Sono trascorsi ormai 28 anni dalla morte di Anna Maria Bufi, avvenuta nella notte tra il 3 e il 4 febbraio del 1992. Colpita più volte da un corpo contundente, poi sparito nel nulla, uccisa e poi abbandonata come un cane sulla statale 16 bis all’altezza di Molfetta.
Il principale indiziato è morto durante il processo d’appello bis e con la sua morte questo caso rimane un giallo senza colpevoli.
Nell’inchiesta di “Indago” andata in onda su Telenorba il 10 gennaio 2016 e il 31 gennaio 2016 parlavano gli avvocati impegnati in questa storia senza fine.
Prima Parte
Seconda Parte
Due anni fa, in un post del 3 febbraio 2018 su Facebook, appare un commento che parla di un possibile “carnefice che è vivo e vegeto e si gode la vecchiaia come si è goduto questi anni tra una partita di tennis e l’altra“. Un commento in chiara contraddizione con la verità processuale. Se il presunto assassino è morto, chi è questo “carnefice” che è ancora vivo e si gode la sua vecchiaia giocando a tennis? E’ mai entrato nel processo? Si è mai indagato su di lui? Chi ha scritto questo commento è stato mai ascoltato dai giudici di Trani?
Sono tutte domande legittime anche alla luce dello scandalo che ha travolto nelle ultime settimane la Procura di Trani. E i dubbi diventano ancora più assillanti se si pensa che uno spezzone di processo sulla morte di Annamaria Bufi è stato seguito dal Gip Michele Nardi, assieme al collega Antonio Savasta, sotto processo entrambi per altri fatti commessi quando erano in servizio a Trani.
Dopo il nostro post del 3 febbraio 2019 è apparso, sulla rivista settimanale “GIALLO“, un articolo che riprende e rilancia il contenuto di un commento apparso su Facebook che potrebbe riaprire il caso dell’omicidio di Anna Maria Bufi. A questo punto sarà la famiglia Bufi a chiedere la riapertura del fascicolo o sarà la Procura di Trani a riaprire il caso ascoltando l’autore del commento? Oppure sarà l’autore del post su FB a presentarsi spontaneamente presso il Tribunale di Trani e dichiarare i fatti di cui è a conoscenza?