
di Nicola Tursi – www.barisera.net
Fino a qualche anno fa, era considerato tra i più potenti boss della malavita bitontina. Nella “geografia criminale” a disposizione degli investigatori, il 45enne Giuseppe Valentini sarebbe stato in affari con l’altro boss di Bitonto, Cosimo Damiano Semiraro, ammazzato in un conflitto a fuoco con i reparti speciali della polizia il 20 novembre 2004 sulla provinciale Bitonto-Santo Spirito, a capo del clan vincente della cittadina barese, avversario acerrimo dei Conte-Cassano.
Da qualche anno, però, Valentini aveva deciso di traslocare nella vicina Giovinazzo, forse anche per essere meno al centro dell’attenzione di carabinieri e polizia. Dalla primavera del 2010, sembrava che avesse messo come si dice in gergo “la testa a posto” trasferendosi a Molfetta per lavorare come operaio in una azienda all’ingrosso di ortofrutta, nella zona industriale. Peccato, però, che a caricare e scaricare le cassette di frutta e verdura ci andasse mediamente un quarto d’ora al giorno. Il resto del tempo lo trascorreva alla cura del suo corpo andando tre-quattro volte alla settimana in una palestra di Bisceglie, o vagando in auto con la convivente o incontrando pregiudicati bitontini. Insomma, secondo i carabinieri della Compagnia di Molfetta, Giuseppe Valentini non era affatto cambiato.
Il 45enne bitontino, oltre che sorvegliato speciale, non poteva nemmeno allontanarsi da Molfetta perchè sottoposto all’obbligo di soggiorno.
Prescrizioni che avrebbe violato più volte con la complicità della convivente e dell’imprenditore che lo aveva assunto alle sue dipendenze con un contratto di lavoro fittizio. I tre sono stati scoperti e arrestati in esecuzione di altrettante ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip del Tribunale di Trani, su richiesta della Procura, eseguite stamattina a Molfetta dai carabinieri del nucleo Operativo e Radiomobile. Valentini è finito nel carcere di Trani, mentre la sua convivente 37enne, Silvia S., originaria di Modugno, e il 49enne Francesco V., imprenditore barese, hanno ottenuto i domiciliari.
Le indagini hanno accertato che col contratto da operaio Valentini usufruiva di maggiori benefici avendo dimostrato di avere a Molfetta “una stabile e onesta attività lavorativa». Una “occupazione”, però, a cui dedicava non più di un quarto d’ora al giorno. Il resto del tempo lo trascorreva in auto, anche guidandola personalmente, nonostante la patente gli fosse stata revocata, e chiacchierando col cellulare che gli forniva la convivente (ai sorvegliati speciali è vietato avere un telefonino).
L’ex presunto boss bitontino, inoltre, per gli investigatori era solito incontrare altri pregiudicati della sua città nei pressi della casa, ennesima prescrizione a cui sono sottoposti i sorvegliati.
Il datore di lavoro è accusato di aver attestato falsamente, in atti destinati all’autorità giudiziaria, di avere assunto Giuseppe Valentini che si presentava sul “posto di lavoro” solo occasionalmente. La “personalità” criminale del 45enne bitontino, però, era troppo ingombrante perchè le sue furbate passassero inosservate ai carabinieri della
Compagnia di Molfetta.
Leggi: