Laboratori di confezione di capi di abbigliamento, ristoranti di cucina tipica, centri massaggi e shop che propongono variegate tipologie di merci. Così la criminalità organizzata cinese lava il denaro sporco. Qualcosa che ci riguarda direttamente. Occhio a tanti negozi a basso costo che frequentiamo abitualmente, ai locali che aprono come funghi da un quartiere all’altro, agli «allyoucaneat» che troviamo così convenienti: dietro a prezzi così convenienti qualche «segreto» potrebbe nascondersi.
Partiamo da un dato statistico. Secondo una rilevazione del 2019, sono 2.406 i cittadini cinesi residenti in provincia di Bari, le comunità più numerose si trovano a Bari (782 residenti), Casamassima (327) e Modugno (300).
In queste ultime due città, com’è noto, si sono sviluppati gli store cinesi più grandi. Non generalizziamo, certo: tra le attività commerciali cinesi del Barese, la gran parte ha le carte in regola. Ci sono tuttavia insegne «sospette», esercizi commerciali che – come annotano gli analisti della Dia – «rappresentano, nella maggior parte dei casi, luoghi privi dei minimi requisiti di sicurezza e delle condizioni igienico/sanitarie, ove il personale viene impiegato con modalità che rasentano la riduzione in schiavitù».
La presenza cinese a Bari è diventata molto più discreta rispetto agli anni Novanta quando le Triadi impazzavano fino al punto di svolta, quella «guerra delle forchette» che portò a svelarne protagonisti e traffici. Da allora molte cose sono cambiate, la criminalità cinese (come molte mafie) ha abbracciato la strategia dell’inabissamento che consente di dedicarsi ai soliti traffici pur nascosti in attività all’apparenza «sane». Allo stesso modo è diventato più difficile tracciare le scie di denaro sporco. Il sospetto è che i flussi monetari abbiano preso a scorrere nei canali informali, secondo la Dia attraverso il circuito dei bitcoin, chat, app telefoniche e carte prepagate, in modo da aggirarne la tracciabilità. Quindi, oltre ai ristoranti etnici e ai negozietti a basso costo, occhio anche ai numerosi localini dedicati sia alla vendita di telefonini sia al trasferimento internazionale di soldi. Una capacità imprenditoriale e finanziaria ha consentito alla criminalità cinese di crescere e affermarsi. La criminalità cinese, secondo gli esperti dell’Antimafia, «ha adottato modelli delinquenziali analoghi a quelli delle mafie autoctone, gerarchicamente strutturati, caratterizzati da una fitta rete di rapporti ramificati sul territorio, a loro volta basati su relazioni che poggiano essenzialmente su un legame familiare-solidaristico. Nei sodalizi vengono, poi, costantemente reclutate giovani leve. Allo stesso tempo, nelle organizzazioni rimane vigente la Guanxi, ovvero una rete assistenzialistica che assicura benefici e servizi, vincolando ancor più ad obblighi di omertà già sussistenti nella comunità cinese per ragioni di natura culturale».
Ma quali sono gli affari? Da dove ha origine tutto questo denaro riciclato nei ristoranti e nei negozietti? Si lucra innanzitutto dal favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e dal conseguente sfruttamento del lavoro e della prostituzione, poi dalle rapine e dalle estorsioni in danno di connazionali, dalla contraffazione di marchi e dalla vendita di merci contraffatte. Lo sfruttamento della prostituzione ha subito un’evoluzione: negli anni scorsi i clienti erano solo cinesi, oggi le organizzazioni hanno scoperto l’enorme potenziale della clientela barese.