) – si conferma la disponibilità della Difesa a valutare con la massima attenzione le richieste di intervento.Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

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