Dalla “zanzara” a “bordino”, i pusher della Bari bene

fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

I loro nomi sono in codice ma nel giro dei consumatori di droga della “Bari bene” li conoscono tutti: c’e “Zanzara” e “Lello”, “Polio” e “Stress”, “Barone” e “Buco”. Ma anche “Leo”, “Brodino” e poi quelli con i soprannomi più strani come “Ciii Ciii”, “Gnuffo”, “Scimm” e “Patton”. Finora la Squadra mobile ne ha identificati sedici e sa che sono loro la longa manus del gruppo di trafficanti di stupefacenti sgominato l’8 febbraio e capeggiato dal trentaseienne Antonio Busco, arrestato insieme ad altre sette persone. La prima fase dell’indagine — coordinata dai pm Ettore Cardinali, Fabio Buquicchio e Federico Perrone Capano — si è concentrata sulle menti di un traffico lucroso, che rifornisce le piazze più importanti della movida del capoluogo pugliese, ma la seconda a colpire chi la droga la vende agli acquirenti.

Un affare da almeno 60.000 euro al mese, ha ricostruito la polizia, ereditato da Francesco Barbieri, assassinato a Japigia il 18 gennaio 2017. Dal suo telefono gli investigatori — guidati dal dirigente Giacinto Profazio e dal vice Antonio Tafaro — hanno ricostruito 1.300 contatti in due settimane e l’esistenza di una “phone list” composta da circa 400 numeri. E, soprattutto, dalla sua morte sono partiti per capire chi ne avesse preso il posto. L’omicidio Barbieri, del resto, è un altro capitolo importante dell’attività di indagine tuttora in corso. Perché nei mesi scorsi diversi collaboratori di giustizia hanno fatto rivelazioni importanti, che probabilmente consentiranno di stringere il cerchio sui killer. Giuseppe Simeone detto “Russ“, per esempio, ha raccontato di avere saputo “che l’omicidio è avvenuto per questioni di tangenti non corrisposte a Antonio Busco e Davide Monti”, perché «Barbieri versava 4.000 euro a Vito Valentino a titolo di tangente” e poi gli uomini di Busco chiesero di pagare anche loro.

Secondo il pentito, “Monti sarebbe l’esecutore materiale del delitto“. A confermare tale ipotesi, anche le parole di Luigi Caldarulo: “Tonio Busco aveva imposto a Barbieri di prendere la cocaina da lui”. E un’altra conferma, ove mai ce ne fosse bisogno: “Busco é un uomo di Savinuccio Parisi, risponde direttamente a lui“. Ovvero ha in mano l’approvvigionamento della droga — che sia marijuana, hashi-sh o cocaina — a un esercito di spacciatori che presidiano le piazze della movida. Non é un caso che durante le perquisizione a casa Busco sia stato trovato il “libro mastro” dei pusher ovvero un quaderno a quadretti con i nomi dei clienti, con tanto di quantità e cifre pagate, ma anche dei fornitori. Quei fogli, scritti con grafia ordinata e fitta, sono ora all’esame degli uomini della Squadra insieme ai preziosissimi numeri di telefono. E grazie a questi particolari che la polizia sta ricostruendo la rete degli spacciatori al dettaglio nonostante le accortezze messe in atto dai gestori dell’attività illegale per evitare proprio tale eventualità.

Il gruppo di Busco (di cui erano luogotenenti Michele Citarelli e Roberto Mezzina Troiani), infatti, aveva inventato un sistema ingegnoso per evitare di mettere i clienti direttamente in contatto con i venditori. La phone list di base — sottratta al telefono di Barbieri dopo il suo omicidio —era formata da circa 400 contatti, tra i quali molti professionisti, che ordinavano la “consumazione” per telefono. Qualunque fosse lo spacciatore di riferimento, le telefonate dei clienti venivano inoltrate, tramite la deviazione di chiamata, a un unico cellulare “di servizio” che i pusher si passavano di mano, alla fine di ogni turno da otto ore, in modo da garantire reperibilità ventiquattro ore al giorno. Ai venditori veniva garantito dal sodalizio uno stipendio settimanale, grazie al quale “Brodino”, “Zanzara” e tutti gli altri potevano fingere di avere un lavoro regolare e di sicuro ben retribuito.

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